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Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Il bollettino di oggi contiene interviste a due personalità elvetiche di spicco delle relazioni internazionali - un ex ambasciatore e un ex presidente - che condividono le loro opinioni sullo sviluppo della democrazia in Europa e in Svizzera.
La notizia principale del giorno, tuttavia, è quella che probabilmente continuerà a far discutere questa settimana: i sospetti di frode all'interno dell'azienda di tecnologia militare RUAG, società di armamenti di proprietà del Governo, e l'annuncio delle dimissioni del capo dell'esercito svizzero e del capo dell'intelligence.
Inoltre, la Svizzera è un Paese di stacanovisti/e? Scopritelo alla fine della rassegna stampa odierna.
Saluti da Berna!
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Dopo i dettagli emersi su uno scandalo di corruzione per svariati milioni di franchi presso RUAG, l’azienda di armamenti di proprietà della Confederazione, il capo dell’Esercito svizzero Thomas Süssli ha rassegnato le sue dimissioni, così come il capo dell’intelligence elvetica Christian Dussey.
Altre cattive notizie per la ministra della Difesa uscente Viola Amherd, che lascerà l’incarico alla fine di marzo. Un ex dirigente avrebbe frodato RUAG attraverso uno schema che prevedeva l’acquisto di materiali e la loro vendita a un valore inferiore a quello di mercato, consentendo all’acquirente di realizzare profitti significativi mentre RUAG subiva perdite. In particolare, la moglie dell’accusato faceva parte del consiglio di amministrazione di una delle società coinvolte.
La televisione pubblica svizzera SRF riferisce che l’impatto finanziario sul Governo potrebbe essere milionario “a doppia cifra”.
La frode non è stata scoperta di recente: un informatore aveva segnalato la questione nel 2019. Tuttavia, l’indagine interna dell’azienda statale all’epoca concluse che tutto era in regola. Ora il Dipartimento federlae della Difesa sta affrontando le aspre critiche del Controllo federale delle finanze e della Commissione di revisione del Consiglio degli Stati per non aver svolto un’adeguata attività di supervisione.
Anche la cultura aziendale della società è sotto accusa. A seguito di un attacco informatico del 2016, il Governo ha separato la divisione armamenti (RUAG) dal settore spaziale (RUAG International). Da allora, l’azienda ha avuto cinque diversi amministratori delegati e tre direttori finanziari.
Il nuovo presidente del consiglio di amministrazione, Jürg Rötheli, sospetta che la presunta frode possa essere sistemica, affermando di non credere che un solo dipendente sia in grado di commettere frodi senza essere scoperto.
Le conseguenze di tali scandali continuano: poco prima di mezzogiorno di oggi, la Neue Zürcher Zeitung (NZZ) ha riferito che il capo dell’esercito Thomas Süssli e il capo dei servizi segreti, Christian Dussey, si dimetteranno.
- I contributi di RSI sullo scandalo RUAGCollegamento esterno e sulle dimissioni di SüssliCollegamento esterno
- Caos in seno all’esercito svizzero, tra scandali e dimissioni eccellenti – L’articolo di tvsvizzera.it
- L’analisi di SWI swissinfo.ch: I sette problemi dell’esercito svizzero
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Dopo le elezioni federali tedesche di questo fine settimana, l’ex ambasciatore svizzero Tim Guldimann (nella foto ) ha parlato con la Neue Zürcher Zeitung (NZZ) delle differenze nelle dinamiche politiche tra Svizzera e Germania e di come Friedrich Merz, il probabile futuro cancelliere, potrebbe nuovamente avvicinare le due nazioni.
“La Svizzera si preoccupa solo di una cosa: la Germania ci ama ancora?”, ha risposto Guldimann alla domanda se le relazioni bilaterali potrebbero migliorare. “Forse Friedrich Merz è un po’ più vicino alla Svizzera e alla sua economia rispetto a Scholz“, ha aggiunto Guldimann, che ha la doppia cittadinanza svizzero-tedesca.
Tuttavia, si è affrettato a sottolineare che la politica non è governata da simpatie personali, ma da interessi nazionali. Guldimann ha osservato che, mentre il ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis ha affermato che “neutralità e solidarietà sono due facce della stessa medaglia”, la guerra in Ucraina ha spostato l’attenzione dell’Europa dalla neutralità alla solidarietà, intensificando la pressione sulla Confederazione per quanto riguarda le sanzioni alla Russia e le esportazioni di armamenti.
- L’intervistaCollegamento esterno completa a Tim Guldimann sulla NZZ
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Dal settembre dello scorso anno, l’ex consigliere federale svizzero Alain Berset (nella foto sopra) ricopre la carica di Segretario generale del Consiglio d’Europa. In un’intervista rilasciata a Le Temps, ha discusso del ruolo del Consiglio e di come la democrazia è colpita in tutto il mondo, anche in Svizzera.
Commentando il vacillante sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina, Berset ha ribadito la fermezza dell’Europa, sottolineando che il ritorno della Russia nelle istituzioni europee rimane improbabile. “Il Consiglio d’Europa non è una spa o un centro benessere. Quando uno Stato membro attacca un altro e non rispetta i suoi obblighi, ci devono essere delle conseguenze. Oggi non possiamo immaginare un ritorno”, ha dichiarato Berset.
Nonostante abbia assunto il suo ruolo da soli sei mesi, Berset si sente profondamente allineato con il mandato del Consiglio. “Democrazia, Stato di diritto e diritti umani: è difficile essere più svizzeri di così“, ha dichiarato.
Quando gli è stato chiesto di parlare delle organizzazioni internazionali a Ginevra che stanno attualmente affrontando delle sfide, Berset ha espresso il suo forte sostegno, menzionando ancora gli stessi valori: “Queste organizzazioni sono fondamentali per proteggere i diritti umani, lo Stato di diritto e la democrazia”.
Ha anche avvertito che la democrazia è in ritirata a livello globale, anche in Svizzera, ma è rimasto chiaro nel suo messaggio: “Senza democrazia, non c’è libertà“
- L’intervistaCollegamento esterno completa ad Alain Berset su Le Temps
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Il Partito socialista (PS) vuole ridurre la settimana lavorativa massima in Svizzera a 38 ore dalle 45 ore attuali, senza ridurre gli stipendi. Ma svizzere e svizzeri sono davvero degli stacanovisti?
Nella Confederazione, la settimana lavorativa contrattuale media per i dipendenti a tempo pieno va dalle 40 alle 45 ore. Tuttavia, queste cifre non tengono conto del lavoro part-time, degli straordinari e delle assenze. Il lavoro a tempo parziale è particolarmente diffuso in Svizzera, riporta 24 Heures.
Rispetto ad altri Paesi, la Confederazione si colloca ai primi posti per quanto riguarda l’orario di lavoro. La settimana lavorativa media a tempo pieno è di 41 ore 43 minuti, mentre nell’Unione Europea è di 38 ore e 5 minuti, con la Finlandia che registra la durata più breve con 36 ore e 29 minuti.
Tuttavia, se si tiene conto della grande forza lavoro part-time della Svizzera, la media scende a 35 ore e 30 minuti, al di sotto di quella europea.
Ma le ore lavorate non raccontano l’intera storia. Anche la produttività svolge un ruolo importante. Secondo un rapporto 2024 della Segreteria di Stato per l’economia (SECO), dal 1970 la Confederazione ha registrato “un’elevata crescita della produttività e dei salari nel contesto europeo”.
Il confronto globale della produttività dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) – misurata in prodotto interno lordo (PIL) per ora lavorata – colloca la Svizzera (85,19 dollari o 76,22 franchi) al di sopra della media dell’UE (67,36 dollari o 60,27 franchi). La Colombia, invece, si colloca nella posizione più bassa (18,31 dollari o 16,38 franchi), mentre l’Irlanda è in cima alla classifica (134,15 dollari o 120,02 franchi).
- La notizia ripresa da RTSCollegamento esterno e 24heuresCollegamento esterno
- Dagli archivi di SWI swissinfo: Quanto si lavora in Svizzera?
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Foto del giorno
Ieri a Zurigo si è tenuta una manifestazione per protestare contro l’invasione russa dell’Ucraina nel terzo anniversario dello scoppio della guerra.
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