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In Svizzera e in Italia si valuta la riapertura verso l’energia nucleare

La centrale atomica svizzera di Beznau.
La centrale atomica svizzera di Beznau. Keystone/Alessandro Della Bella

Da quando il popolo elvetico ha votato per l’abbandono dell’atomo nel 2017 “la situazione del mercato dell’elettricità è cambiata radicalmente”, ha recentemente dichiarato Rösti. “Gli italiani si sono espressi su una tecnologia di 60 anni fa. Noi guardiamo al nucleare di nuova generazione”, gli ha fatto eco l’omologo Picchetto Fratin.

Nel 2017, in Svizzera, i cittadini e le cittadine si sono espressi in voto decidendo per una graduale uscita dalla produzione di energia nucleare indigena. In quell’occasione, il 58,2% dell’elettorato ha infatti approvato la nuova legge, che si trova alla base della Strategia energetica 2050.

Il risultato del voto è arrivato dopo alcuni anni in cui, a seguito dell’incidente di Fukushima avvenuto in Giappone nel 2011, i timori nei confronti dell’energia atomica e delle sue conseguenze sul clima sono progressivamente aumentati. Oggi, però, il nucleare sta riscoprendo nuovi sostenitori in Svizzera e, come si potrà leggere tra poco, anche in Italia.

Segnali proatomo

Nel marzo 2024, l’iniziativa popolareCollegamento esterno “Energia elettrica in ogni tempo per tutti (Stop al blackout)” è ufficialmente riuscita grazie alla raccolta di oltre 130’000 firme consegnate alla cancelleria federale. Ma lo scetticismo crescente in un futuro senza atomo è stato confermato anche da un recente sondaggio.

Altri sviluppi

Il portale di informazione Watson ha infatti pubblicatoCollegamento esterno negli scorsi giorni le risposte di oltre 7’200 persone residenti in Svizzera alla domanda: “Sostenete il progetto del Consiglio federale che punta ad autorizzare nuovamente la costruzione di centrali nucleari in Svizzera?”.

Contrarietà in calo

Ne esce un Paese diviso. I e le partecipanti della Romandia hanno infatti risposto “sì” al 53%, contro il 41% dei e delle favorevoli nella Svizzera tedesca. In quest’ultima parte della Confederazione, a esprimersi con un netto “no” è stato il 51%, mentre in Svizzera francese, la percentuale è del 39%.

Considerando però la totalità di coloro che si sono espressi, i contrari e le contrarie al ritorno del nucleare si attestano al 51% delle voci. Un dato che, paragonato a quel 58,2% delle votazioni federali del 2017, segna una tendenza al calo. Malgrado una parte di indecise e indecisi, il 48% delle persone intervistate si è inoltre chiaramente detto favorevole alla costruzione di nuove centrali.

Garantire la fornitura necessaria

Le principali argomentazioni emerse dal sondaggio in favore di nuove centrali nucleari sono due: coprire il crescente fabbisogno di elettricità e garantire l’indipendenza energetica dall’estero.

Dall’altro lato, sono emersi in particolare tre argomenti contrari: la priorità data alle energie rinnovabili, lo smaltimento finale delle scorie e il mancato rispetto della volontà popolare espressa nel 2017.

Molte cose sono cambiate

C’è stato un “cambiamento di paradigma”, ha dichiarato il ministro dell’energia Albert Rösti meno di un mese fa, citando come chiave di svolta la guerra in Ucraina e il suo impatto sulle importazioni di gas russo.

Il consigliere federale UDC (Unione democratica di centro, destra conservatrice) ha sottolineato le preoccupazioni dell’Europa in materia di sicurezza energetica, soprattutto durante l’inverno, e i problemi tecnici delle centrali nucleari francesi che riforniscono la Svizzera.

“Dal 2017, anche la situazione del mercato dell’elettricità è cambiata radicalmente”, ha dichiarato Rösti.

Inversione di tendenza anche in Italia?

Il cambiamento percepito da alcuni dei cittadini e delle cittadine elvetici si percepisce anche in altri Paesi. In un’intervistaCollegamento esterno di due settimane fa al Corriere della Sera, il ministro italiano dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha detto che il Governo sta lavorando a un disegno di legge per la reintroduzione in Italia dell’energia nucleare di nuova generazione.

+++ Per approfondire: “La Svizzera potrebbe costruire nuove centrali nucleari?”

Diversamente dalla Svizzera, l’Italia ha rinunciato a produrre energia nucleare in seguito a un referendum abrogativoCollegamento esterno che risale al 1987, un anno dopo l’incidente atomico di Cernobyl. Un principio ribadito poi nel 2011Collegamento esterno. “Gli italiani – asserisce Picchetto Fratin rispondendo al quotidiano – si sono espressi su una tecnologia di 60 anni fa, quella di prima e seconda generazione. Noi guardiamo al nuovo nucleare, che non prevede la costruzione di grandi centrali”.

Il giorno seguente a quest’intervista, ossia l’8 settembre, il portale di informazione internazionale Bloomberg NewsCollegamento esterno, citando proprie fonti ha riferito che l’Italia sta cercando di creare una nuova società per costruire piccoli reattori nucleari. Le trattative preliminari si starebbero svolgendo tra Ansaldo Nucleare, azienda sostenuta dallo Stato, il colosso energetico statale Enel e la società torinese Newcleo, specializzata nella realizzazione di piccoli reattori di nuova generazione.

Nuove tecnologie

Il nucleare cosiddetto “di ultima generazione” prevede infatti reattori decisamente più contenuti e progettati per essere veloci da realizzare, più economici e più sicuri di quelli delle vecchie centrali. La realizzazione di una nuova centrale nucleare implica almeno 10 anni di lavori e decine di miliardi di franchi.

I nuovi, piccoli reattori possono invece essere prodotti in serie e non c’è bisogno di costruirli, come finora, direttamente sul sito in cui verranno poi avviati.

A differenziarli dai tradizionali impianti è però anche la potenza: i reattori di nuova generazione producono circa un quinto dell’elettricità generata da un reattore tipico (non più di 300 megawattora di capacità).

Tema divisivo

Malgrado i progressi nel settore e la contrarietà meno netta che in passato, l’argomento rimane divisivo agli occhi dell’opinione pubblica. Da una parte ci sono la paura di nuovi incidenti nucleari, la necessità di ridurre l’uso dei combustibili fossili e una crescente consapevolezza climatica; dall’altra, però, le guerre in corso, il conseguente aumento dei costi dell’energia e il timore di una penuria hanno partorito un rinnovato interesse per la questione nucleare.

Nonostante questo interesse, i governi propositivi in materia sono spesso limitati da un elettorato che vuole puntare su altri tipi di approvvigionamenti come quelli idroelettrico, eolico e solare.

Il ritorno al nucleare è tutt’altro che certo

Al momento, non è ancora chiaro se e quando il disegno di legge italiano sarà pronto, né tantomeno se Berna riterrà davvero necessaria l’attivazione di altre centrali oltre alle tre già operanti nel Paese (Beznau, Gösgen e Leibstadt).

grafico con centrali nucleari
Kai Reusser / swissinfo.ch

Esprimendosi in maniera contraria rispetto all’iniziativa popolare sopracitata “Stop al blackout”, il 28 agosto scorso il Consiglio federale – paventando un’abrogazione preventiva del divieto votato nel 2017 –  scrivevaCollegamento esterno: “Nell’interesse di una pianificazione responsabile della sicurezza dell’approvvigionamento elettrico, il Governo mira all’apertura tecnologica. L’attuale divieto di costruire nuove centrali nucleari non è compatibile con l’obiettivo dell’apertura tecnologica e comporta inoltre rischi anche per lo smantellamento degli impianti esistenti”.

In quell’occasione, il ministro dell’energia Rösti ha specificato che si tratta comunque solo di “un’opzione di ripiego”.

Le tre centrali nucleari svizzere, come previsto, continueranno a produrre fino al termine del loro ciclo di vita, della durata di circa 60 anni. Su aspetti concreti legati alla creazione di nuovi siti, Berna, è rimasta evasiva e non ha fornito dettagli su aspetti come il tipo di tecnologia, lo stoccaggio delle scorie o i finanziamenti.

Il passo successivo più immediato potrebbe essere la presentazione, da parte del Governo, di una proposta di modifica della legislazione entro la fine del 2024. Questa verrebbe discussa in Parlamento nel corso del 2025 e, se non cadrà nel vuoto, l’elettorato dovrà di nuovo esprimersi in voto.

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