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La sinistra da operaia è diventata universitaria

distribuzione di volantini
Una giovane donna distribuisce volantini all'assemblea generale della FASS, “Lavoratori, studenti e studentesse progressisti”, il 10 luglio 1970 a Zurigo. KEYSTONE

Le e i rappresentanti eletti per i partiti di sinistra elvetica erano appartenenti alla classe lavoratrice in passato. Oggi sono stati sostituiti da accademiche e accademici.  

Non c’è più la sinistra di una volta… Una frase pronunciata sempre più spesso e che ora viene corroborata da uno studio dell’Università di Losanna (UNIL).  

Da 30 anni la sinistra governa le principali città elvetiche, ad eccezione di Lugano, dove la maggioranza appartiene alla Lega dei Ticinesi (destra populista). Questa situazione contrasta con l’egemonia della destra negli esecutivi cantonali (immagino si riferisca ai CdS) e nel Parlamento federale.  

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Lo studio effettuato dall’UNIL ha tracciato l’evoluzione dei profili politici dal 1910 al 2020 a Basilea, Ginevra, Losanna e Zurigo, giungendo alla conclusione che “nella seconda metà del XX secolo si è verificata un’importante trasformazione”. A dirlo è uno degli autori dell’analisi, Baptiste Antoniazza, in un’intervista rilasciata al quotidiano svizzero-francese Le Courrier. “Fino al 1957 la maggioranza dei membri di sinistra nei consigli comunali cittadini erano lavoratori manuali. Dal 1980 questa rappresentanza si è ridotta ad appena l’1% (rispetto al 5% dei partiti di destra). È stata in qualche modo sostituita da esponenti della classe media, principalmente delle professioni sanitarie, sociali, educative e culturali”. 

Così uguali, ma così diversi

“Nel 2020, circa l’80% delle e dei rappresentanti eletti tra le file dei socialisti e dei Verdi aveva una laurea, rispetto al 59% dei partiti di destra”, prosegue il politologo e storico. “Notiamo anche che all’inizio del XX secolo la percentuale di elette/i di sinistra con una professione liberale era molto bassa. Oggi, i profili tendono a essere simili al resto dello spettro politico, anche se ci sono ancora un po’ più professioni liberali a destra (25% rispetto al 34% a destra nel 2020)”. 

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Il volto della sinistra è mutato perché è mutata la società. “I posti di lavoro nelle città sono cambiati, il settore dei servizi si è sviluppato. E negli anni ’70 e ’80 l’ideologia di sinistra si è trasformata, con l’ascesa di nuovi movimenti sociali, pacifisti, femministi o ambientalisti. Gli attivisti si sono uniti ai partiti esistenti e ne hanno fondati altri, tra cui quello ecologista. Questi attivisti e queste attiviste hanno portato sul tavolo nuove questioni, non provengono più dalle classi lavoratrici, hanno un’istruzione universitaria”. 

Si è assistito così a un importante cambiamento dei programmi. “La prima volta che la sinistra ha dominato nelle città è stato tra le due guerre”, spiega l’esperto. “Arrivò al potere in un periodo di crisi economica, con soluzioni keynesiane per la ripresa, con grandi progetti urbani e misure di protezione sociale: l’obiettivo era quello di dare sollievo alle classi lavoratrici durante il difficilissimo periodo degli anni ’30. Fino all’inizio degli anni ’80, i programmi politici della sinistra si sono basati sulla difesa dello Stato sociale e dell’edilizia abitativa”. 

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Poi c’è stato un cambio di passo. “Per tutti gli anni ’80, i partiti della sinistra urbana hanno enfatizzato nuovi temi, tra cui la qualità della vita, lo sviluppo dei trasporti pubblici, la pedonalizzazione delle strade e gli spazi verdi. Questo ha fatto presa sulla classe media salariata ed è stato uno dei motivi del loro successo elettorale negli anni ’90. La sinistra al potere ha ripreso anche vecchi temi della destra, come l’attrattiva economica delle città. Si è anche assistito a una trasformazione del modo in cui vengono condotte le campagne elettorali, con alcuni candidati che sono diventati iper-personalizzati, come nel caso di Yvette JaggiCollegamento esterno a Losanna nel 1989″. 

Riprendersi i favori delle classi popolari

Secondo gli autori e le autrici dello studio i partiti di sinistra potrebbero cercare di riattivare il sostegno delle classi popolari per allargare il loro elettorato. “Se vogliamo proposte pensate per le classi lavoratrici, forse una soluzione sarebbe una migliore rappresentanza di persone provenienti da questi contesti tra candidati e le candidate”, osserva lo specialista.  

“Potrebbero concentrarsi su determinati temi. A tal fine, si potrebbero prevedere liste di candidati che riflettano meglio il profilo sociologico della popolazione. Così come i partiti hanno introdotto quote per il numero di donne nelle loro liste potrebbero considerare l’introduzione di quote per i tipi di professioni esercitate, al fine di avere liste più rappresentative”. 

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“Nella prima metà del XX secolo, la formazione al lavoro politico nei partiti e nei sindacati era più intensa e consentiva alle persone provenienti da contesti operai di scalare i ranghi degli organismi sindacali e di diventare attivi all’interno dei partiti”, continua l’intervistato. “Questo aspetto è gradualmente scomparso dalla cultura della sinistra e i legami tra partiti e sindacati si sono sempre più indeboliti, a favore soprattutto delle associazioni di interesse pubblico: sociali, culturali o di tutela della natura”, conclude Antoniazza. 

Un’evoluzione, insomma, logica, che ha seguito quella della società: la classe operaia, nel corso degli anni, ha visto i suoi numeri ridursi. Da una parte grazie (o a causa) delle evoluzioni tecnologiche che hanno fatto sì che le industrie siano sempre più automatizzate e abbiano sempre meno bisogno dell’intervento umano (le scene di Tempi moderni, uno dei più famosi film di Charlie Chaplin, sono insomma un ricordo sempre più lontano). Dall’altra perché nel corso degli anni l’accesso agli studi superiori si è sempre più democratizzato e persone di tutte le estrazioni sociali hanno potuto accedervi.  

Comunisti col Rolex 

Ed è così che negli ultimi anni è salita alla ribalta quella che i francesi (ma non solo loro) chiamano “la gauche caviar” (trad. “la sinistra caviale”), che in Italia è più nota con la nomenclatura “comunisti col Rolex”. L’espressione italiana è stata ‘coniata’ nel 2017 dai rapper Fedez e J-Ax e da allora entrata nel linguaggio comune. Che siano in italiano, francese, spagnolo o svedese, queste espressioni indicano una cosa ben precisa: “Chi è e, soprattutto, mostra di essere ricco e allo stesso tempo dichiara di essere di sinistra o di essere sensibile ai problemi dei meno abbienti” (definizione di Treccani). 

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Ricchezza e sinistra, insomma, non vanno molto d’accordo. La domanda che ci si pone ora è se bisogna rimanere legati all’idea della sinistra “di un tempo” o se va accettata la sua “versione 2.0”. Anche perché, come detto, la “nuova” sinistra ingloba anche i valori dell’ecologia e ha raccolto successi grazie alle campagne in tutto il globo contro il riscaldamento climatico.  

Cambiano le esigenze dell’elettorato

Prendiamo l’esempio svizzero: alle elezioni federali del 2019, i movimenti ecologisti hanno guadagnato terreno, soprattutto tra l’elettorato giovane, reduce dai “Friday for Future” lanciati dall’allora giovanissima Greta Thunberg. Quattro anni dopo, l’elettorato elvetico, reduce da una pandemia che ha influito in maniera negativa sull’economia del Paese – senza, va detto, metterla completamente in ginocchio come è successo altrove – e che ha assistito, come il resto dell’Europa, all’ondata migratoria, è tornato a voltarsi un po’ più a destra.  

La protezione del clima, insomma, ha perso terreno rispetto a temi più economici (mercato del lavoro, immigrazione, import-export). Temi, questi, cari alla destra che, sempre comunque maggioritaria a livello nazionale, ha riconquistato le posizioni perse.  

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La leader SPD Andrea Nahles solo sul palco in attesa della conferenza stampa.

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La sinistra che in Europa sta scomparendo

Questo contenuto è stato pubblicato al La sinistra sta perdendo terreno in tutta Europa. L’ultimo esempio è la Baviera. Ma in quasi tutti i paesi europei la sinistra ha perso pesantemente.

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Una tendenza che si può osservare anche altrove: l’avanzata populista si è verificata in buona parte dei Paesi dell’UE (Italia, Germania, Ungheria, Polonia, Spagna, Grecia, per citarne solo alcuni), come dimostrano i risultati delle recenti elezioni europeeCollegamento esterno.  

Che, poi, è questo il fulcro della politica: cercare di rispondere – più o meno efficacemente – alle richieste del popolo. O, se vogliamo essere cinici, promettere di essere in grado di rispondere, se eletti, alle richieste del popolo.  

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