I migranti vengono salvati (anche) da piloti svizzeri
Per i soccorsi dei e delle migranti in mare si ricorre alle navi, ma perché esse possano operare c'è bisogno di monitorare le acque e per queste operazioni si fa appello ad aerei ai cui comandi ci sono (anche) piloti svizzeri.
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tvsvizzera.it/mrj con RSI
Il tema dei soccorsi in mare è da tempo al centro di forti polemiche, soprattutto quando sono coinvolti mezzi di organizzazioni non governative (ONG). L’attività delle navi gestite dalle ONG è molto nota, mentre è meno conosciuta l’attività di due piccoli aerei, gestiti da Sea-Watch in collaborazione con i Piloti umanitari svizzeri. Un’attività di monitoraggio nel Mediterraneo che i Governi italiani hanno tentato più volte di bloccare. I voli, però, continuano.
Un puntino nel mare, che subito si trasforma in allarme. In donne, uomini e bambini in balia delle onde. Settanta persone a bordo di un gommone alla deriva, nessuno sa da quanti giorni sono in mare. Questo accade quasi ogni giorno tra il cielo e l’acqua del Mediterraneo.
Dal 2017 l’ONG Sea-Watch ricorre, per il monitoraggio del mare, a due aerei, in collaborazione con l’iniziativa piloti umanitari svizzeri, che partono dall’aeroporto di Lampedusa.
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Una volta avvistata l’imbarcazione carica di migranti, le persone nel velivolo (di solito sono quattro) cercano di capire, a distanza, le condizioni di chi è a bordo. Spesso sono molto poche quelle che hanno la fortuna di indossare un giubbotto di salvataggio. In seguito viene lanciato l’allarme e tocca alle navi intervenire.
Questo è l’unico compito di questi aerei, che non possono fare altro che osservare dall’alto e sperare che qualcuno intervenga. Fino ad allora continuano a sorvolare il gommone per monitorare la situazione, sperando che rimanga stabile. A dipendenza di chi arriva prima, se la guardia costiera libica oppure le navi italiane, i e le migranti vengono riportati a Tripoli o a Lampedusa.
Fabio Zgraggen, cofondatore dell’Iniziativa svizzera piloti umanitari ha dichiarato ai microfoni del Telegiornale della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI che a volte sente “il bisogno di portare i politici sull’aereo con me e guardare tutto quello che avviene in mare. Sono sicuro che una volta tornati a terra, difficilmente prenderebbero le stesse decisioni in tema di migrazione, e che non si limiterebbero a parlare di migranti solo in termini di cifre e numero di arrivi. Credo che questo sia anche uno dei nostri compiti: essere qui sul campo e mostrare ai cittadini le conseguenze della scelte politiche”.
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