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I segreti taciuti della più grande raffineria d’oro della Svizzera

Lingotti d oro.
Immagine d'archivio di lingotti d'oro non per forza raffinati dalla Valcambi. Keystone / Martin Ruetschi

Documenti riservati ottenuti dalla Radiotelevisione svizzera di lingua francese, RTS, sollevano il velo sulle operazioni commerciali del gigante dei metalli preziosi Valcambi. Contrariamente ai suoi impegni pubblici, l'azienda ticinese ha continuato a importare oro dalla società Kaloti, con sede a Dubai, anche dopo il 2019. Questa società è al centro del riciclaggio di denaro e del commercio di oro proveniente da zone di conflitto.

Il 3 dicembre 2020, l’Ufficio centrale di controllo dei metalli preziosi ha effettuato un’ispezione presso la fabbrica Valcambi in Ticino. I funzionari hanno scoperto oro di origine sospetta. L’oro proveniva direttamente da una raffineria di Dubai chiamata MTM (MTM-O Gold Refinery) appartenente al gruppo Kaloti.

Il nome può risultare sconosciuto al grande pubblico, ma nel mondo dei metalli preziosi Kaloti e la sua fabbrica MTM sono sinonimo di oro sporco. L’azienda è al centro del riciclaggio di denaro sporco e della commercializzazione di oro proveniente da zone di conflitto in Sudan.

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Documento confidenziale

In una lettera confidenziale delle autorità svizzere, ottenuta da RTS e dal domenicale NZZ am Sonntag, i funzionari mettono in guardia il management di Valcambi sulle sue pratiche ad alto rischio: “Le nostre indagini si sono concentrate (…) sui lingotti d’oro acquistati da Trust One Financial Services. Questi lingotti d’oro sono stati consegnati direttamente dalla raffineria MTM con sede a Dubai. Sui media, questa società è stata collegata al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo”.

I funzionari restano stupiti dal comportamento dell’azienda svizzera: “Valcambi ha deciso di continuare il suo rapporto commerciale con MTM, nonostante i rischi molto significativi legati alla provenienza dell’oro”.

Impianto non controllato

Nel documento riservato si legge anche che Valcambi non ha effettuato alcuna ispezione o controllo presso lo stabilimento di Dubai. La società svizzera si è limitata alle informazioni fornite da un intermediario finanziario chiamato Trust One.

Nonostante questa constatazione, l’Ufficio centrale di controllo dei metalli preziosi non ha sanzionato Valcambi. La legge svizzera non lo prevede, nemmeno in caso di violazione del dovere di diligenza.

Secondo il Dipartimento federale delle finanze, che sovrintende all’Ufficio centrale per il controllo dei metalli preziosi, “il fatto che esista o sia esistita una relazione d’affari potenzialmente sensibile non costituisce la prova di un reato penale”.

Superare la “linea rossa”

Per Olivier R. Müller, esperto di orologeria ed ex dirigente di una raffineria d’oro, il documento non lascia spazio a dubbi: “Valcambi ha oltrepassato una linea rossa che altre raffinerie svizzere non oserebbero mai oltrepassare. L’intera catena di approvvigionamento è opaca con Kaloti. È un rischio enorme in termini di immagine e rischia di danneggiare anche la reputazione di altri attori del mercato svizzero”.

La posta in gioco è alta. La Svizzera è un centro nevralgico del commercio mondiale dell’oro. Secondo alcune stime, il 60-70% dell’oro mondiale passa dalla Confederazione. Questo successo può essere attribuito alla competenza delle raffinerie svizzere, all’assenza di IVA sull’oro e a un quadro giuridico sommario.

Oro fuso
La creazione di un lingotto da un chilogrammo di oro. Keystone / Karl Mathis

Accuse di riciclaggio di denaro

Questi documenti riservati confermano i timori delle organizzazioni non governative. Marc Ummel di Swissaid è una figura chiave in questo campo. La sua competenza lo rende un uomo al tempo stesso temuto e criticato dall’industria dei metalli preziosi.

“Il documento in questione conferma – afferma Ummel – ciò che denunciamo da diversi anni. Approvvigionandosi da aziende molto vicine a Kaloti, Valcambi corre rischi enormi e non rispetta i requisiti di due diligence dell’OCSE. Kaloti ha importato oro dalla banca centrale del Sudan, parte del quale, secondo gli esperti delle Nazioni Unite, proviene da zone di conflitto. Kaloti è stata anche invischiata in casi di riciclaggio di denaro”.

In un rapporto del 2020, Swissaid aveva già spiegato che l’oro proveniente da Dubai era stato acquistato da Valcambi. Marc Ummel afferma alla RTS: “Ci si potrebbe chiedere quali siano le ragioni per importare da Dubai oro già raffinato al 99,5% di purezza e poi fonderlo nuovamente in una raffineria svizzera. Uno dei motivi principali è che l’oro di Dubai non è certificato LBMA. Si tratta di uno standard industriale internazionale, essenziale per vendere l’oro alle principali banche o alle aziende produttrici di orologi. Passando attraverso una raffineria svizzera, l’oro di Dubai ottiene improvvisamente la certificazione LBMA e aumenta di valore”.

Origine certificata dell’oro

Il certificato LBMA garantisce sia la purezza dei lingotti che la provenienza responsabile dell’oro. L’oro non dovrebbe provenire da zone di guerra o da reti criminali. Il marchio LBMA consente di vendere l’oro ovunque e di accedere agli acquirenti più esigenti, comprese le banche centrali.

Contattato da RTS, il certificatore della LBMA ha risposto per lettera che il rapporto commerciale tra Valcambi e Kaloti non presenta problemi: “Monitoriamo attentamente le aziende con la nostra certificazione che hanno rapporti commerciali in aree identificate come a rischio. Attualmente, non c’è alcun problema ad acquistare oro dagli Emirati Arabi Uniti, purché provenga da una fonte responsabile”.

Per la LBMA, ufficialmente tutto è in ordine. Il certificatore chiede però a RTS, in via ufficiosa, di tenerlo informato sulle rivelazioni e sui risultati dell’indagine.

La denuncia di Valcambi contro Swissaid

Valcambi non ha voluto rispondere alle domande inviate congiuntamente da RTS e NZZ am Sonntag. Nel 2020, Valcambi ha contestato ufficialmente il rapporto di Swissaid.

L’azienda ticinese ha addirittura sporto denuncia contro Swissaid, chiedendo il ritiro del rapporto. In una lettera, Valcambi ha citato questa azione contro Swissaid per giustificare il suo rifiuto di rispondere alle richieste di intervista. “Valcambi non desidera commentare a causa del procedimento legale in corso”.

Nell’ottobre 2020, l’amministratore delegato di Valcambi ha dichiarato al quotidiano Le Temps, in risposta alle critiche di Swissaid quanto segue: “Rispettiamo tutte le regole che ci vengono imposte, e andiamo anche oltre chiedendo ai venditori di firmare una dichiarazione di conformità. Effettuiamo tutti i controlli necessari per evitare che l’oro di dubbia provenienza entri nella catena del valore di Valcambi, e cerchiamo di migliorare costantemente”.

La questione delle importazioni di oro da Dubai

Sul quotidiano Berner Zeitung dell’ottobre 2020, il capo di Valcambi Michael Mesaric ha ulteriormente chiarito: “Da un anno (2019) non abbiamo più rapporti commerciali con Kaloti”.

Si tratta di un’affermazione sorprendente, perché i documenti riservati ottenuti da RTS mostrano che Kaloti continuava a consegnare oro a Valcambi in quel periodo e anche fino a dicembre 2020. RTS non dispone di informazioni che dimostrino che questo rapporto commerciale continua tuttora.

Le statistiche federali evidenziano che le importazioni complessive di oro da Dubai alla Svizzera non sono diminuite negli ultimi anni. Secondo i dati federali, ogni anno arrivano in Svizzera tra le 120 e le 150 tonnellate di oro, per un valore di diversi miliardi di franchi. Resta da vedere quale sarà l’impatto di queste rivelazioni sulla clientela di Valcambi, tra cui Apple, Nokia e i principali gruppi svizzeri di orologi e gioielli.

Il servizio di “Mise au point” della RTS in francese:

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