Via alla campagna per limitare il commercio bellico
I sostenitori dell'iniziativa popolare 'Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico' hanno lanciato giovedì la loro campagna di informazione in vista della votazione del 29 novembre, quando gli svizzeri saranno chiamati alle urne per decidere se porre un limite agli investimenti in armi da parte di istituzioni e fondazioni.
L’iniziativa propone di modificare la Costituzione federale affinché sia vietato alla Banca nazionale svizzera (BNS), alle Casse pensione e alle fondazioni investire in imprese che realizzano oltre il 5% del loro giro d’affari annuo con la fabbricazione di materiale bellico.
Lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), l’iniziativa ha raccolto 104’612 firme.
Per il comitato di sostegno, che ha lanciato ufficialmente giovedì a Berna la propria campagna, dire sì all’iniziativa contro il commercio bellico significa contribuire a forgiare un modo più pacifico e contrastare una delle cause che spingono milioni di persone a fuggire dal loro Paese.
Secondo il Consiglio federale (governo) e il Parlamento, la proposta del GSsE va bocciata poiché limita eccessivamente la libertà di manovra della BNS (che come banca centrale deve perseguire in primis la stabilità dei prezzi e le condizioni affinché l’economia possa svilupparsi) degli istituti previdenziali (chiamati a garantire le rendite) e delle fondazioni. Al contempo, l’iniziativa danneggerebbe il settore finanziario e l’industria elvetica.
I sostenitori dell’iniziativa ritengono per contro che l’export di armi fabbricate in Svizzera eroda la neutralità della Svizzera, sia in contrasto con i suoi principi (e la sua politica estera) volti alla soluzione pacifica dei conflitti e nuoccia, in definitiva, alla credibilità del Paese.
tvsvizzera.it/ATS/ri con RSI (TG del 01.10.2020)
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