Nel 2023 l’inflazione si è mangiata tutti gli aumenti salariali in Svizzera
L'anno scorso le buste paghe dei lavoratori e delle lavoratrici svizzere si sono rimpolpate, ma per il terzo anno di fila buona parte della popolazione si è ritrovata in definitiva con meno soldi in tasca.
Anche se l’inflazione in Svizzera è più contenuta rispetto ad altri Paesi europei, il suo impatto sul potere d’acquisto si può toccare con mano.
L’anno scorso, infatti i salari nominali sono sì cresciuti in media dell’1,7%, un dato che rappresenta il maggior incremento dal 2009, stando alle cifre pubblicate giovedì dall’Ufficio federale di statisticaCollegamento esterno (UST). A causa del rincaro però, attestatosi al 2,1% e dovuto principalmente all’aumento dei prezzi dell’elettricità e del gas nonché degli affitti, i salari reali sono scesi dello 0,4%.
Calo per il terzo anno di fila
È il terzo anno di fila che ciò accade: nel 2022 le retribuzioni reali erano scese addirittura dell’1,9%, una contrazione che non si era mai vista dai tempi della Seconda guerra mondiale (1942: -4,5%). Come si può notare in questo grafico, nel dopoguerra non era mai successo che l’indice del salario reale diminuisse per tre anni di fila.
Reagendo ai dati pubblicati dall’UST, l’Unione sindacale svizzera (USS) ha sottolineato che dopo la nuova perdita di potere d’acquisto subita nel 2023, i salari reali sono ormai scesi a un livello più basso di quello del 2015.
Secondo l’USS, i datori di lavoro hanno negato ai loro dipendenti gli aumenti che avrebbero meritato. In passato le buste paga sono cresciute più o meno in linea con la produttività – l’indice dei salari è aumentato dello 0,9% all’anno tra il 2005 e il 2015 – e anche in seguito i lavoratori e le lavoratrici hanno contribuito in modo significativo alla crescita dell’economia, ma non hanno più ottenuto progressioni retributive. “Oggi gli stipendi dovrebbero essere più alti di circa il 7% in termini reali rispetto al 2015”. Il divario salariale è ormai enorme, ha concluso l’organismo sindacale.
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Quali settori crescono e quali scendono
Le dinamiche salariali variano da un settore all’altro, rileva l’UST.
Nel settore industriale nel suo insieme gli aumenti – pari al 2,1% – hanno compensato il rincaro. Nei rami della metallurgia e della fabbricazione di prodotti di elettronica, ottica e orologi la progressione è stata addirittura del 2,9, rispettivamente del 2,8%. Chi è impiegato nel ramo “Altre attività manifatturiere; riparazione e installazione” ha invece dovuto stringere ulteriormente i cordoni della borsa, poiché i salari nominali sono scesi dello 0,4%.
Nel terziario, la crescita media è stata invece dell’1,6%. Anche qui le differenze sono importanti. Si va da +3,6% nell’amministrazione pubblica a un -0,6% nel ramo “Attività specializzate, scientifiche e tecniche”.
Da notare anche che in media i salari nominali delle donne sono aumentati in media dell’1,8%, mentre quelli degli uomini dell’1,7%.
Quali aumenti nel 2024?
Per l’anno in corso, l’inflazione dovrebbe essere leggermente più bassa rispetto al 2023. Le previsioni vanno da +2,1% dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a +1,5% della Banca cantonale di Zurigo. La Banca nazionale svizzera stima da parte sua che il rincaro sarà dell’1,9%.
Gli aumenti salariali riusciranno questa volta a compensare l’inflazione ed evitare che il valore delle buste paghe si sgonfi per il quarto anno di fila?
In diversi settori, i negoziati salariali condotti nei rami in cui vige un contratto collettivo di lavoro hanno dato esito positivo, con incrementi relativamente consistenti, superiori al 2%. Il personale della Confederazione si è invece visto accordare una compensazione del rincaro dell’1%, a cui si è aggiunta un’indennità di 500 franchi per coloro che hanno salari bassi.
La situazione è invece più difficile nel ramo dell’edilizia. Due settimane fa, il sindacato Unia ha indicato che quasi la metà dei lavoratori e delle lavoratrici in questo settore non ha ricevuto aumenti quest’anno e che il loro salario reale è diminuito di oltre il 2%. L’edilizia – ha sottolineato il sindacato – è stato uno dei pochi rami a non accordare aumenti salariali generali malgrado la crescita dei costi della vita.
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