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Libera circolazione vitale per il settore sanitario svizzero

Due operatori sanitari in ospedale
Keystone / Peter Klaunzer

Senza la libera circolazione delle persone, il settore sanitario svizzero, che dipende dai lavoratori stranieri, sarebbe messo in ginocchio.

La libera circolazione con l’Unione europea gioca quindi un ruolo centrale per garantire un buon funzionamento del sistema. Lo ha indicato venerdì la Segreteria di Stato dell’economia (Seco) presentando a Berna il suo 17esimo rapporto al riguardo.

La crisi del coronavirus ha mostrato la dipendenza e l’importanza della libera circolazione. Senza tale accordo, circa 34’000 frontalieri che lavorano nel sistema sanitario non avrebbero potuto entrare in Svizzera e garantire le cure mediche necessarie.

Complessivamente, nel 2020, il 22% dei circa 540’000 dipendenti del settore svizzero della sanità provenivano dall’Ue e dall’Associazione europea di libero scambio (Aels).

Specialisti altamente qualificati.

Circa un terzo dei medici generalisti e dei medici specialisti e un quarto dei fisioterapisti, dei dentisti e dei farmacisti provenivano da questi Stati. I cittadini dell’U e dell’Aels erano invece meno ben rappresentati presso gli infermieri e gli assistenti di farmacia e di odontoiatria.

Stranieri colpiti dalla disoccupazione

Sono stati i lavoratori dell’Europa del Sud e dell’Est, spesso attivi nel settore alberghiero e della ristorazione, ad essere i più toccati dall’aumento della disoccupazione. Dal canto loro, i cittadini dell’Europa del Ovest e del Nord hanno potuto generalmente proseguire le loro attività da casa.

Regioni frontaliere

Gli autori del rapporto si sono pure concentrati sull’impiego di manodopera frontaliera. Nel corso degli ultimi dieci anni, secondo la Seco, essa ha fortemente contribuito a rivitalizzare le regioni di confine, che registrano una crescita dell’occupazione maggiore rispetto alle regioni più centrali. Inoltre, nelle zone vicine alle frontiere la disoccupazione tende generalmente a diminuire.

Tuttavia, sono stati rilevati scarti salariali tra i frontalieri e la popolazione residente. Queste differenze rappresentano tra il 5% e il 12% in Ticino e tra il 4% e il 6% nell’Arco giurassiano. Sono più elevate tra le persone attive professionalmente che beneficiano di una formazione di grado terziario rispetto agli altri lavoratori.

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