Primo caso di variante brasiliana in Svizzera
Gli esperti federali chiedono di non abbassare la guardia mentre le imprese vogliono la revoca delle restrizioni anti-Covid.
Come era ampiamente pronosticato anche in Svizzera ha fatto la sua comparsa la variante brasiliana del coronavirus. Lo ha rivelato Virginie Massery (Ufficio federale della sanità pubblica) nel consueto incontro con i media dal quale sono emerse indicazioni contrastanti.
Se è infatti vero che, sulla scorta dei dati attuali dell’epidemia, in calo rispetto alle scorse settimane, la situazione viene definita incoraggiante – 250 ricoverati nei reparti di cure intense, pari al 36% della dotazione complessiva nel paese e un tasso di riproduzione che si è fissato attorno all’1 – sono state ribadite le preoccupazioni per la diffusione delle cosiddette varianti del virus.
Tutti i dati del Covid-19 in Svizzera nell’articolo di swissinfo.ch
Oltre al primo caso di mutazione brasiliana, di cui non è ancora chiara la provenienza in Svizzera, si contano finora oltre 4’400 contagi dovuti in larga parte alla mutazione britannica (responsabile del 20% del totale delle nuove infezioni) e 69 a quella sudafricana. Secondo i modelli matematici adottati dagli esperti i contagi attribuiti alla variante inglese, che è più infettiva del 50% rispetto al ceppo originale, raddoppiano ogni dieci giorni (mentre si dimezzano ogni quattro settimane i contagi del secondo).
Misure da rafforzare
Per questo motivo il presidente della Task Force Covid-19 del Consiglio federale, Christian Ackermann, raccomanda di mantenere, se non rafforzare, le misure protettive in vigore attualmente, di cui molti stanno chiedendo l’allentamento, per evitare uno scenario analogo a quello che si sta delineando in Portogallo, dove la pandemia sembra ormai fuori controllo dopo le aperture generalizzate decretate durante le feste di fine anno.
I dati sulla mobilità, ha insistito Christian Ackermann, dimostrano che c’è ancora del potenziale di riduzione dei contagi: i 30 km al giorno per persona calcolati a inizio febbraio sono infatti superiori a quelli di marzo-aprile del primo lockdown.
La strategia delle chiusure “ha fallito”
Una prospettiva che viene però contestata dall’Usam, l’associazione mantello delle piccole e medie imprese (Pmi) che poche ore prima aveva chiesto alle autorità elvetiche la revoca dal primo marzo delle misure che stanno penalizzando l’economia, in particolare l’obbligo del telelavoro. La strategia del semi-confinamento portata avanti da Berna ha fallito, ha detto il presidente dell’organizzazione Fabio Regazzi, e per questo motivo occorre porre un termine a tutto questo.
Le attività economiche potrebbero riprendere normalmente, ha proseguito il consigliere nazionale ticinese, con il potenziamento del tracciamento dei contatti e della campagna di vaccinazioni in corso, che per l’Usam dovrebbe concludersi tassativamente entro la fine di giugno.
Per il direttore dell’associazione imprenditoriale Hans-Ulrich Bigler, le decisioni del governo federale non si basano sui dati attuali, stabili e in leggero calo, ma su incerti scenari futuri e in conseguenza di ciò vengono introdotte misure sproporzionate che ricalcano discutibili modelli adottati all’estero. Ma una certa stanchezza sta emergendo anche tra la popolazione, come dimostra il successo di una petizione lanciata proprio in questi giorni su internet.
tvsvizzera/ats/spal con RSI (TG del 9.2.2021)
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