Messaggi d’odio anche sulle piattaforme commerciali
Finora si riteneva che i contenuti offensivi fossero presenti soprattutto sui social media, invece una ricerca ha scoperto che abbondano anche, ad esempio, su Amazon e tutti.ch.
L’Ufficio federale di statistica (UST) ha appena pubblicato una ricerca sulle discriminazioni, dalla quale emerge che nel 2022 più di una persona su quattro ha ritenuto di essere stata vittima di discriminazione nel corso degli ultimi 5 anni, a causa della nazionalità, della lingua, del sesso. Il contesto di questi episodi di violenza verbale e psicologica resta principalmente l’ambiente di lavoro.
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Un’indagine mirata sulle immagini offensive
I messaggi d’odio, secondo quanto rivela uno studio condotto invece dalla Scuola universitaria professionale dei Grigioni insieme all’Università di Friburgo, su incarico dell’Ufficio federale della comunicazione, sono ampiamente diffusi anche nella comunicazione online e non risparmiano neanche note piattaforme commerciali, come Amazon e tutti.ch. Questa indagine si è concentrata in particolare sui messaggi visivi (e non sui testi).
Un’immagine che inneggia alla violenza, una fotografia offensiva, una caricatura denigratoria possono far male più di 1’000 parole.
Finora si riteneva che i messaggi d’odio fossero soprattutto presenti nei social media. A sorpresa degli stessi ricercatori questi vengono però pubblicati anche sulle piattaforme di vendita per corrispondenza e di annunci basati sugli utenti, come appunto Amazon o tutti.ch.
Occorrono strumenti efficaci di autoregolamentazione
Queste piattaforme hanno un alto tasso di utilizzo, ma – secondo lo studio – sono limitate le possibilità di segnalazione e reclamo. La cosa, come sottolinea Franziska Öhmer-Pedrazzi, responsabile del progetto di ricerca, solleva diversi interrogativi su come proteggere gli utenti.
“Partiamo dal presupposto che la regolamentazione funziona solo se si riesce a coinvolgere il maggior numero possibile di attori. Riteniamo che gli stessi operatori delle piattaforme debbano attivarsi introducendo la moderazione dei contenuti o le opzioni di segnalazione per gli utenti”, spiega alla Radiotelevisione svizzera in lingua italiana RSI .
“Ciò significa che se si è su tali piattaforme e si vedono contenuti offensivi, si dovrebbe essere in grado di segnalare queste informazioni direttamente alla piattaforma senza alcuna complicazione o ostacolo. Se tali misure di autoregolamentazione non sono efficaci – se le piattaforme non forniscono agli utenti tali opzioni- allora il legislatore deve intervenire”.
Finora la posizione assunta dalla Svizzera, osserva la ricercatrice, “è quella di volersi concentrare solo sulle grandi piattaforme di comunicazione. Ma sulla base dei nostri risultati raccomandiamo di prendere in considerazione anche altre piattaforme”.
Le precisazioni di tutti.ch
Tutti.ch, interpellata dalla RSI, ha dichiarato per iscritto di prendere sul serio la questione, ma di non aver ricevuto segnalazioni dagli utenti. “Tuttavia, tutti.ch non è a conoscenza di immagini di odio.
Attualmente su tutti.ch vengono pubblicati 25’000 nuovi annunci al giorno. Prima di essere pubblicati, vengono controllati (utilizzando strumenti specializzati e controlli manuali). Tutti gli annunci online su tutti.ch possono essere segnalati al nostro servizio clienti tramite il link “Segnala annuncio sospetto”.
Questi vengono poi controllati manualmente e cancellati se i sospetti sono confermati. Nei nostri controlli non abbiamo trovato inserzioni con “immagini che incitano all’odio” e nessuna ci è stata segnalata dagli utenti.”
Le piattaforme web coinvolte
Lo studio ha analizzato 86 immagini di odio. Il 27% riguardava X, il 24% Instagram e il 7% Amazon e tutti.ch. Una quota quest’ultima che – secondo tutti.ch – è particolarmente bassa.
“Per questo motivo, – precisa l’editore della piattaforma – al momento non ci sentiamo in dovere di prendere provvedimenti particolari in merito. Tuttavia, terremo ovviamente sotto controllo le immagini che generano odio nelle inserzioni di tutti.ch”.
Analogamente ad altri studi che hanno analizzato il fenomeno, è emerso che l’odio in rete colpisce principalmente le persone in base alla nazionalità, all’etnia e all’orientamento sessuale.
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