Il cacao 2.0 cresce in Svizzera
Nel laboratorio di una start-up svizzera prende forma una nuova generazione di alimenti. La Food Brewer punta a rivoluzionare la produzione di cacao e caffè, immaginando un futuro in cui cibo, sostenibilità e tradizione convivono. Ma quali sono le sfide etiche, culturali e ambientali dei novel foods?
Com’è il cioccolato 2.0? Buono. Sorprendentemente buono. Tra i denti fa inizialmente resistenza, quella giusta, prima di frantumarsi in tanti pezzi. Sulla lingua sprigiona poi i classici piacevoli effluvi, in un’armonia equilibrata tra dolcezza e amarezza. Infine, quando si è parzialmente sciolto, lascia in bocca una sinfonia di sapori che evocano luoghi lontani. Un’esperienza sensoriale che ci porta con la mente nell’atelier di un maître chocolatier. E invece siamo in un ambiente asettico, sterile e incolore, nella produzione pilota della start-up Food BrewerCollegamento esterno. Sui piani di lavoro, i tradizionali strumenti della ricerca scientifica: pipette, provette, pinze, spatole, termometri e bilance. Intorno, soldati in camice sul fronte della biologia e dell’ingegneria cellulare.
“Preleviamo cellule da una fava di cacao”, spiega Noemi Weiss, biotecnologa e responsabile di progetto. “Collocate su un gel nutriente, iniziano a rigenerarsi formando un callo, una sorta di tessuto di riparazione. Dopo due settimane, grazie all’analisi microscopica e all’aiuto dell’intelligenza artificiale, scegliamo le cellule giuste. Queste vengono poi messe in un bioreattore con una soluzione nutritiva ricca di zuccheri, vitamine, minerali e altre sostanze”. Il processo dura alcune settimane, durante le quali la biomassa cresce fino a essere pronta per il primo raccolto. “Il passaggio successivo consiste nell’essicazione, che ci consente di ottenere la polvere di cacao”, continua Weiss. “Una volta tostata, la polvere è pronta per essere trasformata in cioccolato”. (grafico HorizionteCollegamento esterno)
Descritto così, il processo potrebbe sembrare un gioco da ragazzi, ma dietro ci sono due anni di lavoro delle ricercatrici e dei ricercatori della Food Brewer, con sede a Horgen, sulle rive del lago di Zurigo. Fondata nel 2021, l’azienda punta a rivoluzionare la produzione di cacao e caffè. “Sono stato subito affascinato dall’idea delle colture cellulari”, afferma Christian Schaub, CEO della start-up. “Questa produzione ha il potenziale di rivoluzionare la coltivazione di cacao e caffè, rendendola più sostenibile dal punto di vista ambientale e più equa per le persone”.
Cioccolato “coltivato” in vendita entro il 2026
Le pratiche agricole industriali hanno portato al degrado del suolo, alla contaminazione delle acque e alla distruzione degli ecosistemi. Inoltre, il cambiamento climatico, con temperature in aumento ed eventi meteorologici estremi sempre più ricorrenti, si ripercuote negativamente sulla produzione alimentare. Questa preoccupante evoluzione ha portato, negli ultimi anni, a una significativa diminuzione dei raccolti delle fave di cacao nell’Africa occidentale, la principale regione produttrice al mondo. Di conseguenza, i prezzi del cioccolato sono aumentati vertiginosamente nel 2024.
Una situazione che ha giocato a favore della Food Brewer. “Molti produttori ci hanno contattato di recente”, dice Schaub. “Sono interessati a questa tecnologia che ha il pregio di non dipendere dalle condizioni climatiche né dalla presenza di parassiti, elementi che possono compromettere qualità e quantità dei raccolti”. La Food Brewer ha iniziato la sperimentazione nel 2022 con una manciata di collaboratrici e collaboratori. Dopo soli due anni, la start-up impiega una ventina di persone provenienti da tutto il mondo. Nel febbraio 2024, inoltre, ha ottenuto oltre 5 milioni di franchi svizzeri in un primo giro di raccolta fondi. Tra i partner figura Max Felchlin AG, uno dei principali produttori di cioccolato svizzero, che, secondo Food Brewer, vede in questa tecnologia un’opportunità per diversificare e garantire stabilità nelle forniture.
“Entro il 2026, insieme ai nostri partner, vogliamo portare il cioccolato di produzione cellulare sul mercato”, afferma il cofondatore di Food Brewer. “Nella prima metà dell’anno prossimo presenteremo il nostro dossier alla Food and Drug Administration degli Stati Uniti. L’approvazione dovrebbe giungere nel 2026”. Al momento, nel capannone della Food Brewer a Horgen riecheggiano solo le nostre voci, ma in un futuro prossimo verranno installati decine di serbatoi in acciaio inox, simili a quelli impiegati per la produzione della birra. L’obiettivo, entro il 2035, è produrre decine di migliaia di tonnellate di cacao all’anno. “Il cacao prodotto in loco, a chilometro zero, potrebbe soddisfare il 20% della domanda di un grande produttore di cioccolato come la Ferrero”, spiega Schaub. “Il nostro cacao in polvere non sarà più un prodotto di nicchia, ma un componente chiave per l’industria alimentare”.
I numerosi ostacoli sulla strada dei novel foods
La produzione di cacao è sotto pressione. Le coltivazioni tradizionali, concentrate in Paesi come Ghana, Costa d’Avorio ed Ecuador, sono messe a dura prova dall’uso intensivo del suolo, contaminato da pesticidi e metalli pesanti, dalla perdita di biodiversità e dai cambiamenti climatici. “Entro il 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 10 miliardi”, afferma Tilo HühnCollegamento esterno, professore presso la Scuola universitaria di scienze applicate ZHAWCollegamento esterno e inventore, insieme a Regine Eibl e Dieter Eibl, del cioccolato da laboratorio. “Continuare a produrre cibo come facciamo oggi non sarà sostenibile. La produzione cellulare offre una strada alternativa”. L’esperto evidenzia anche i benefici ambientali di questa tecnologia: “Restituire le terre alla natura, rigenerare gli ecosistemi, e creare spazi per la biodiversità è una delle opportunità più interessanti”.
Tilo Hühn, figlio di contadini e cresciuto nel verde della natura, parla con entusiasmo della “rivoluzione d’argento”, riferendosi ai tank in acciaio inox impiegati nei laboratori. “Le nuove tecnologie, come la metasintesi, in cui i microbi trasformano il CO₂ in proteine, potrebbero rappresentare una svolta per affrontare le sfide alimentari globali, specialmente in regioni desertiche o urbane, dove la produzione tradizionale è difficile”.
Nonostante il loro potenziale rivoluzionario, queste soluzioni innovative devono superare numerosi ostacoli prima di diventare una realtà su scala globale. Una delle sfide principali è il processo d’approvazione dei cosiddetti novel foods, che richiede tempi lunghi sia negli Stati Uniti che in Europa. “C’è anche il rischio che la produzione alimentare finisca nelle mani di poche grandi aziende, aggravando le disuguaglianze globali e creando nuove forme di insicurezza alimentare, soprattutto nelle regioni meno sviluppate”, evidenzia Hühn.
Il gusto è la chiave del successo
Convincere le consumatrici e i consumatori ad acquistare cibo “coltivato” in laboratorio è un’ulteriore sfida, forse la più importante. “Secondo un sondaggio condotto dal GDI, il grado di accettazione di molti alimenti innovativi in Svizzera è molto basso”, spiega Christine Schäfer, ricercatrice presso il Gottlieb Duttweiler InstituteCollegamento esterno (GDI). L’esperta di alimentazione e consumo evidenzia un limite intrinseco di questi sondaggi: “Chiediamo alle persone di esprimere un’opinione su prodotti che non hanno mai provato, perché non sono ancora disponibili sul mercato”.
Secondo Christine Schäfer, la chiave del successo è il gusto. “Le consumatrici e i consumatori devono percepire il prodotto come equivalente o migliore rispetto a quello convenzionale”, afferma la ricercatrice. Solo se il nuovo alimento è in grado di convincere dal punto di vista culinario, entrano in gioco anche argomenti razionali come la sostenibilità. “Il cioccolato da laboratorio può essere sia gustoso che buono per le persone e il pianeta”. Tuttavia, come evidenzia un recente studioCollegamento esterno del GDI, ciò non basta: il nuovo prodotto deve rispettare la cultura culinaria locale e trovare il giusto equilibrio tra tradizione e innovazione. Per il cioccolato, questo obiettivo non dovrebbe essere difficile da raggiungere, almeno questo è l’augurio della Food Brewer. “Immagino un mondo in cui il cioccolato 2.0 sarà sinonimo di qualità, sostenibilità e progresso, in sintonia con la migliore tradizione dei maître chocolatier svizzeri”.
I novel foods sono alimenti che non sono stati consumati prima in un determinato Paese e necessitano di un’autorizzazione ufficiale per essere classificati come sicuri per il consumo. Si suddividono in due categorie: alimenti tradizionali nuovi per la Svizzera e l’UE, ma già diffusi in altre parti del mondo (ad esempio i semi di chia). Questi seguono un processo di approvazione semplificato grazie alla loro lunga storia di consumo nei Paesi d’origine. Gli alimenti innovativi sono, invece, prodotti sviluppati con nuovi processi e tecnologie, come proteine da insetti o carne coltivata. Questi richiedono un iter di approvazione più complesso, data l’assenza di studi a lungo termine che ne garantiscono la sicurezza.
Fonte: Gutes Gewissen aus dem Labor?; studio del Gottlieb Duttweiler InstituteCollegamento esterno (GDI); Commissione europeaCollegamento esterno
Considerazioni etiche sul futuro dell’alimentazione
La creazione di alimenti in laboratorio solleva interrogativi etici sul futuro della produzione di cibo. Cosa significa per le comunità rurali, per le colture agricole e per il rapporto tra uomo e natura? Da un lato, la deterritorializzazione della produzione alimentare potrebbe comportare vantaggi, come la riduzione della pressione sugli ecosistemi, permettendo la rinaturalizzazione e favorendo la tutela della biodiversità. Dall’altro lato, potrebbe portare all’abbandono delle terre coltivate da parte degli agricoltori, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove l’agricoltura è una fonte primaria di sostentamento. Per un futuro più equo, sarà fondamentale adottare una regolamentazione che assicuri la condivisione dei benefici delle nuove tecnologie, rendendole accessibili a tutti.
Fonte: Metasynthesis in food production: a revolutionary shift in the way we feed the worldCollegamento esterno, di Tilo Hühn.
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