“I mafiosi si sentono relativamente al sicuro in Svizzera”
Le organizzazioni criminali italiane sono ben integrate nella Confederazione, afferma in un'intervista al Tages-Anzeiger Nicoletta della Valle, direttrice dell'Ufficio federale di polizia (fedpol). La Svizzera non è solo considerata un rifugio sicuro, ma sta diventando anche uno spazio dove operare.
“La mafia è presente in molti luoghi della Svizzera, ma è solo la punta dell’iceberg, non vediamo tutto”, sottolinea la responsabile di fedpol nell’intervistaCollegamento esterno con il giornale svizzero tedesco.
La presenza delle organizzazioni criminali italiane risale agli anni Sessanta del secolo scorso, con l’arrivo in massa di manodopera italiana. Ma è soprattutto negli ultimi 20 anni che si è assistito a uno sviluppo importante del fenomeno mafioso nella Confederazione, come si può vedere da queste cartine pubblicate da fedpol.
Rispetto ad alcuni anni fa, le mafie italiane non vedono più la Svizzera solo come un rifugio, ma anche come un luogo nel quale operare. “La mafia è convinta che le nostre leggi siano poco severe. I mafiosi si sentono relativamente al sicuro nella Confederazione. Dobbiamo cambiare questa idea. Dobbiamo disturbarli”, dichiara Nicoletta della Valle.
Oltre a sensibilizzare la popolazione sulla presenza del fenomeno mafioso – l’opinione pubblica non è ancora abbastanza consapevole, poiché “la mafia non entra in casa tua e non scassina la tua auto” – le autorità elvetiche devono concentrarsi non solo sull’azione penale ma anche su tutta una serie di misure che possono ostacolare l’attecchimento di queste organizzazioni criminali.
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Ad esempio, sulle espulsioni e sui divieti di ingresso o sul rilascio dei permessi di soggiorno. Oppure su strumenti amministrativi, come i controlli sull’IVA o dei cantieri.
Per Nicoletta della Valle, oltre a reati come il traffico di droga, di armi e di esseri umani, vi è un concreto rischio di infiltrazioni mafiose nell’economia legale. “La mafia sottrae commesse all’economia. Mina la fiducia, mina lo Stato di diritto”, sottolinea.
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Non solo organizzazioni italiane
A destare preoccupazione non è però solo la criminalità organizzata italiana. Recentemente a Zurigo è stato arrestato un barone della droga belga, che da due anni viveva indisturbato nella città sulla Limmat. L’uomo è sospettato, tra le altre cose, di aver ordinato il rapimento del ministro della giustizia belga.
Tutti questi gruppi criminali – italiani e non – collaborano tra di loro e si suddividono il lavoro, osserva la direttrice di fedpol. Contrariamente a quanto si vede nei film, le guerre di mafia scoppiano solo in casi eccezionali.
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Risorse troppo esigue
Gli arresti di persone sospettate di appartenere a organizzazioni criminali sono però relativamente rari in Svizzera.
Le indagini sono lunghe e laboriose e richiedono importanti risorse.
Risorse che secondo la direttrice di fedpol mancano: “Finora ho sempre detto che lavoro con le risorse che la politica mi mette a disposizione. Ora dico anche questo: le risorse non sono sufficienti, non ho abbastanza personale per combattere la criminalità organizzata e il terrorismo”.
“Oggi ci mancano circa 200 investigatori”, prosegue Nicoletta della Valle. “Gli straordinari e le ferie si accumulano e abbiamo già dovuto ridurre il sostegno ai Cantoni. Lo faccio presente anche al mondo politico. Non posso permettermi che i miei collaboratori si esauriscano”.
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