L’accordo con l’UE deve essere sottoposto a referendum obbligatorio
Benché i negoziati con l'Ue non siano ancora conclusi, e un eventuale voto popolare ancora lontano, a livello politico si stanno già scaldando i motori su un aspetto che ha una portata politica non indifferente. Lo dimostra il recente lancio di una campagna UDC affinché un'eventuale intesa con Bruxelles venga sottoposta a referendum obbligatorio, un obiettivo che tra l'altro piace ad esponenti di altri partiti.
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Keystone-ATS
Ciò implica la maggioranza del popolo e dei Cantoni, un ostacolo in più per chi propugna un maggior coinvolgimento della Svizzera nelle faccende europee.
Nell’inserto pubblicitario diffuso poco prima della festa nazionale del primo di agosto, si legge nell’edizione online del “Tages- Anzeiger” di oggi, i sette consiglieri agli Stati democentristi chiedono il referendum obbligatorio in difesa “della nostra libertà e della nostra democrazia diretta”. Non manca nemmeno, come consuetudine, un riferimento storico: i tre rappresentanti dei Cantoni primitivi che giurano sul praticello del Rütli in difesa delle loro libertà.
La richiesta della doppia maggioranza non sorprende: il 30 di gennaio scorso, quando le competenti commissioni parlamentari si erano pronunciate a favore dell’avvio di negoziati, l’UDC aveva parlato di “capitolazione vergognosa” e chiesto il voto obbligatorio a doppia maggioranza. L’obiettivo politico è chiaro, stando al quotidiano di Zurigo, dal momento che i piccoli cantoni della Svizzera tedesca, storicamente più guardinghi nei riguardi dell’Europa, potrebbero far naufragare un futuro accordo.
Ad infastidire i “senatori” democentristi è una perizia dell’Ufficio federale di giustizia (UFG) pubblicata nella primavera scorsa, secondo la quale sarebbe sufficiente la maggioranza del popolo. Il “pacchetto di accordi” con Bruxelles non implicherebbe la doppia maggioranza di popolo e cantoni, ossia il referendum obbligatorio.
UDC, ma non solo…
Una conclusione che ha lasciato di stucco il consigliere agli Stati sciaffusano UDC, Hannes Germann, secondo cui la perizia sembra essere stata ordinata da coloro che vogliono a tutti i costi un’intesa con l’Ue. Per Germann, invece, l’intromissione dell’Ue nel sistema elvetico, vedi la ripresa automatica del diritto comunitario, richiede senz’altro la doppia maggioranza, specie alla luce delle conseguenze sui Cantoni.
Un ragionamento quest’ultimo che non lascia indifferenti i “senatori” di altri partiti. Citato dal foglio svizzero tedesco, il presidente del PLR, Thierry Burkart (AG), sostiene che la perizia giuridica non l’ha convinto. La questione, a suoi avviso, andrebbe rivista facendo astrazione dai servizi del consigliere federale Beat Jans (PS, cui l’Ufficio federale di giustizia è sottoposto, n.d.r). A parere del “senatore” argoviese, escludere i cantoni sarebbe un segnale politico di debolezza.
Una questione politica
Anche la collega di partito, la “senatrice” svittese Petra Gössi, secondo cui più che una questine giuridica si tratta di un problema politico, la doppia maggioranza è sensata.
Tra i favorevoli a questa soluzione sentiti dal “Tagi” figura anche una personalità importante della Camera dei Cantoni, ossia il solettese dell’Alleanza del Centro, Pirmin Bischof. A suo parere, il parlamento dovrebbe sottoporre un futuro accordo al referendum obbligatorio, tenuto conto della profonda ingerenza delle regole comunitarie al sistema giuridico svizzero.
Non tutti gli esponenti del Centro la pensano però come il Solettese. La consigliera agli Stati argoviese, Marianne Binder, giudica convincente la perizia giuridica dell’UFG. La Costituzione non lascia a suo avviso alcun margine di manovra. In questo caso decide “la maggioranza semplice delle cittadine e dei cittadini”.
Più sfumata la posizione del “senatore” Andrea Caroni (PLR/AR), che afferma di non avere nulla il contrario alla doppia maggioranza del punto di vista politico. Giuridicamente, però, la Costituzione federale definisce i diritti popolari, non concedendo al parlamento il potere di stabilire referendum a suo piacere.
Che cose dice la Legge
La Costituzione federale regola i diritti popolari agli articoli 140 e 141. Il referendum obbligatorio è previsto per le modifiche della Costituzione e l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva o a comunità sopranazionali. Il referendum facoltativo per i trattati internazionali di durata indeterminata e indenunciabili, che prevedono l’adesione a un’organizzazione internazionale oppure che comprendono disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l’attuazione dei quali è necessaria l’emanazione di leggi federali.
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