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Impennata degli incidenti in montagna

Un elicottero della REGA in un'operazione di salvataggio in montagna.
Un elicottero della REGA in un'operazione di salvataggio in montagna. keystone

Più che raddoppiati gli infortuni in vent'anni. Tra le cause, indicano gli esperti, anche l'inesperienza e l'equipaggiamento inadeguato delle e degli escursionisti.

È uno stillicidio quello cui si sta assistendo quest’estate. Non passa settimana che il triste bilancio delle vittime della montagna venga ritoccato al rialzo.

Un “bollettino di guerra”

Solo negli scorsi giorni le cronache hanno riportato la caduta letale, avvenuta il 14 luglio, di due alpinisti sul Mont Greuvetta, vicino a Courmayeur (Valle d’Aosta) e, il giorno dopo, di un istruttore di canyoning alle cascate di Piovere, nella regione del lago di Garda.

Lo stesso giorno sono stati rinvenuti i corpi senza vita di due scalatori svizzeri nella Fischertal, tra le vette dell’Aletschhorn (4’193 metri) e del Dreieckhorn (3’811 metri), nel Canton Vallese. Il 18 è stata la volta di una guida alpina svizzera, colpita da un masso sul massiccio del Monte Bianco e il giorno dopo la vittima è stato un escursionista sui monti di Prosito, a nord di Bellinzona.

Sabato è morto un cercatore di funghi in Val Rendena, nel parco naturale trentino dell’Adamello-Brenta. Sempre nel fine settimana due alpinisti sono precipitati mentre stavano scalando la punta Zumstein a Zermatt (Vallese), sul massiccio del Monte Rosa: uno è deceduto mentre l’altro è ricoverato in gravi condizioni all’Inselspital di Berna.

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Un vero e proprio bollettino di guerra, peraltro non esaustivo, delle vittime della montagna in una settimana di mezza estate.

Imprudenza, impreparazione e fato sono tra le cause che vengono di volta in volta annoverate quando vengono riferiti questi tragici fatti, che coinvolgono indistintamente escursionisti/e della domenica e professionisti/e delle scalate.

C’entra anche il riscaldamento globale

Negli ultimi anni si sono poi aggiunti i cambiamenti climatici: il riscaldamento globale, avvertito soprattutto in alta quota – come testimonia la crisi idrogeologica cui sono confrontati i ghiacciai – contribuisce allo scioglimento del permafrostCollegamento esterno e allo sbriciolamento del terreno, rendendo instabili i pendii, da un lato e aumentando le cadute di massi dall’altro.

In proposito l’Ufficio prevenzione infortuni (UPI)Collegamento esterno ha segnalato che in Svizzera ogni anno 53 persone perdono la vita in montagna e molte altre riportano ferite di varia entità. In genere si tratta di alpinisti ed escursionisti vittime di cadute. Ad essi si aggiungono 25 infortuni mortali subiti da sportivi provenienti dall’estero.

40’000 infortuni all’anno

A confermare la preoccupante tendenza in atto c’è il dato del numero globale di infortuni, salito mediamente a 40’000, vale a dire più del doppio rispetto alle cifre osservate all’inizio degli anni 2000 (17’700).

Un’evoluzione, sottolinea l’UPI, che comprende tutte le fasce d’età ma che nei tre quarti dei casi riguarda persone di sesso maschile. Le cause? Quasi sempre si tratta di individui che scivolano, inciampano o cadono.

Inoltre, l’incremento viene spiegato anche dal numero crescente di persone che praticano alpinismo e trekking, sommato a una meteorologia che è divenuta più favorevole col passare dei decenni in cui le estati sono fatte più lunghe e gli autunni più miti, incoraggiando così le cultrici e i cultori di queste discipline.

Equipaggiamento inadeguato

Ma l’aumento della popolazione e degli appassionati/e spiega solo in parte le cifre crescenti degli infortuni. “Pensiamo che molte persone non siano consapevoli dei pericoli e non siano attrezzate a dovere e assumano troppi rischi”, ha riferito alla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI) Mara Zenhäusern, portavoce dell’UPI.

Troppo spesso manca la preparazione adeguata, osserva al riguardo Massimo Bognuda, membro della Commissione Montagne sicure e rappresentante delle guide alpine ticinesi, raggiunto dal Corriere del Ticino: “Una precisa preparazione della gita che ci si appresta a fare è la base di partenza. Occorre informarsi sulle condizioni della montagna, cercando informazioni ufficiali, e su quelle meteorologiche, per evitare di incappare in situazioni difficili”.

La montagna non è un parco giochi

“La montagna può essere pericolosa, non è un parco giochi”, ha invece rilevato alla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI) Bruno Märten, di BernaSentieri. “Se l’escursionista si accorge di avere sbagliato la via deve tornare indietro e non continuare”, precisa l’esperto bernese: così come in caso di nebbia o di inizio della pioggia, “bisogna sapere rinunciare”.

Un altro aspetto, affatto secondario, è quello di un equipaggiamento idoneo ad affrontare il fondo accidentato e morfologicamente impegnativo che ci si appresta ad affrontare. Il consiglio è quindi quello di munirsi di indumenti caldi (anche di riserva), buoni scarponi e in generale un materiale idoneo per l’attività.

“Le classiche scarpe da ginnastica non vanno bene”, evidenzia ancora Massimo Bognuda: “Tengono poco la caviglia e può essere pericoloso”. Oltre all’equipaggiamento adeguato Tiziano Schneidt, del Soccorso alpino, invita, nel limite del possibile, a non andare in montagna da soli e ad avvertire sempre qualcuno sul tragitto che si intende percorrere.

Neve in quota

Quest’anno poi c’è un ulteriore aspetto che richiede particolare cautela. In alta quota infatti c’è ancora molta neve e scivolare nei nevai o nei canali, avverte sempre Massimo Bognuda, può essere molto pericoloso: “Si rischia infatti di andare a sbattere contro la roccia”.

La presenza di importanti masse di neve sul percorso impone l’uso di “scarponi, ramponi e magari anche una piccozza” e, soprattutto, lo svolgimento dell’escursione “di mattino presto, quando la neve è dura”. 

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