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Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

A tenere banco nell’attualità svizzera continuano a essere le decisioni prese oltreoceano da Donald Trump.  Oggi vedremo come il ministro dell’economia elvetico intende gestire il rischio di un aumento dei dazi e scopriremo le ultime novità legate al taglio dei finanziamenti statunitensi che colpiscono la Ginevra internazionale.

Vedremo poi perché UBS è stata bacchettata dalla Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari. La nostra rassegna stampa si chiude con un segnale di supporto parlamentare nei confronti del servizio pubblico di radiotelevisione.

Buona lettura!

Parmelin
Keystone/EPA/Michael Reynolds

“C’è motivo di preoccupazione, ma bisogna anche mantenere la calma”. Lo ha affermato il ministro dell’economia elvetico, Guy Parmelin, parlando dell’eventualità che l’amministrazione statunitense decida di aumentare i dazi doganali.

Gli Stati Uniti sono il primo Paese di sbocco per le esportazioni elvetiche e un aumento dei dazi potrebbe colpire pesantemente l’industria chimico-farmaceutica o l’orologeria, ad esempio.

Le incognite sono ancora molte, “ed è difficile giocare d’anticipo”, dice in un’intervista a RTS il consigliere federale, il quale sottolinea che – anche se la Svizzera non venisse colpita direttamente – potrebbero esserci delle conseguenze se ad essere toccati fossero importanti partner economici, per esempio la Germania.

La Confederazione sta lavorando per coltivare i suoi contatti a Washington “a tutti i livelli” per difendere i propri interessi, assicura Parmelin. Il ministro sottolinea comunque che la Svizzera continuerà a seguire la strategia adottata finora: diversificare e dare alternative all’economia. Come esempi cita l’intesa raggiunta con l’UE sui bilaterali e i vari accordi di libero scambio recentemente siglati o rinnovati. “Cominceremo anche dei negoziati con la Cina per migliorare l’attuale accordo”, aggiunge.

Ginevra dall'alto
Keystone / Salvatore Di Nolfi

Gli ingranaggi della politica rischiano di rendere vano il tentativo del Cantone di Ginevra di coprire, per i prossimi tre mesi, i salari del personale di diverse ONG con sede nella città di Calvino, colpite dalla sospensione dei finanziamenti statunitensi.

Dopo la decisione di Donald Trump di interrompere l’aiuto estero in attesa di una rivalutazione, le autorità cantonali di Ginevra avevano deciso, la scorsa settimana, di correre in aiuto al personale delle ONG con un credito di 10 milioni di franchi. Non è una decisione totalmente disinteressata, la Ginevra internazionale porta miliardi di franchi all’economia cantonale.

Tuttavia, poiché in Parlamento la misura non è stata approvata con una maggioranza dei due terzi, la legge corrispondente non può entrare in vigore immediatamente.

A ciò si aggiunge un possibile referendum per il quale l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) sta raccogliendo firme. Anche in caso di un “sì” popolare, la misura non potrà entrare in vigore prima di ottobre, decisamente troppo tardi, soprattutto per quello che doveva essere “un segnale rapido e forte”, come aveva affermato la consigliera di Stato Délphine Bachmann.

logo UBS
Keystone / Michael Buholzer

UBS è tra i primi 30 investitori che alimentano i principali produttori di armi atomiche, secondo un rapporto pubblicato a Ginevra dalla Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN).

La banca elvetica, l’unico istituto svizzero nell’elenco, ha iniettato nell’industria delle armi nucleari quasi 2,5 miliardi di dollari in partecipazioni e obbligazioni nel periodo preso in considerazione (gennaio 2022 – agosto 2024), scrive l’ICAN.

Sono in totale 260 le istituzioni che lo scorso anno hanno finanziato aziende che producono armi nucleari. Questa cifra è diminuita di 27 unità in un anno e di oltre 70 dall’entrata in vigore del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari nel 2021.

La Svizzera non ha ancora aderito al Trattato, nonostante una mozione in tal senso approvata dal Parlamento. L’ICAN, distinto con il Premio Nobel per la Pace nel 2017, ha lanciato a luglio un’iniziativa popolare che chiede di compiere questo passo. Quasi la metà degli Stati del mondo ha ratificato l’accordo, lo ha firmato o ha dichiarato che lo farà.

GIornalisti con microfoni
Keystone / Alessandro Della Valle

Secondo la Commissione delle telecomunicazioni del Consiglio degli Stati (CTT-S) non va proposto un controprogetto all’iniziativa popolare che chiede una riduzione del canone radiotelevisivo.

Per 10 voti contro 2, la CTT-S ha respinto il controprogetto indiretto all’iniziativa “200 franchi bastano”, presentato dall’omologa commissione del Consiglio Nazionale. Quest’ultima, lo scorso mese, si era pronunciata con 13 voti contro 12 per una completa esenzione delle aziende dal pagamento del canone.

L’iniziativa, su cui il popolo si pronuncerà probabilmente nel 2026, è stata presentata dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) dall’Unione svizzera delle arti e mestieri e dalla sezione giovanile del Partito liberale radicale (PLR, destra). Chiede di ridurre il canone pagato dalle economie domestiche, attualmente fissato a 335 franchi all’anno, a 200 franchi, e di esentare tutte le aziende dal pagamento.

La decisione odierna è un segnale a favore della Società svizzera di radiotelevisione (SSR, di cui fa parte anche SWI swissinfo.ch). Secondo la CTT-S “un paesaggio mediatico diversificato e una SSR forte e quadrilingue siano essenziali per garantire la vitalità della democrazia e un servizio di base di qualità nel settore giornalistico”.

ombra di una teleferica
Keystone / Cyril Zingaro

Foto del giorno

L’ombra di questa teleferica rappresenta la fine di un semi-isolamento per il villaggio di Sarreyer, nella Val de Bagnes, in Vallese. In luglio, colate detritiche avevano distrutto parte della strada che vi conduceva. La teleferica appena inaugurata, costruita in soli cinque mesi, è un gran sollievo per la popolazione del paesino.

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