Il popolo svizzero respinge nettamente la riforma delle pensioni
Il popolo svizzero ha respinto con il 67% dei voti la proposta di modifica della Legge federale sulla previdenza professionale. L'argomento dei sindacati "pagare di più per avere pensioni più basse" ha fatto breccia nell'elettorato.
La proposta di riforma del secondo pilastro del sistema pensionistico svizzero non è piaciuta agli svizzeri e alle svizzere che l’hanno respinta di larga misura alle urne, con il 67,1% dei voti.
Il “no” è stato confermato a livello federale: nessun cantone ha infatti votato a favore della modifica di legge. Nei Grigioni, il “no” l’ha spuntata con il 62,3%, mentre in Ticino la bocciatura è stata del 61,7%. Nella Svizzera tedesca, si va da un 61,3% di “no” a Lucerna a un 71,9% a Soletta, passando per un 69,2% a Berna e un 67% ad Argovia. La bocciatura è ancora più netta nella Svizzera romanda, con un 76,9% di “no” nel canton Neuchâtel, 73% nel Canton Ginevra, 72,6% nel Canton Vaud e 71% in Vallese.
Si tratta di un risultato preannunciato ma ben al di sopra delle aspettative. L’ultimo sondaggio condotto dall’istituto gfs.bern per conto della Società svizzera di radiotelevisione (SSR) aveva previsto che il campo contrario alla riforma avrebbe vinto con il 51% dei voti.
Anche all’interno delle diverse fazioni politiche ha preso sempre più forma una tendenza al “no” nel corso delle settimane.
L’argomento che sembra aver fatto maggiormente breccia nell’elettorato riguarda il fatto che le persone che andranno in pensione con questa riforma si ritroverebbero con rendite pensionistiche più basse, dopo aver pagato contribuiti salariali più elevati.
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Anche l’errore di calcolo dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, dal quale è emerso che le finanze del sistema pensionistico sono messe molto meglio di quanto annunciato, ha avuto un ruolo nel far pendere la bilancia verso un “no”.
Dopo l’approvazione alle urne della riforma sull’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS) nel 2022, il cosiddetto “primo pilastro” del sistema pensionistico svizzero, la proposta di riforma si concentrava in questo caso sul secondo pilastro. Si tratta della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità (LPP), che è costituita dalle casse pensione alimentate dalle persone salariate e dalle loro aziende datrici di lavoro. Con questo capitale è finanziata la rendita della cassa pensioni.
Tale cassa è messa in difficoltà dai rendimenti bassi sui mercati finanziari e dall’aumento della speranza di vita. Questo perché il capitale per la vecchiaia disponibile al momento della pensione è versato ogni anno allo stesso tasso fino alla fine della vita, indipendentemente dalla durata di vita o dall’utilizzo del capitale.
La copertura finanziaria del secondo pilastro, perciò, non sarebbe più adeguata, secondo le autorità elvetiche. La riforma, presentata da Governo e Parlamento, proponeva quindi diverse misure per finanziare le future pensioni in modo più sicuro e duraturo. Quella che ha fatto più discutere era la riduzione dell’aliquota di conversione, ovvero la quota di capitale previdenziale che le casse pensione versano ogni anno. Questa sarebbe passata dal 6,8% odierno al 6% per ogni 100’000 franchi di risparmio previdenziale. Ciò avrebbe significato che le pensioni individuali sarebbero state più basse di circa il 12%.
La riforma era molto complessa perché la Svizzera conta più di 1’000 casse pensioni con le proprie regole ed era difficile sapere chi sarebbe stato toccato. Tuttavia, sembra che avrebbe avuto effetto sul 15%-30% delle persone assicurate principalmente nel regime obbligatorio.
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Gli argomenti pro e contro la riforma
Chi è a favore sosteneva che la riforma permetteva di finanziare l’LPP in modo durevole e sostenibile. Sottolineava inoltre che avrebbe migliorato la previdenza per la vecchiaia di coloro con un reddito basso, grazie all’aumento dei contributi salariali – prevista come misura compensativa all’abbassamento dell’aliquota – e a una soglia di ingresso alla cassa pensione più bassa. Attualmente, infatti, è necessario guadagnare almeno 22’050 franchi all’anno per potervi accedere. Sarebbero state soprattutto le donne, che spesso lavorano part-time e guadagnano meno, a beneficiarne.
I sindacati e il Partito socialista, tra le parti contrarie alla riforma, criticavano l’abbassamento del tasso di conversione simultaneo all’incremento dei contributi salariali. “Con questo progetto, la gente dovrà pagare di più per ricevere rendite più basse”, aveva affermato Urban Hodel, dell’Unione sindacale svizzera. I sindacati avevano stimato che alcune persone avrebbero ricevuto fino a 3’200 franchi in meno.
L’argomento che la riforma sarebbe andata a favore delle donne era stato anche criticato dai sindacati. Sostenevano che il progetto di legge non forniva soluzioni al problema delle incombenze familiari a carico delle donne, che le portano a lavorare a tempo parziale o a interrompere il lavoro.
Anche alcuni settori come quelli alberghiero e della ristorazione si erano pronunciati contro la riforma per il timore dell’aumento del costo del lavoro.
Netta vittoria per la sinistra e per i sindacati
Secondo il grande vincitore di questa giornata, il presidente dell’Unione sindacale svizzera Pierre-Yves Maillard, la cittadinanza oggi ha inviato un messaggio chiaro: è necessario un atteggiamento costruttivo per migliorare le prestazioni e non peggiorare le pensioni. “La gente non può sopportare altri tagli”, ha detto il “senatore” socialista vodese.
Maillard ritiene inoltre che il netto “no” alle urne abbia anche evidenziato che i partiti di desta hanno perso la fiducia della loro base in questa votazione. L’unico modo per migliorare le rendite di lavoratrici e lavoratori con bassi salari e delle persone con carriere brevi, soprattutto donne, è introdurre una dose di solidarietà nel sistema, ha insistito Maillard.
Anche l’associazione dei datori di lavoro della Svizzera francese, Centre Patronal, ha espresso la sua soddisfazione: “Oggi festeggiamo la vittoria dei tre pilastri diversi e complementari e sottolineiamo il carattere di risparmio della previdenza professionale”, ha dichiarato il direttore Christophe Reymond
Persa la possibilità di migliorare le pensioni delle donne
Alleanza F, all’alleanza delle donne nella politica svizzera, si rammarica del risultato odierno. A suo avviso, il popolo ha perso l’”opportunità storica” di migliorare la situazione pensionistica di molte donne nel Paese.
Circa 275’000 donne avrebbero ricevuto una rendita più alta dal secondo pilastro con la riforma o sarebbero state finalmente assicurate, ha scritto l’associazione in una nota odierna. Secondo Alleanza F, la proposta avrebbe abbassato la soglia d’ingresso e migliorato la deduzione di coordinamento.
La Svizzera torna così alla casella di partenza negli sforzi per migliorare la previdenza delle donne, ha affermato l’associazione.
Per il futuro, il divario pensionistico va affrontato
Le rendite femminili del secondo pilastro sono in media del 44% inferiori a quelle degli uomini. L’Alleanza F definisce questa differenza un “gap pensionistico”.
Per affrontare il problema del divario pensionistico, lavoratrici e lavoratori con bassi redditi e quelli a tempo parziale devono essere maggiormente tutelati nella previdenza professionale. È inoltre necessario “creare condizioni quadro finalmente migliori per la conciliabilità tra famiglia e carriera”, secondo l’associazione.
Il sindacalista e senatore Pierre-Yves Maillard ha già menzionato alcune proposte pronte in questo senso: da lunedì, verranno presentate in Parlamento diverse mozioni sul bonus per i compiti educativi, in particolare per le donne, sul tetto alle commissioni di gestione patrimoniale, che consumano 8 miliardi di franchi all’anno, e sulla soglia d’ingresso, in particolare per le giovani generazioni.
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