Passo significativo in Ticino verso l'introduzione del salario minimo che a detta dei promotori potrà garantire condizioni adeguate ai lavoratori e prevenire fenomeni distorsivi come il dumping.
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tvsvizzera/spal con RSI (Quotidiano del 26.11.2019)
La commissione parlamentare della gestione ha infatti trovato, dopo lunghi dibattiti, un’intesa sulla retribuzione minima dei salariati che in futuro sarà tra i 19,75 e i 20,25 franchi all’ora (tra i 17,97 e i 18,42 euro al cambio corrente).
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Il principio è ancorato nella costituzione cantonale dopo che nel giugno 2015 i ticinesi hanno approvato con il 54% dei voti l’iniziativa lanciata dai Verdi denominata “Salviamo il lavoro in Ticino”. Ma all’indomani della votazione popolare, osteggiata dai partiti di centro-destra, sono iniziate infruttuose discussioni.
Il compromesso raggiunto oggi tra i rappresentanti di Verdi, PS, PPD e Lega, innalza di un franco la soluzione avanzata dal governo cantonale e a questo punto, dopo l’avvallo del plenum, la proposta potrebbe entrare in vigore gradualmente dal 2021.
Sul piano politico l’intesa ha fatto emergere tutte le rilevanti difficoltà che sta attraversando il PLR (liberali), partito di maggioranza relativa in Gran Consiglio, che una settimana fa aveva perso per la prima volta il posto occupato da sempre nel Consiglio degli Stati a Berna (senato) e ora è stato marginalizzato in una questione di primo piano a livello cantonale.
Per alcuni partiti il salario minimo non è altro che un regalo ai frontalieri italiani che già oggi premono sul mercato ticinese mentre per i promotori dell’iniziativa la sua introduzione renderà meno concorrenziale la manodopera proveniente dall’estero, che finora era assunta dai datori di lavoro locali principalmente per il suo minore costo.
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