In Svizzera saranno vietate le adozioni internazionali
Nessun diritto in materia di adozioni internazionali, neppure il più severo, può escludere il rischio di abusi: per questo motivo il Consiglio federale ha deciso di vietare in Svizzera, in futuro, l'adozione di bambini provenienti dall'estero.
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Keystone-ATS
In passato si sono verificate numerose irregolarità nell’ambito delle adozioni internazionali, soprattutto nel periodo tra il 1970 e il 1999. Il Governo ha riconosciuto i fatti e deplora che le autorità non abbiano assunto le proprie responsabilità nei confronti dei minori e delle loro famiglie.
“Oggi sappiamo che le dimensioni del fenomeno sono scioccanti”, ha affermato il consigliere federale Beat Jans nel corso di una conferenza stampa a Berna.
Per il Governo non vi sono dubbi: “simili irregolarità non devono più ripetersi”. Nei mesi scorsi ha quindi incaricato un gruppo di esperti indipendenti di verificare se e in quale misura una revisione del diritto in materia di adozioni internazionali possa impedire gli abusi in futuro.
Si è fatto molto ma non basta
Il rapporto degli esperti – di cui oggi l’esecutivo ha preso atto – mette in chiaro che Confederazione e Cantoni si sono già impegnati per rendere più trasparente e sicura la prassi in materia di adozioni internazionali. Ci sono anche esempi di adozioni condotte correttamente e che hanno avuto successo dal punto di vista dei bambini e dei genitori.
Nel corso dei lavori sono state valutate due possibilità per escludere abusi e violazioni: una profonda revisione della procedura di adozione da un lato e il radicale divieto di adozioni internazionali dall’altro.
Il servizio del TG 20.00 della RSI del 29 gennaio 2025:
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Secondo gli esperti, il primo scenario richiederebbe interventi radicali, controlli, nuovi criteri e regole severe. Un impegno notevole non proporzionale al numero di richieste di adozioni internazionali, che è nettamente in calo negli ultimi anni. A questo proposito Jans ha indicato che negli ultimi anni le adozioni internazionali sono diminuite notevolmente: oggi se ne contano circa 30 l’anno, mentre in passato ammontavano a diverse centinaia.
Inoltre questa radicale e profonda revisione non sarebbe in grado di garantire una legalità assoluta. La conclusione degli esperti è infatti che, anche con un diritto in materia di adozioni rivisto e rigoroso e il dispiego di notevoli risorse, non è possibile garantire che gli abusi possano essere completamente evitati.
La protezione dei bambini è centrale
La seconda opzione, quella di una rinuncia definitiva, è stata considerata più efficace. Oltre a facilitare il controllo della legalità, essa tutela nel migliore dei modi i bambini. Non bisogna dimenticare – ha sottolineato Jans – “che l’adozione a livello giuridico è una misura di protezione dei bambini. Il loro benessere è prioritario rispetto al desiderio di avere un figlio”.
Dopo lunghe discussioni il governo ha optato per lo scenario più drastico: porre fine alle adozioni internazionali. Ha quindi incaricato, nel corso della seduta odierna, il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di elaborare, al più tardi entro la fine del 2026, un progetto di legge da porre in consultazione.
Beat Jans ha precisato che le adozioni interne al paese non saranno interessate dal provvedimento. Inoltre la decisione odierna non ha alcune effetto sulle procedure internazionali di adozione in corso.
Non ci sarà mercato nero
Interpellato in merito a un eventuale fiorire di un mercato parallelo (“adozioni in nero”), il ministro della giustizia ha espresso il suo scetticismo: “secondo noi una misura di questo tipo servirà a frenare questi fenomeni piuttosto che a incentivarli. Chiaramente dobbiamo ancora elaborare tutto l’apparato giuridico”.
Nel corso del processo legislativo, l’Ufficio federale di giustizia (UFG) valuterà possibili eccezioni, in particolare in caso di adozioni intrafamiliari.
Michael Schöll, direttore dell’UFG, ha dal canto suo precisato che la decisione elvetica non costituisce una novità: a livello internazionale diversi paesi hanno già optato per soluzioni analoghe. L’Olanda, ad esempio, ha deciso nel maggio dello scorso anno di rinunciare del tutto ad adozioni internazionali: in dicembre il governo ha presentato un piano di sei anni per concretizzare la decisione, lasciando quindi il tempo di concludere le procedure già avviate.
In precedenza – ha precisato Schöll – il paese aveva optato per una regolamentazione più severa, riducendo tra l’altro il numero di paesi di provenienza dei minori, ma alla fine è stato costretto a gettare la spugna, dopo aver constatato che era impossibile contrastare gli abusi. Altri esempi sono quelli di Francia, Belgio e Norvegia, ma anche del Canada, dove sono in corso considerazioni analoghe.
Garantire l’accesso alle informazioni
Il direttore dell’UFG ha sottolineato che una delle priorità delle autorità è quella di garantire alle persone adottate in passato e ai genitori adottivi la possibilità, da un lato, di avere accesso alle informazioni e, dall’altro, di poter elaborare i fatti.
Il gruppo di esperti ha sottolineato infatti l’importanza per le persone adottate di ottenere informazioni sulla loro famiglia d’origine. Le attuali basi giuridiche sono inadeguate, in particolare nel caso di adozioni irregolari. Il Consiglio federale ha pertanto incaricato il DFGP di esaminare la necessità di procedere a una riforma in materia di ricerca delle origini.
In conclusione, Beat Jans ha ribadito a chiare parole: “non c’è un diritto all’adozione e non c’è un diritto ad avere un figlio”, ma esistono i diritti dei minori, in particolare per quanto concerne la loro protezione e il loro benessere. “Si tratta di diritti iscritti nella Costituzione e nella Convenzione dei diritti umani”.
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