Nessuna trasparenza sulle importazioni d’oro in Svizzera
Il Tribunale federale svizzero ha respinto la richiesta di una ONG elvetica di fornire dati dettagliati sull'origine dell'oro importato in Svizzera.
La decisione di mercoledì segna una dura battuta d’arresto per chi sostiene i una maggiore trasparenza nel settore dell’oro e una vittoria per le raffinerie che proteggono i loro segreti commerciali.
La Corte suprema elvetica ha stabilito che l’Ufficio federale delle dogane e della sicurezza delle frontiere (UDSC) non è autorizzato a fornire all’ONG Società per i popoli minacciatiCollegamento esterno (SPM), con sede a Berna, informazioni sulle importazioni di oro da parte di società svizzere. La sentenza ha confermato una precedente decisione del Tribunale amministrativo federale (TAF).
“Le informazioni contestate sono coperte dal segreto fiscale imposto dalla legge sull’IVA e sono quindi escluse dal diritto di ottenere informazioni ai sensi della Legge sulla trasparenza (LTras)Collegamento esterno“, ha dichiarato il tribunale in un comunicato stampa pubblicato dopo l’udienza pubblica tenutasi a Losanna.
Christoph Wiedmer, direttore generale dell’ONG che ha presentato la richiesta, ha dichiarato che la decisione dei giudici svizzeri, quattro voti contrari e uno a favore, è stata una delusione, ma non una sorpresa. Non si è detto convinto dall’argomento del segreto fiscale e ha detto che gli interessi economici del settore dell’oro hanno prevalso nonostante i rischi che questo comparto rappresenta per la reputazione della Svizzera.
“È difficile da capire”, ha detto a SWI swissinfo.ch. “È stato invocato il segreto fiscale. Non abbiamo mai chiesto informazioni sul denaro o sui valori di trasferimento. Si trattava solo di conoscere la quantità d’oro e il nome dei commerci… Siamo molto delusi, anche se ce lo aspettavamo perché la pressione da parte di questo settore era molto alta. Non volevano avere alcuna trasparenza”.
L’ONG continuerà a fare pressione direttamente sulle raffinerie svizzere affinché dichiarino la provenienza del loro oro. Inoltre, sosterrà gli sforzi per approvare e rafforzare le leggi sulla due diligence aziendale in Svizzera, che ha subito un duro colpo quando l’iniziativa “Per imprese responsabili”Collegamento esterno è stata respinta alle urne nel 2020.
La SPM fa parte di un gruppo di ONG, esperti e accademici svizzeri che chiedono una maggiore trasparenza nel commercio dell’oro. Fondata nel 1989, la sua missione dichiarata è di difendere i diritti delle popolazioni indigene in tutto il mondo. Tra le altre cause ambientali, l’associazione si è battuta per porre fine all’estrazione illegale dell’oro in Brasile.
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Una lunga battaglia legale
Nel febbraio 2018, la SPM ha chiesto all’UDSC i dati relativi alle importazioni di oro effettuate tra il 2014 e il 2017 da sette società, tra cui due banche. Citando l’interesse pubblico e la Legge federale sul principio di trasparenza dell’amministrazione, ha richiesto di sapere le quantità di oro importate, suddivise per nome dell’esportatore di oro e dell’importatore svizzero.
L’UDSC ha accettato di fornire i dati. Tuttavia, i giganti del settore svizzero della raffinazione dell’oro – Argor-Heraeus, Metalor Technologies, MKS Pamp e Valcambi – hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo federale contro questa decisione invocando il segreto fiscale, il segreto commerciale e la tutela della privacy di terzi.
La SPM, che ha rinunciato a richiedere i dati bancari durante il procedimento, si è appellata al Tribunale federale nel 2022 affinché si pronunciasse sulla questione. Secondo l’ONG, circa il 70% dell’oro estratto nel mondo viene raffinato o commercializzato in Svizzera. Altri stimano che un terzo dell’oro estratto a livello mondiale e la metà dell’oro riciclato siano lavorati o raffinati nella Confederazione.
A San Gallo, i giudici del Tribunale amministrativo federale hanno concluso che i dati richiesti sono stati raccolti per il calcolo dell’IVA. Di conseguenza, rientravano nell’ambito del segreto fiscale. Secondo i documenti della Corte, il fatto che questi dati potessero essere utilizzati per altri scopi era irrilevante. La decisione di Losanna di mercoledì si è allineata a questa logica.
“Questa decisione dimostra quanta strada ci sia ancora da fare per ottenere una maggiore trasparenza nella fornitura di oro alle raffinerie”, ha dichiarato Marc Ummel, responsabile delle materie prime dell’ONG Swissaid. “Tuttavia, è giunto il momento che le raffinerie si assumano la responsabilità delle loro forniture e delle condizioni di estrazione dell’oro, rendendo noti i nomi dei loro fornitori”.
Mark Pieth, autore del libro “Gold Laundering: the Dirty Secrets of the Gold Trade” (trad.: ” Riciclaggio dell’oro: gli sporchi segreti del commercio dell’oro”), concorda affermando che la decisione segna “un vero passo indietro per le raffinerie sulla strada dell’oro sostenibile. Ci sono regioni per cui la trasparenza è essenziale: si pensi al Venezuela, all’oro dell’Amazzonia o a quello dei conflitti (Sudan, Russia)”.
Una serie di scandali
Le modalità di approvvigionamento dell’oro da parte della Svizzera sono state oggetto di una crescente attenzione da parte dei media e dell’opinione pubblica negli ultimi anni.
I danni ambientali associati all’estrazione del prezioso metallo hanno puntato i riflettori sul settore, mentre il mondo lotta per affrontare il cambiamento climatico. Anche il ruolo dell’oro nel finanziare la guerra tra Russia e Ucraina ne ha fatto un argomento scottante.
Il mese scorso il quotidiano svizzero-francese Le TempsCollegamento esterno ha evidenziato le nuove controversie del settore aurifero svizzero. La raffineria ticinese MKS Pamp, ad esempio, si rifornisce di oro dalla miniera di New Liberty in Liberia, collegata all’inquinamento di diversi fiumi con il cianuro.
Non è l’unica raffineria ad essere sotto esame. Nello stesso articolo, l’ONG Azione quaresimale ha criticato Argor-Heraeus, un’altra raffineria elvetica, per essersi rifornita di oro da aree della a Colombia in cui viene sfruttato il lavoro minorile per l’estrazione di questo metallo.
Anche la più grande raffineria svizzera, Valcambi, ha fatto notizia quest’anno. Contrariamente alle sue dichiarazioni, ha continuato a importare oro dal commerciante e raffinatore di metalli preziosi Kaloti dopo il 2019, secondo un’inchiesta dell’emittente pubblica della Svizzera francese RTS. Kaloti, con sede a Dubai, è stata accusata di riciclaggio di denaro e commercio di oro proveniente da aree di conflitto.
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I segreti taciuti della più grande raffineria d’oro della Svizzera
La domanda principale di oro in Svizzera proviene dall’industria orafa e orologiera (circa il 50%). L’oro da investimento e quello detenuto dalle banche centrali costituiscono la maggior parte del resto (circa il 37%). Il rimanente viene usato per dispositivi medici e un’ampia gamma di prodotti elettronici, tra cui computer e telefoni.
Trasparenza contro competitività
La decisione di mercoledì è stata una vittoria per i raffinatori svizzeri. L’ Associazione svizzera dei fabbricanti e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP), che ha recentemente escluso Valcambi dai suoi ranghi a causa di una controversia sulle sue pratiche di approvvigionamento, afferma di essere allineata con l’obiettivo di SPM di rendere la filiera più trasparente e più sostenibile.
“È però sicuramente vero che noi dell’associazione vediamo il termine ‘trasparenza’ in modo un po’ diverso da come lo vede l’ONG”, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch il presidente dell’associazione ed ex CEO di Argor-Heraeus, Christoph Wilder, prima della sessione. L’ASFCMP non è parte in causa.
“Dobbiamo creare la trasparenza in altri modi”, ha affermato. “Dobbiamo garantirla nei confronti di un’autorità che sia accettata da tutte le parti interessate e che possa giudicare l’operato di una raffineria o di un altro protagonista della nostra realtà”.
L’ASFCMP sostiene da diversi anni il rafforzamento del ruolo dell’Ufficio centrale per il controllo dei metalli preziosi come regolatore governativo. “Deve effettuare gli audit ed essere in grado di sanzionare gli operatori che non sono disposti a migliorare”, afferma Wilder. “Ma per farlo, l’Ufficio ha bisogno di mezzi aggiuntivi in termini di personale e strumenti legali”.
La concorrenza in Svizzera, ha osservato, è estremamente elevata, così come quella a livello internazionale. Secondo i raffinatori, quelli dei clienti sono dati sensibili. Schierandosi con i raffinatori svizzeri, il Tribunale federale ha contribuito a proteggere la competitività della Svizzera. “Non possiamo e non vogliamo condividere i dati dei clienti con tutti”, ha sottolineato.
Aria di cambiamento
Altri attori della catena di approvvigionamento, tuttavia, sembrano abbracciare la trasparenza. Le società di estrazione dell’oro – o almeno i 33 membri del World Gold Council –Collegamento esterno hanno riconosciuto la necessità di una maggiore trasparenza nelle loro catene di approvvigionamento. A settembre si sono impegnati ad aderire alla piattaforma Gold Bar IntegrityCollegamento esterno (GBI) e a fornire “dati essenziali” sull’oro destinato ai loro partner di raffinazione.
Marc Ummel, il ricercatore di Swissaid, osserva che sempre più informazioni sulla catena di approvvigionamento dell’industria dell’oro sono ora disponibili pubblicamente. Ciò può avvenire sia attraverso le società minerarie che attraverso gli attori che si trovano alla fine di questa catena, come per esempio le aziende di orologeria e gioielleria.
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“La trasparenza rafforza la responsabilità degli operatori del settore e li incoraggia a prendere le misure necessarie per combattere le violazioni dei diritti umani e i danni ambientali”, ha dichiarato. “Quando si tratta di raffinerie, tuttavia, c’è molta opacità… [usano] l’argomento del segreto commerciale e della concorrenza per tenere per sé i nomi dei loro fornitori, quando in realtà è più una questione di rischio di essere scoperti”.
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