Stabile (al ribasso) l’immigrazione dall’UE
Si è mantenuta stabile l'immigrazione dai paesi dell'Unione Europea (e AELS) l'anno scorso, secondo quanto ha reso noto lunedì la Segreteria di Stato dell'economia (Seco)Collegamento esterno.
Il sedicesimo rapportoCollegamento esterno dell’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone attesta più precisamente un leggero calo, con 30’700 arrivi (31’200 nel 2018), molto al di sotto nella media pluriennale (nel 2013 gli arrivi netti sono stati 68’000, +55%).
Mentre non si intravvedono in un’ottica più generale impatti negativi – seppure con differenze regionali significative – su salari e occupazione dei residenti.
Il servizio del TG:
Si tratta di conclusioni che vengono contestate dagli esponenti dell’Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice) che hanno lanciato l’iniziativa popolare “per un’immigrazione moderata” su cui gli svizzeri voteranno il prossimo 27 settembre e che potrebbe comportare la disdetta dell’accordo sulla libera circolazione con l’UE.
Immigrazione legata al mercato del lavoro
Il documento pubblicato lunedì evidenzia in particolare la stretta correlazione tra immigrazione dall’Europa e mercato del lavoro. Il tasso di occupazione dei cittadini dell’UE nel 2019 era infatti dell’87,7%, contro l’84,6% che si riscontra tra i cittadini elvetici, e il volume di lavoro è generalmente più elevato (in particolare tra le donne immigrate che sono impiegate con percentuali molto maggiori rispetto alle loro colleghe indigene).
Ma c’è un secondo dato che conferma questa tendenza: nel 2019 l’89% degli uomini e l’80% delle donne (tra i 15 e i 64 anni) immigrati in Svizzera dopo giugno 2002 esercitavano un’attività lucrativa.
Dai paesi terzi l’immigrazione – in calo (20’800, -2’700) nel 2019 – è legata invece essenzialmente a motivi di ordine familiare (ricongiungimenti).
Flessibilità e alta specializzazione
Secondo il rapporto, l’Accordo di libera circolazione ha assicurato all’economia elvetica sufficiente flessibilità e un serbatoio di manodopera specializzata non sempre facile da reperire nella Confederazione. E soprattutto, per il direttore della divisione lavoro della Seco Boris Zürcher, non si sono verificati i timori di una sostituzione sistematica di lavoratori residenti in seguito all’adozione delle norme concordate con l’UE. Anzi, l’apporto degli stranieri avrebbe consentito di sfruttare meglio, sempre a giudizio degli estensori, il potenziale dei lavoratori residenti.
In chiaroscuro la questione salari: se le retribuzioni annue sono cresciute mediamente dell’1,1% dal 2002, sono vistose le differenze regionali. In Ticino ad esempio, che ha una quota del 28,5% di frontalieri, l’incremento è stato solo dello 0,8% all’anno (+1,2% nella Svizzera tedesca) e il salario lordo (6’306 franchi) è nettamente al di sotto della media nazionale (7’624 franchi).
Inoltre, il tasso di disoccupazione (ILO) in Ticino e Romandia è più marcato rispetto al resto del paese. Più in generale gli immigrati provenienti dai paesi UE/AELS contribuiscono in modo decisivo a consolidare il sistema pensionistico di base (AVS) ma sono anche la categoria più colpita dalla disoccupazione. Anche se poi però solo il 3,4% degli europei immigrati dopo il 2009 ha beneficiato di prestazioni di assistenza sociale.
Marchesi (Udc): la realtà è ben diversa
“Se la Seco afferma che la libera circolazione abbia prevalentemente aspetti positivi è perché fa parte di quelle entità che combattono a tutti gli effetti ogni strumento per limitare l’immigrazione”, annota in proposito il consigliere nazionale Udc Piero Marchesi, per il quale la libera circolazione viene dipinta “con colori brillanti per nascondere i problemi e le evidenti storture dovute” all’arrivo incontrollato di stranieri nella Confederazione.
A causa della libera circolazione, sottolinea il presidente della sezione ticinese dell’Unione democratica di centro, “in 13 anni 1 milione di stranieri è venuto in Svizzera, in parte perché il mercato del lavoro necessitava di profili specializzati, ma in gran parte sono venute in Svizzera persone di cui l’economia non aveva realmente bisogno”. E questo “ha causato un aumento della disoccupazione, la sostituzione della manodopera locale e ha provocato un abbassamento generale dei salari”.
Queste tendenze, secondo il parlamentare ticinese, non balzano agli occhi in tutta la loro interezza poiché la Seco rileva la disoccupazione con un metodo che non è comparabile con quello adottato dagli Stati membri UE. Ma “negli ultimi anni si è cominciato anche in Svizzera a utilizzare il parametro ILO, strumento impiegato da molti paesi, e da quel momento si è capito che anche nel nostro paese vi sono dei seri problemi”.
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