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Il Governo svizzero vuole abolire il divieto di costruire nuove centrali nucleari

centrale nucleare
Beznau I, nel canton Argovia, è il più vecchio reattore nucleare in funzione nel mondo. La sua costruzione risale al 1969. Keystone / Christian Beutler

Nel 2017, l’elettorato elvetico aveva approvato la Strategia energetica 2050, che prevede il divieto di costruire nuovi reattori atomici e la chiusura progressiva di quelli esistenti. Il Consiglio federale propone ora di fare dietrofront.

L’occasione per il Governo svizzero di rivedere la decisione presa dal popolo nel 2017 si è presentata con l’iniziativa denominata “Elettricità per tutti in ogni momento (stop al blackout)”. Il testo, promosso principalmente dai partiti di destra, prevede tra le altre cose che “sono ammissibili tutti i tipi di produzione di energia elettrica rispettosi del clima”. Inclusa quindi l’energia nucleare.

Mercoledì il Consiglio federale si è detto contrario a questa iniziativaCollegamento esterno, ma condivide alcuni aspetti, in particolare il fatto che “l’apertura tecnologica è un prerequisito necessario per assicurare anche a lungo termine la copertura della crescente domanda di elettricità in modo rispettoso del clima e affidabile”.

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Per queste ragioni, ha deciso che elaborerà entro la fine dell’anno un controprogetto indiretto, che contempla un dietrofront rispetto al verdetto popolare del 2017, quando il 58% degli elettori e delle elettrici aveva accettato la Strategia Energetica 2050Collegamento esterno, che prevedeva appunto un divieto di costruire nuove centrali nucleari e la dismissione progressiva dei cinque reattori allora in funzione (oggi sono quattro).

grafico con centrali nucleari
Kai Reusser / swissinfo.ch

“Un’opzione di ripiego”

“L’attuale divieto di costruire nuove centrali nucleari non è compatibile con l’obiettivo dell’apertura tecnologica e comporta inoltre rischi anche per lo smantellamento degli impianti esistenti”, prosegue la nota.

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L’abolizione del divieto di costruire nuove centrali atomiche non mette in discussione lo sviluppo delle energie rinnovabili. È “solo un’opzione di ripiego”, ha dichiarato davanti ai media il ministro dell’energia Albert Rösti. Il Consiglio federale è responsabile della definizione della strategia energetica a lungo termine della Svizzera, ha affermato, aggiungendo che è un modo per anticipare la crescita della domanda di elettricità che si verificherà in futuro e lasciare aperte tutte le opzioni possibili.

Le quattro centrali nucleari attualmente in funzione coprono circa un terzo della produzione totale di elettricità in Svizzera. Quando saranno dismesse, quella che verrà a mancare dovrà essere compensata da altri impianti di produzione. “È ancora da vedere se il potenziamento delle energie rinnovabili avverrà tanto rapidamente da permettere di sopperire con tempestività alle capacità produttive venute meno e di coprire il fabbisogno elettrico crescente”, scrive il Consiglio federale. I progetti per le centrali idroelettriche e i parchi eolici continuano infatti a incontrare opposizioni che ne ritardano la costruzione, ha spiegato Rösti.

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Contesto diverso

Negli ultimi anni il mercato elettrico e la politica climatica hanno conosciuto cambiamenti radicali. La Svizzera ora punta all’azzeramento delle emissioni entro il 2050. Questo implica la sostituzione dei combustibili fossili con energia elettrica prodotta nel rispetto del clima.

“Nel 2017, quando è stata adottata la strategia energetica 2050, non si parlava di abbandonare completamente i combustibili fossili. L’idea era di produrre l’elettricità mancante utilizzando centrali a gas. Ma con l’obiettivo zero emissioni questo è impensabile”, ha precisato il consigliere federale. Le centrali elettriche a petrolio e a gas potranno essere solo utilizzate come riserve in caso di emergenza.

lavoratore con pompa a acqua
I lavori di dismissione della centrale di Mühleberg, nel canton Berna, sono iniziati nel 2019. Keystone / Peter Klaunzer

A causa delle tensioni geopolitiche, inoltre, non è più pensabile fare affidamento sulla possibilità di importare in qualsiasi momento la quantità di energia elettrica mancante sul territorio nazionale, come fatto in passato. Bisogna tener conto inoltre che la popolazione cresce più rapidamente del previsto, quindi il fabbisogno di elettricità è maggiore.

Minacce di referendum

Le reazioni non si sono fatte attendere. Diversi partiti e associazioni hanno già minacciato di ricorrere al referendum.

L’Alleanza per l’uscita dal nucleare ha criticato la decisione del Governo: “È una contraddizione eclatante della volontà popolare”, si legge in una presa di posizione odierna. Le 31 organizzazioni che compongono l’alleanza chiedono a Esecutivo e Parlamento di rispettare la decisione del popolo.

Secondo l’alleanza, l’energia atomica è “dannosa e pericolosa”. “Con la decisione a favore di nuove centrali il Consiglio federale si muove attivamente verso nuovi pericoli per la salute della popolazione svizzera”.

Simile la posizione della Fondazione svizzera per l’energia, secondo cui il Governo sta sabotando la svolta energetica. Anche a detta di questa organizzazione l’annuncio fatto dall’Esecutivo è contrario alla volontà del popolo.

Sinistra ed ecologisti insorgono

Anche le due formazioni politiche sottolineano come il Governo debba rispettare la volontà dei cittadini e delle cittadine, che hanno votato per l’uscita dal nucleare nel 2017.

I Verdi liberali hanno annunciato che si opporranno al rilancio delle centrali nucleari “attraverso tutte le vie giuridiche possibili”.

Anche sul fronte del Partito socialista regna lo sconcerto: in una presa di posizione i socialisti parlano di decisione “irresponsabile” da parte del Governo. Oltre al mancato rispetto della volontà popolare, il ritorno al nucleare porterebbe centrali troppo tardi, troppo care e con rischi per la sicurezza, senza contare la produzione di scorie.

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