Immigrazione, che ne pensano gli imprenditori?
Uno dei fronti principali su cui si gioca l'esito della votazione riguardante la libera circolazione delle persone del prossimo 27 settembre è quello economico. Intervista incrociata a due imprenditori e politici ticinesi.
L’Unione democratica di centro, forte del successo del 9 febbraio 2014 – e alla ricerca di un riscatto dopo le federali dello scorso ottobre – cerca una nuova affermazione sul tema caldo dell’immigrazione, che rischia però di farle perdere le simpatie che tradizionalmente vanta negli ambienti economici.
Il mondo produttivo, soprattutto quello rivolto all’export, teme infatti che un contenzioso sulla libera circolazione con l’UECollegamento esterno, principale partner commerciale della Confederazione, penalizzi l’accesso al mercato unico.
Per questo motivo le organizzazioni imprenditoriali e finanziarie (economiesuisse, Unione svizzera delle arti e dei mestieri, Unione svizzera degli imprenditori, Swissmem, Società svizzera degli impresari costruttori e Associazione svizzera dei banchieri) questa volta si sono schierate senza indugio contro l’iniziativa per l’immigrazione moderata.
Sulla questione abbiamo interpellato due dirigenti d’azienda che hanno anche incarichi politici a Berna. Il consigliere nazionale Fabio Regazzi (Partito popolare democratico), titolare della Regazzi Holding Sa di Gordola e il collega Piero Marchesi (Udc), che ha ricoperto diversi ruoli direttivi e attualmente è capo progetto e responsabile vendite della Spinelli SA di Massagno.
tvsvizzera.it: Concretamente cosa succederà in caso di accettazione dell’iniziativa per un’immigrazione moderata?
Piero Marchesi: Se passa l’iniziativa potremo finalmente applicare la norma costituzionale approvata da popolo e cantoni il 9 febbraio 2014 che dice chiaramente che la Svizzera gestisce l’immigrazione con tetti massimi, contingenti e preferenza indigena. Questo sarebbe il primo risultato importante, poi evidentemente l’iniziativa dà un anno di tempo al Consiglio federale per rinegoziare l’accordo sulla libera circolazione (ALC) che decadrebbe in caso di mancata intesa. Quindi finalmente potremo tornare a gestire l’immigrazione in modo autonomo e commisurandola a quelli che sono i reali bisogni della nostra economia mentre oggi siamo costretti a subire la congiuntura dei paesi confinanti.
Piero Marchesi: “Chi afferma oggi che non avremo più a disposizione personale qualificato e l’accesso al mercato europeo racconta delle falsità”
Fabio Regazzi: L’iniziativa ha un nome accattivante che non rispetta però esattamente il contenuto della stessa. È stata denominata iniziativa per un’immigrazione moderata, ma in realtà il suo fine è quello di abolire gli Accordi bilaterali con l’Ue, che sarebbero inevitabilmente disdetti in caso di sua accettazione. È altrettanto chiaro che se si dovesse verificare questo scenario, vale a dire la fine della libera circolazione con l’attivazione della clausola ghigliottina, si produrrebbero conseguenze molto pesanti per l’economia e l’occupazione.
tvsvizzera.it: Per la vostra azienda quale sarebbe l’impatto, soprattutto livello di personale?
Piero Marchesi: Noi abbiamo la grande fortuna di poter beneficiare di un’esperienza importante: fino al 2007 la Svizzera gestiva l’immigrazione con contingenti, tetti massimi e preferenza indigena e prima di quell’anno esportava, innovava e attraeva manodopera specializzata di cui aveva bisogno anche dall’estero.
Dunque, chi afferma oggi che non avremo più a disposizione personale qualificato e non avremo più l’accesso al mercato europeo racconta delle falsità perché viene contraddetto dalla storia antecedente alla libera circolazione. Noi non chiediamo niente di più o di meno di quello che era il sistema in vigore prima dell’ALC, che tra l’altro resta in vigore per gli Stati terzi.
Fabio Regazzi: La mia azienda opera prevalentemente sul mercato locale. Storicamente, ancora prima dell’entrata in vigore della libera circolazione, abbiamo sempre avuto una quota – che è rimasta costante negli anni – di lavoratori frontalieri: non per speculare sugli stipendi poiché siamo sottoposti a due contratti collettivi che prevedono minimi salariali. Il problema, per noi e per molte altre aziende, è quello di poter avere a disposizione manodopera qualificata in settori dove sul nostro territorio c’è oggettiva carenza di determinati profili professionali.
tvsvizzera.it: Importanti organizzazioni imprenditoriali, anche vicine all’Udc come l’Usam, si sono schierate contro l’iniziativa. Questo significa che può nuocere alla nostra economia?
Fabio Regazzi: Io constato solo che uno dei leader del partito nazionale, Peter Spuhler, proprietario della Stadler Rail, importante azienda svizzera a livello internazionale, è notoriamente contrario a questa iniziativa – anche se non si espone più di quel tanto per ovvi motivi – proprio perché è consapevole dell’importanza di poter reperire manodopera qualificata per la sua impresa laddove non riesce a reclutarla in Svizzera.
Senza dimenticare quelle che sono le conseguenze indirette, perché è chiaro che se dovessero cadere i Bilaterali questo provocherebbe tutta una serie di problemi alle aziende che esportano, la sua è una di quelle, dal momento che l’Ue adotterebbe misure di ritorsione nei confronti di Berna. Non a caso anche l’Usam, associazione di cui è presidente l’esponente Udc Jean-François Rime, si è schierata in modo inequivocabile contro questa iniziativa.
Piero Marchesi: Evidentemente l’economia preferisce pensare unicamente ai suoi interessi e non si preoccupa invece dei problemi della popolazione che poi però si ripercuotono sulla stessa economia, come dimostra l’esplosione dei costi sociali degli ultimi 13-15 anni. Credo che avere un’immigrazione moderata (che non significa proibire l’immigrazione) e sussidiaria è nell’interesse prima di tutto dei lavoratori e delle imprese svizzere poiché se abbiamo la possibilità di impiegare tutta la manodopera residente avremo meno necessità di andare a prendere persone dall’estero e di conseguenza meno svizzeri a beneficio dell’assistenza e a carico dello Stato sociale.
Ritengo che sia un vantaggio per i cittadini ma anche per l’economia e per questo non mi spiego sinceramente questa presa di posizione dell’economia. Quello che ha detto Peter Spuhler in questi giorni non voglio nemmeno commentarlo, evidentemente dimostra molto egoismo e poca attenzione al nostro paese.
tvsvizzera.it: La libera circolazione ha migliorato le opportunità di occupazione per i residenti, come indicano alcuni studi, o ha penalizzato le persone alla ricerca di un lavoro?
Piero Marchesi: siamo dell’idea che l’ALC sia un problema per il nostro paese e che non abbia assolutamente creato ricchezza. È vero che sono stati creati posti di lavoro ma se prendiamo ad esempio il caso del Ticino constatiamo che in poco più di 10 anni nel terziario sono stati creati 32’000 impieghi che per due terzi sono stati assegnati a frontalieri (e parte dei rimanenti sono andati comunque a cittadini stranieri).
Io non credo che questo sia un modello di sviluppo economico sano e sostenibile per il nostro paese. Ci sono studi che confermano che la libera circolazione ha consentito alle aziende di risparmiare sui salari, attingendo a manodopera estera a basso costo, e questo ha provocato una diminuzione degli investimenti nell’innovazione. Se le imprese possono essere più competitive agendo sui salari viene meno l’esigenza per loro di stare al passo con i tempi. Questo è un ulteriore effetto negativo dell’ALC.
Fabio Regazzi: È evidente che come per ogni medaglia ci sono due facce: non ci sono ovviamente solo vantaggi dalla libera circolazione, anche se questi sono largamente superiori alle controindicazioni. Alcune fasce della nostra popolazione, soprattutto le persone senza particolari qualifiche professionali e di una certa età, sono maggiormente sotto pressione a causa della concorrenza estera.
È anche vero che l’evoluzione della natalità in Svizzera non riesce a garantire in futuro la sostituzione fisiologica della forza lavoro e questa proposta finirebbe per aggravare ulteriormente questa tendenza. In questo senso è centrale l’investimento nella formazione: se vogliamo dare maggiori opportunità di collocamento ai residenti bisogna migliorare ulteriormente il livello della formazione perché abbiamo bisogno di operai qualificati che attualmente sono difficilmente reperibili sul mercato interno. Questo è un elemento decisivo per evitare l’effetto sostituzione della manodopera residente, di cui si parla nell’ambito della libera circolazione
tvsvizzera.it: Con il controllo dell’immigrazione dall’UE migliorerebbe la situazione delle assicurazioni sociali o l’immigrazione serve per consolidare il sistema pensionistico?
Fabio Regazzi: Intanto direi che la manodopera straniera contribuisce in modo importante al finanziamento delle nostre assicurazioni sociali, chi lavora qui non è certo per approfittare dello Stato sociale. In generale percepiscono prestazioni che spettano loro e che hanno contribuito a sussidiare. Poi riconosco che ci sono degli abusi che purtroppo non possiamo evitare del tutto, però la questione va vista nella sua complessità, senza enfatizzare i casi circoscritti di persone che approfittano del nostro sistema previdenziale.
Fabio Regazzi: “È stata denominata iniziativa per un’immigrazione moderata, ma in realtà il suo fine è quello di abolire gli Accordi bilaterali con l’Ue”
Piero Marchesi: È molto miope pensare di risolvere i problemi delle pensioni affidandoci all’aumento della popolazione garantito dall’afflusso di stranieri e soprattutto non corrisponde alla realtà dei fatti. Oggi gli stranieri in Svizzera sono circa il 25% della popolazione ma anche il 60% dei beneficiari dello Stato sociale. Dunque, questo presunto beneficio che produrrebbero gli stranieri nelle casse delle assicurazioni sociali e della previdenza professionale è smentito dalle cifre: ci sono molti stranieri che lavorano e ce ne sono molti di più che sono a carico delle assicurazioni sociali e dell’assistenza.
Uno Stato sovrano deve gestire autonomamente l’immigrazione, senza vietarla ma limitandola allo stretto necessario. Soprattutto in questa fase in cui sta crescendo la pressione sul mercato del lavoro e sulle assicurazioni sociali dai paesi vicini, a causa dell’esplosione della disoccupazione in seguito all’emergenza del Covid-19.
tvsvizzera.it: Si può sopravvivere senza bilaterali?
Piero Marchesi: Va ricordato che non si tratta di sopravvivere senza i Bilaterali ma eventualmente senza il primo pacchetto, vale a dire sette accordi sugli oltre 120 sottoscritti dalla Confederazione. Una piccola parte quindi rispetto a tutto l’impianto di Bilaterali. Inoltre la Svizzera ha accesso al mercato unico non grazie ai Bilaterali ma all’Accordo di libero scambio firmato nel 1972 e questo non è assolutamente in discussione.
Possiamo comunque sopravvivere perché i Bilaterali non hanno creato nel loro complesso maggiore ricchezza. Se è vero, come è dimostrato da alcuni studi, che l’Accordo sull’abolizione degli ostacoli al commercio e quello sul traffico aereo hanno portato dei benefici, in realtà piuttosto ridotti, sul Pil, questi vantaggi sono ampiamente superati dai danni causati con l’immigrazione incontrollata della libera circolazione: svizzeri senza lavoro, costi sociali e pensioni inferiori.
Fabio Regazzi: Si può sopravvivere a quasi tutto ma la domanda è: a quale prezzo? E il prezzo sarebbe molto pesante per cui non credo francamente ne valga la pena. Continuiamo su questa strada, cerchiamo di rafforzare le misure di accompagnamento dove sicuramente si può ancora cercare di ottenere qualche tutela maggiore per il nostro mercato del lavoro, ma non mettiamo a repentaglio la via adottata e più volte confermata dal popolo svizzero.
Link
-economiesuisseCollegamento esterno
-Unione svizzera delle arti e dei mestieri (Usam)Collegamento esterno
-Unione svizzera degli imprenditori (USI)Collegamento esterno
-Associazione svizzera delle industrie di ingegneria meccanica ed elettrica (Swissmem)Collegamento esterno
-Società svizzera degli impresari costruttori (SSIC)Collegamento esterno
-Associazione svizzera dei banchieri (SwissBanking)Collegamento esterno
-la posizione degli iniziativisti (Udc)
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