Il supercomputer svizzero Alps mette l’IA al servizio della scienza
Con l'arrivo di Alps la rete di supercomputer svizzera, che conta anche un sito in Italia, torna a essere tra le più avanzate nel campo dell'elaborazione dei dati. Ma chi potrà utilizzare il sesto supercomputer più potente al mondo, e quali sono gli obiettivi di questo progetto?
Mappare l’universo, distinguere i fatti dalle teorie del complotto e sviluppare modelli climatici più precisi: sono solo alcune delle applicazioni del supercomputer svizzero Alps, gestito dal Centro svizzero di calcolo scientifico con sede in Ticino. Per il momento, però, non è previsto che le aziende private abbiano accesso alle sue risorse.
Il precedente supercomputer della Svizzera, Piz Diant, ha cominciato a elaborare dati per progetti di ricerca scientifica nel 2013. Lo hanno utilizzato, tra gli altri, il Servizio meteorologico svizzero, il Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca e l’Istituto Paul Scherrer di ricerca ingegneristica.
Piz Diant è stato sostituito dal supercomputer Alps, che, una volta pienamente operativo, avrà una potenza di calcolo 20 volte superiore al suo predecessore e la capacità di sfruttare il potenziale dell’intelligenza artificiale (IA).
Alps è anche il sesto supercomputer più potente al mondo, superato solo da reti di calcolo negli Stati Uniti, in Finlandia e in Giappone. La Svizzera ha così ristabilito le sue capacità di supercalcolo allineandosi agli altri Paesi leader nel settore, dopo che Piz Diant era stato superato da computer più potenti in altre parti del mondo.
Accesso limitato ai progetti di ricerca scientifica
Ma ciò non significa che aumenterà di 20 volte anche il numero di ricercatori e ricercatrici con accesso a questa potente rete di calcolo, che comprende tre siti in Svizzera e uno in Italia. Circa 1’800 persone hanno utilizzato Piz Diant, e finora 1’000 si sono iscritte alla nuova rete.
“Non possiamo gestire un milione di ricercatori e ricercatrici su questo sistema”, dichiara il professor Thomas Schulthess, capo del Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS), a SWI swissinfo.ch. Innanzitutto, perché il supercomputer – che è costato 100 milioni di franchi e ha un budget operativo annuale di 37 milioni di franchi – è finanziato con fondi pubblici.
“Si tratta di un’infrastruttura sovvenzionata, e le sovvenzioni non sono scalabili. Dobbiamo essere molto rigorosi nell’uso di questa risorsa”, afferma Schulthess.
“La grande incognita è come si svilupperanno il machine learning e l’intelligenza artificiale.”
Thomas Schulthess, Centro Svizzero di Calcolo Scientifico
Il supercomputer Alps non è destinato a un uso commerciale su larga scala. La sua potenza di calcolo aggiuntiva continuerà a essere impiegata in progetti di ricerca svizzeri e internazionali, principalmente nel campo delle scienze naturali.
Le aziende private potranno richiedere l’accesso ad Alps solo per progetti in collaborazione con un’università svizzera e a condizione che coprano le spese di utilizzo del supercomputer.
Il CSCS, in quanto parte dei politecnici federali svizzeri, è obbligato a consentire l’accesso al supercomputer per tre anni alle cosiddette aziende “spin-off”, ovvero start-up nate da progetti di ricerca universitari, sempre a condizione che coprano le spese di utilizzo.
L’associazione digitalswitzerland, che promuove l’innovazione digitale in Svizzera, ha affermato che sta “dialogando con il CSCS” per quanto riguarda l’accesso commerciale al supercomputer, ma non ha voluto fornire dettagli sullo stato di questa conversazione.
Garantire la qualità dei dati
Oltre al finanziamento pubblico, ci sono altre ragioni per cui il CSCS non è ancora pronto ad ampliare l’accesso ad Alps. Il Centro infatti ha l’obbligo di garantire la qualità dei dati immessi sul supercomputer, evitando che questa venga compromessa da progetti con metodi di selezione dei dati poco rigorosi.
“Nelle scienze naturali esistono dei metodi noti sin dai tempi di Galileo per escludere i dati di bassa qualità”, dice Schulthess. “Vogliamo aiutare le scienze umane, le imprese e la società ad adottare le stesse tecniche”.
La qualità dei dati è fondamentale nell’era dell’IA: i computer più potenti elaborano informazioni in modo autonomo, e immettere dati di bassa qualità in un sistema di intelligenza artificiale potrebbe portarlo a riprodurre gli stessi pregiudizi e falsità presenti nei dati, con conseguenze dannose.
Il supercomputer Alps, ad esempio, viene utilizzato per l’addestramento del modello linguistico di grandi dimensioni (large language model, LLM) di Meditron, che elabora informazioni mediche selezionate e di qualità elevata. Meditron, una volta “addestrato” con questi dati, viene utilizzato per fare diagnosi in Paesi che non hanno infrastrutture mediche avanzate.
Questo uso dei dati potrebbe convincere i pazienti e le pazienti a scegliere trattamenti che si basano su evidenze scientifiche invece di ricorrere a rimedi locali di dubbia efficacia, secondo Mary-Anne Hartley, professoressa presso il Politecnico federale di Losanna (EPFL) e membro del team di ricerca di Meditron.
Informazione e disinformazione
“L’informazione è un elemento decisivo per la salute, e circola molta disinformazione”, ha dichiarato Hartley durante una conferenza sul supercomputer Alps a Zurigo, il 13 settembre. “Nei Paesi a basso reddito non ci sono tutele sanitarie per i pazienti. Se commettiamo errori le conseguenze sono gravi”, ha aggiunto. “Dobbiamo aderire a standard più alti possibile”.
Inoltre, non sappiamo quale sarà l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’informatica e su altre discipline, ed è quindi difficile prevedere quali progetti e istituzioni utilizzeranno Alps tra dieci anni. “La grande incognita è come si svilupperanno il machine learning e l’intelligenza artificiale”, afferma Schulthess. “L’IA potrebbe portare a cambiamenti tali da richiedere metodi completamente diversi per selezionare e supportare nuovi progetti”.
Interfacce software personalizzate
Per far fronte a un futuro in gran parte imprevedibile, Alps è stato progettato con una flessibilità maggiore rispetto al suo predecessore Piz Diant. È infatti configurato per imitare un sistema cloud, che consente ai ricercatori e alle ricercatrici di accedere al supercomputer tramite portali software personalizzati in base alle esigenze specifiche di ciascun progetto.
“In passato, il calcolo ad elevate prestazioni (high-performance computing, HPC) presentava una configurazione predefinita, a cui tutti dovevano adattarsi. Oggi per la prima volta possiamo supportare configurazioni diverse, modificando le interfacce software in base alle esigenze delle varie comunità di ricerca”, spiega Schulthess.
Tra i progetti già iscritti ad Alps c’è anche l’Osservatorio Square Kilometre Array (SKAO), che utilizzerà i dati raccolti da migliaia di antenne radio in tutto il mondo per mappare l’universo con una precisione senza precedenti.
Una collaborazione potenziata tra Alps e i servizi meteorologici svizzeri ed europei, invece, si occuperà di sviluppare modelli di previsione climatica più dettagliati e precisi per il futuro.
“La scienza deve assumere un ruolo pionieristico in un campo così proiettato verso il futuro, invece che lasciarlo a poche multinazionali.”
Christian Wolfrum, Politecnico federale di Zurigo
Per selezionare le ricerche il CSCS continuerà a usare un metodo collaudato: un panel di scienziati e scienziate internazionali valuterà sia l’integrità scientifica dei progetti, sia la preparazione dei candidati a condurre i loro test sul supercomputer nel tempo assegnato.
Le grandi compagnie tech come Google e Amazon hanno costruito i propri supercomputer per sostenere la loro ricerca e crescita aziendale. Alps, invece, sfrutterà l’IA per supportare la ricerca scientifica.
“La scienza deve assumere un ruolo pionieristico in un campo così proiettato verso il futuro, invece che lasciarlo a poche multinazionali”, ha dichiarato Christian Wolfrum, vicepresidente per la ricerca presso il Politecnico federale di Zurigo, durante il lancio della Swiss AI Initiative lo scorso dicembre. “Solo in questo modo possiamo garantire l’indipendenza della ricerca e la sovranità digitale della Svizzera”.
A cura di Veronica De Vore
Traduzione di Vittoria Vardanega
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