L’atteso ritorno di Art Basel
Duecentottantanove gallerie fra le più prestigiose del mondo, venute da 40 diversi Paesi per esporre le opere delle più grandi firme dell'arte moderna: è Art Basel, la grande fiera che ha aperto i battenti al pubblico per un'edizione 2022 in un clima ritenuto favorevole al mercato, dopo due anni segnati dalla pandemia.
Il Covid-19 aveva “relegato” online l’appuntamento del 2020 e rinviato a settembre quello del 2021. Già lo scorso anno si è chiuso con segnali di ripresa. Ora si spera di rinnovare i fasti del passato.
In voga l’arte delle donne
I grandi collezionisti – asiatici in particolare – hanno già messo mano al portafoglio a partire da mercoledì, giornata riservata agli invitati e che ha visto in testa alle classifiche di vendita le donne.
Il plastico “Spider” (“Ragno”) di Louise Bourgeois è stato venduto dalla galleria svizzera Hauser and Wirth per 40 milioni di dollari. La Pace Gallery di New York ha ceduto il disegno “Bergerie” (1961/62) dell’americana Joan Mitchell, scomparsa nel 1992, per 16,5 milioni di dollari. È il triplo del prezzo pagato per la stessa opera da Christie’s nel 2015. Ci sono voluti 3 milioni anche per la “John’s Flag” di Elaine Sturtevant, un prezzo non da poco se si considera che il dipinto della bandiera statunitense in questione è un’imitazione dichiarata del lavoro di Jasper Johns, protagonista della pop art nato nel 1930.
Ma Art Basel propone anche prezzi più abbordabili. L’opera più economica venduta mercoledì è stato il disegno a carboncino e pennello “De-Fossilization Of The Look, Dialogue With Madonna Del Parto”, di Pélagie Gbaguidi, che ha cambiato padrone per 3’000 dollari.
Poca provocaizione e guerra argomento marginale
Poche o quasi nulle le opere provocanti esposte, i messaggi politici sono per lo più limitati alle questioni di genere o alla crescente fiducia in se stessi delle persone di colore. Eccezionale e impressionante in particolare la gigantesca figura di una donna nera dell’artista britannico Thomas J. Price, esposta presso Art Unlimited.
La guerra in corso in Ucraina è un argomento marginale. Viene tematizzata fuori dalle porte della fiera, tra l’altro con una performance dell’artista ucraina Olesya Lesnaya. Martedì alla Kaserne il collettivo femminista russo Pussy Riot, molto critico nei confronti del Cremlino, ha tenuto un concerto punk il cui ricavato è andato a un ospedale pediatrico ucraino.
Forte legame con Basilea
Il direttore di Art Basel Marc Spiegler, aveva ribadito davanti ai media internazionali – nella conferenza stampa di apertura della manifestazione – il legame della fiera con Basilea come sede originaria e principale. L’arrivo della nuova fiera “Paris+ par Art Basel”, a partire da ottobre, aveva fatto ipotizzare a qualcuno la possibile scomparsa dell’evento renano.
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