La settimana in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Questo venerdì è stato l’appuntamento politico più importante dell’anno. Dopo mesi di trattative, Svizzera e UE hanno concluso i negoziati per il terzo pacchetto di accordi bilaterali.
Sempre venerdì, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul tracollo di Credit Suisse ha pubblicato il suo rapporto. A causare il naufragio di quella che era la seconda banca svizzera è stata la malagestione della dirigenza. Le autorità federali non hanno commesso scorrettezze, ma la commissione ha segnalato comunque delle lacune.
Come avrete modo di leggere, la settimana che si è conclusa si è svolta anche all’insegna della solidarietà.
Per quest’anno è tutto. Ritorneremo l’anno prossimo con la nostra rassegna settimanale. Vi auguro buone feste.
Le notizie della settimana
Avviati ufficialmente il 18 marzo scorso, i negoziati tra Svizzera e Unione Europea sono conclusi. La presidente della Confederazione Viola Amherd ha definito il risultato “positivo e vantaggioso” per entrambi i partner, mentre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, giunta a Berna per l’occasione, ha parlato di un accordo “storico”.
Dopo ben 197 riunioni, i cosiddetti accordi bilaterali III sono ormai sul tavolo e dovranno ora ricevere l’avallo del Parlamento svizzero, che se ne occuperà nel 2026, e in seguito verosimilmente dell’elettorato elvetico.
Oltre ad aggiornare gli accordi esistenti, questo nuovo pacchetto disciplina le relazioni future tra Svizzera e UE in altri tre ambiti: elettricità, salute e sicurezza alimentare. Tra i punti più spinosi, quello della libera circolazione, Berna è riuscita a preservare la cosiddetta clausola di salvaguardia, che permette di lottare contro il dumping salariale. La Svizzera si impegna anche a versare un contributo al fondo di coesione di 130 milioni di franchi all’anno per il periodo 2025-2029.
Per il mondo della ricerca è giunta anche una buona notizia: dal primo gennaio 2025, i ricercatori e le ricercatrici svizzero potranno di nuovo accedere ai finanziamenti dei programmi Horizon Europe, Euratom e Digital Europe.
- I dettagli sui dossier regolati dagli Accordi bilaterali IIICollegamento esterno in questo articolo di RSI News.
- Il dossier Collegamento esternodel Consiglio federale.
Nella vicenda che ha portato al tracollo di Credit Suisse, le autorità federali non hanno commesso scorrettezze, ma la FINMA ha dato prova di una certa leggerezza. È la conclusione a cui è giunta la Commissione parlamentare d’inchiesta, che venerdì ha presentato il suo rapporto.
Il naufragio di Credit Suisse è dovuto prima di tutto alla “cattiva gestione” della dirigenza della banca. Grazie al loro intervento, le autorità federali sono riuscite a evitare una crisi più globale. Non sono però esenti da critiche, ha rilevato venerdì la Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI), incaricata di far luce sulle circostanze che hanno portato all’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.
La CPI deplora in particolare gli alleggerimenti in materia di fondi propri accordati dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e critica la legislazione relativa alle banche “too big to fail” (troppo grandi per fallire). Queste norme sono state sviluppate in modo esitante e la circolazione di informazioni tra le autorità non è sempre stata sufficiente.
La CPI ha formulato 20 raccomandazioni per migliorare il quadro normativo, ad esempio inserendo la regolamentazione “too big to fail” all’interno di un quadro internazionale e chiarendo meglio i principi per la cooperazione tra le autorità responsabili della stabilità finanziaria in Svizzera.
- Il servizio Collegamento esternodi RSI News.
- L’approfondimento su tvsvizzera.it.
- Il comunicato stampa Collegamento esternodella CPI.
Questa settimana la popolazione svizzera si è mobilitata per la raccolta fondi organizzata dalla Catena della solidarietà per la sua campagna contro la violenza sui bambini nel mondo.
Le donazioni raccolte finanzieranno progetti sostenuti dalla Catena della solidarietàCollegamento esterno, una fondazione creata dalla Società svizzera di radiotelevisione (SSR), di cui fa parte anche SWI swissinfo.ch, volti a proteggere i bambini e le bambine dalla violenza e dagli abusi.
Alcuni di questi progetti sono portati avanti in Bangladesh, uno dei Paesi con il più alto numero di matrimoni precoci e dove il lavoro minorile è molto diffuso. Il nostro giornalista Giannis Mavris si è recato sul posto e ha scritto diversi articoli.
Ecco la sua conclusione: “Nonostante le difficoltà descritte nei miei reportage, il Bangladesh è un Paese incredibile e si può imparare molto dalla capacità di reagire della sua gente. I progetti che abbiamo visitato – il risultato di una società civile forte – lo dimostrano: le persone trovano sempre il modo di migliorare le loro condizioni di vita”.
- Di seguito i tre reportage del mio collega Giannis Mavris:
- L’istruzione come via d’uscita dal lavoro minorile in Bangladesh
- Criminalità organizzata e matrimoni precoci: l’infanzia è breve nel campo profughi dei Rohingya
- Lotta contro lo sfruttamento sessuale: il bordello di Daulatdia
Un sondaggio mostra che un divieto del cellulare nelle scuole svizzere avrebbe buone possibilità di essere accolto positivamente dalla popolazione.
Praticamente in tutti i Paesi europei il dibattito sui cellulari in classe è acceso da diverso tempo. In alcuni Stati o regioni sono stati introdotti divieti o limitazioni. La Svizzera non fa eccezione, ma in un sistema federalistico come quello elvetico eventuali provvedimenti sono di competenza cantonale. La popolazione sembra in ogni caso convinta che la miglior soluzione sia di vietare gli smartphone in classe. Stando a un sondaggio dell’istituto di ricerca Sotomo, l’82% delle persone intervistate è favorevole a una simile misura. Da sottolineare anche che le persone più giovani, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, sostengono il divieto nella misura del 64%.
Questo ampio consenso è spiegato con la crescente consapevolezza dei rischi legati alle tecnologie digitali, soprattutto per quanto concerne i problemi di dipendenza, di perdita di concentrazione e di disturbo delle interazioni sociali.
Molte persone vorrebbero vietare anche l’app TikTok. Tuttavia, il consenso è leggermente inferiore: il 68% è favorevole a questo provvedimento.
- La notizia su tvsvizzera.it.
La Svizzera insolita
Conoscete la Schnabelgeiss? O l’Huttenwybli? Non avete mai sentito queste parole strane? Allora è giunto il momento di scoprire un’antica tradizione che da secoli si tiene a fine anno a Meiringen e dintorni, nell’Oberland bernese.
L’Ubersitz (attenzione a non pronunciarlo con la Ü!) è diventato un’attrazione per la regione. Le persone sfidano il freddo e la stanchezza per diversi giorni e notti. Perché, nei villaggi dell’Haslital, dal 25 al 30 dicembre, la gente del posto trasforma la notte in giorno al suono di campane e tamburi.
++ Scoprite questa tradizione nel nostro articolo
Foto della settimana
Rimaniamo ancora un po’ nell’Haslital. Per mettere in funzione la nuova diga di Spitallamm è stato necessario svuotare il lago di Oberaarsee. Un’ottima occasione per controllare la valvola da 30 tonnellate (al centro dell’immagine) e l’intera condotta d’acqua che collega il bacino idrico alla centrale elettrica Grimsel 1, passando sotto il lago Grimsel. Nell’inverno 2024-2025, tutti gli impianti che di solito sono sommersi saranno sottoposti a ispezione e riparazione.
La settimana prossima
L’accordo con l’UE continuerà sicuramente ad essere al centro dell’attualità nei prossimi giorni.
Dopo la sessione invernale del Parlamento, la prossima settimana sarà all’insegna delle celebrazioni natalizie.
Tre anniversari sono degni di nota.
Mercoledì 26 dicembre, ricorre il 20° anniversario dello tsunami nel sud-est asiatico. Un terremoto di magnitudo 9,3 aveva scatenato la devastante onda nell’Oceano Indiano, che aveva causato la morte di oltre 230’000 persone in 13 Paesi. Tra le vittime, anche 113 svizzeri e svizzere.
Lo stesso giorno, ma nel 1999, l’uragano Lothar aveva spazzato la Svizzera, facendo 14 vittime. La tempesta aveva abbattuto 14 milioni di metri cubi di alberi, per un danno complessivo stimato in 1,35 miliardi di franchi.
Concludiamo però su note più liete: il 23 dicembre 1934, a Davos, fu inaugurato il primo impianto di risalita al mondo, ciò che segnò un’importante pietra miliare nella storia dello sci. Questa specie di ancora permetteva di trasportare una sola persona alla volta. Già nella prima stagione, lo skilift permise di portare 70’000 persone in cima al pendio. Un monitore di sci ebbe poi una brillante idea: trasformare la staffa, che era in forma di J, con una forma a T, raddoppiando così le capacità.
>> In questo video potete scoprire il primo impianto di risalita creato a Davos.
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