Il “9 febbraio” in prospettiva Brexit
Da due anni, la Svizzera cerca un accordo con l'Ue sull'iniziativa 'contro l'immigrazione di massa'; le richieste del Regno Unito cambiano il quadro?
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Il “9 febbraio” in prospettiva Brexit
Due anni fa gli svizzeri, chiamati alle urne su iniziativa dell’Unione democratica di centro (UDC), decidevano di limitare l’immigrazione. Ma il Consiglio federale non è ancora riuscito a far combaciare la volontà popolare con l’Accordo sulla libera circolazione delle persone, siglato con l’Unione europea.
Unione Europea che, oggi, deve fare i conti anche con le rivendicazioni della Gran Bretagna. Abbiamo chiesto a un esperto in relazioni bilaterali se questo possa aiutare Berna.
9 febbraio 2014. Sembra ieri e invece sono passati due anni. Popolo e cantoni hanno deciso di limitare l’immigrazione degli stranieri. L’articolo costituzionale ha stabilito il principio. La legge, entro il 9 febbraio 2017, deve definire i dettagli.
Un compito difficile per il Consiglio federale, visto che per l’Unione europea la libera circolazione non si tocca. Le cose però stanno cambiando: tra crisi migratoria, Schengen in bilico e soprattutto il rischio Brexit, Bruxelles sta preparando delle concessioni da fare a Londra proprio per limitare gli effetti negativi della libera circolazione.
“Non penso che per la Svizzera cambierà qualcosa”, dice il prof. Dieter Freiburghaus, esperto in questioni europee, “La Gran Bretagna è uno Stato membro molto importante e l’Unione europea non può permettersi una Brexit. Per questo fa delle concessioni. Tuttavia, anche Cameron all’inizio voleva delle restrizioni quantitative sull’immigrazione, proprio come la Svizzera, ma l’Ue ha sempre ribadito che non se ne parla. Adesso in ballo ci sono questioni legate ai contributi sociali, delle piccolezze. Dunque, non si concederà mai alla Svizzera ciò che non è stato concesso al Regno unito”.
Dopo il 9 febbraio 2014, ricapitolando: la Svizzera ha bloccato l’estensione delle libera circolazione alla Croazia; l’Unione europea ha escluso la Confederazione dai programmi Horizon 2020 ed Erasmus; Simonetta Sommaruga ha cercato di ammorbidire Jean Claude Juncker. Stati importanti, come la Germania, hanno mostrato un’empatia quantomeno apparente.
Poi, a dicembre 2015, il Consiglio federale ha detto che la soluzione -con o senza il nulla osta dell’Ue- sarà una clausola di salvaguardia, un tetto massimo all’immigrazione stabilito anno per anno. I dettagli sono attesi a marzo.
“Non sappiamo ancora esattamente come il Consiglio federale formulerà la clausola di salvaguardia”, prosegue Freiburghaus, “e come vorrà metterla in pratica. Per me è già chiaro adesso: la legge sarà affossata dal Parlamento, oppure ci sarà un referendum è sarà affossata dal popolo”.
A quel punto, il tempo stringerà davvero.
“Entro febbraio 2017 il Consiglio federale dovrà attuare l’Iniziativa per mezzo di un’ordinanza”, spiega il professore, ma allo stesso tempo dovrà anche disdire l’Accordo sulla libera circolazione delle persone, perché un esecutivo serio non può fare una legge che lede un accordo internazionale”.
Insomma, i bilaterali rischiano di saltare e chi li ritiene fondamentali, per salvarli, ha deciso di riportare il popolo alle urne per cancellare l’articolo 121a della Costituzione che limita l’immigrazione.
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