L’immigrazione al centro della campagna elettorale dell’Unione democratica di centro
In vista delle elezioni federali in programma in ottobre, il partito della destra sovranista ha lanciato un'iniziativa popolare che mira a limitare l'immigrazione e, se necessario, a porre fine alla libera circolazione delle persone con l'UE.
I 310 delegati e delegate dell’Unione democratica di centro (UCD), riuniti sabato a Küssnacht, nel Canton Svitto, hanno sostenuto all’unanimità l'”Iniziativa per la sostenibilità”, denominata anche “No a una Svizzera da 10 milioni!
Come una vasca da bagno in cui nessuno chiude l’acqua
Elaborata dalla sezione zurighese del partito, l’iniziativa prevede che vengano presi provvedimenti se la popolazione residente supera il limite di 9,5 milioni di abitanti. Se verranno superati i 10 milioni prima del 2050, il Governo federale dovrà porre fine agli accordi che, secondo il partito, portano a un aumento della popolazione, come quello per la libera circolazione delle persone con l’UE.
Solo una Svizzera numericamente limitata è sostenibile, ha spiegato il consigliere nazionale zurighese Thomas Matter, giustificando il nome dell’iniziativa.
La Svizzera è sovraffollata come una vasca da bagno in cui nessuno chiude l’acqua, ha detto Matter, aggiungendo che quasi tutti i problemi di cui soffre la Confederazione hanno a che fare con l’immigrazione e che molti elvetici si sentono stranieri nel loro Paese.
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Uno sviluppo demografico sostenibile è necessario per proteggere l’ambiente e l’efficienza delle infrastrutture, delle strutture sanitarie e scolastiche e dei servizi sociali, ha affermato ancora Matter, per il quale la “bella Svizzera” non merita di diventare una “seconda Hong Kong”.
Nel 2022 la Svizzera contava 8,8 milioni di persone residenti in modo permanente, di cui 2,3 con un passaporto straniero. Nell’arco di 20 anni la popolazione è cresciuta di 1,5 milioni di abitanti. Si prevede che molto probabilmente già quest’anno, si supererà la barriera dei 9 milioni.
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Nel mirino anche la politica d’asilo
La decisione dei delegati è stata preceduta da una serie di interventi che hanno criticato l’immigrazione e, soprattutto, la politica di asilo della Svizzera. Il primo discorso è stato tenuto dal presidente del partito Marco Chiesa, il quale ha sostenuto che la maggior parte dei richiedenti l’asilo non sono poveri profughi, bensì “turisti dell’asilo che sfruttano il nostro sistema” e che hanno pagato ai trafficanti migliaia di franchi.
Chiesa non dà la colpa a loro, ma agli altri partiti e alla consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, responsabile da gennaio del Dipartimento di giustizia e polizia, che hanno lasciato che questo “sistema fallito” facesse il suo corso.
“Il nostro Paese è come un pallone che gonfiamo senza fermarci. Prima o poi scoppia”, ha aggiunto il consigliere nazionale vodese Michaël Buffat facendo allusione all’arrivo di 180’000 nuovi abitanti in Svizzera lo scorso anno, di cui 75’000 rifugiati ucraini e 25’000 richiedenti l’asilo.
Ripercussioni negative
Le conseguenze sono costi elevati, “caos” nelle scuole e carenza di alloggi, ha indicato Chiesa, secondo il quale arrivano soprattutto giovani uomini con un “alto potenziale di violenza”. L’integrazione non può avere successo in questo modo, ha proseguito.
A tale riguardo si è espresso anche Buffat, denunciando il fatto che gli stranieri sono sovrarappresentati fra i beneficiari di assicurazioni sociali e nelle prigioni. Parlando delle scuole ha anche sottolineato che, secondo lui, l’integrazione non è più possibile nelle classi in cui gli alunni elvetici sono minoritari.
“Con le leggi attuali, non è possibile tenere sotto controllo l’immigrazione”, ha dichiarato il consigliere nazionale zurighese Gregor Rutz. A suo avviso si tratta soprattutto di persone richiedenti l’asilo che non sono vittime di persecuzioni ma che vogliono approfittare della prosperità, perché sanno che una volta arrivati in Svizzera, possono restare.
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