Perché il debito pubblico della Svizzera è così basso?
Anche dopo le misure anti-Covid, costate alla Confederazione circa 40 miliardi di franchi, la Svizzera vanta ancora un livello di indebitamento basso, soprattutto nel confronto internazionale. Le finanze federali sane sono dovute in gran parte a un contenimento della spesa pubblica controllata da un meccanismo chiamato “freno all’indebitamento” plebiscitato dal popolo alle urne nel 2001 ed entrato in vigore esattamente 20 anni fa.
Come ama vantarsi il governo federale, l’economia svizzera è una delle più competitive del mondoCollegamento esterno. Il fulcro dell’economia svizzera, contrariamente ai luoghi comuni, è costituito da piccole e medie imprese. Molte di queste aziende sono orientate alle esportazioni, motivo per cui la Svizzera chiude regolarmente con un avanzo della bilancia commercialeCollegamento esterno.
Grazie a questa situazione favorevole, nel 2022 il PIL elvetico si è attestato a 782,5 miliardi di franchi (Italia: 1’909,2 miliardi di euro) per un PIL pro capite di 88’717 franchi, uno dei più alti al mondoCollegamento esterno (Italia: 30’900 euro, leggermente sotto la media UE).
Inoltre, in confronto ad altri Paesi, la Svizzera ha un basso indebitamento. Alla fine del 2022 la Confederazione aveva un debito pubblico di 120 miliardi di franchi, il tasso d’indebitamento corrisponde al 15,6% del PIL (il rapporto tra indebitamento pubblico e prodotto interno lordo è uno degli indicatori più utilizzati per verificare la solidità finanziaria ed economica di un Paese).
In quanto Stato federale, però, la Svizzera conosce tre livelli di indebitamento pubblico: federale, cantonale e comunale. Per “debito pubblico” secondo i criteri di Maastricht si intende la somma dei debiti dell’amministrazione federale, dei 26 Cantoni e dei 2’136 comuni. A fine 2022 il tasso d’indebitamento era così del 27,6%.
Il debito pubblico italiano, sempre nello stesso periodo, era di 2’762 miliardi di euro, ovvero il 144,6% del PIL. Alto, troppo alto?
“A partire da quale livello il debito pubblico sia da considerarsi troppo elevato – spiega il professor Giovanni Pica, decano della Facoltà di economia all’Università della Svizzera italiana – è un fatto che fa tuttora molto discutere gli economisti. È difficile stabilire una soglia: la sostenibilità del debito dipende dal rapporto tra crescita economica e tassi di interesse. Se la crescita è forte rispetto al tasso al quale ci si indebita, un debito pubblico alto non rappresenta necessariamente un problema”.
Il debito è costituito per circa 83 miliardi di franchi da titoli di debito sul mercato monetario e dei capitali. Il debito lordo comprende anche altri impegni, ad esempio pagamenti non ancora effettuati nei confronti di contribuenti, Cantoni e imprese della Confederazione.
Poiché i titoli emessi sul mercato monetario e dei capitali non sono nominativi e vengono negoziati, nemmeno la Confederazione sa con certezza chi li detiene. Tuttavia, la statistica della Banca nazionale svizzera (BNS) fornisce indizi in merito alla composizione della categoria degli investitori dei prestiti federali: una buona parte è costituita da fondi di investimento e assicurazioni svizzere, il 17 per cento circa è costituito da investitori esteri e la parte restante si divide tra casse pensioni, banche e altri investitori svizzeri. La Confederazione ha quindi perlopiù debiti nei confronti di investitori istituzionali svizzeri.
D’altra parte, gli Stati con debito basso, a eccezione di Russia e Arabia Saudita, non sono necessariamente potenze economiche. Anzi, tutt’altro. Inoltre, Paesi economicamente forti come gli Stati Uniti e la Francia, per esempio, mantengono uno dei più alti rapporti debito-PIL, il che significa che il debito non danneggia necessariamente lo stato dell’economia ed è talvolta necessario per aiutarlo a svilupparlo.
“È vero – chiarisce Giovanni Pica – che alcuni Paesi, diciamo meno sviluppati, hanno un debito pubblico molto basso. Questo non significa che siano autosufficienti o che siano benestanti. Semplicemente non possono indebitarsi – anche se lo volessero – perché il mercato non crede siano poi in grado di ripagare il debito”.
Dal debito elevato a freno all’indebitamento
Ma cosa ha permesso questo basso livello d’indebitamento? Facciamo un passo indietro. Nel corso degli anni ‘90 del secolo scorso, il debito pubblico elvetico è cresciuto notevolmente, passando dal 30,9% del PIL nel 1990 al 52,8% alla fine del 2004. L’anno seguente il debito pubblico svizzero ha raggiunto il suo massimo storico a 130 miliardi di franchi.
Vista la situazione, che la Confederazione giudicava quasi fuori controllo, nel 2001 l’elettorato svizzero ha approvato il decreto federale chiamato “freno all’indebitamento”, un meccanismo di controllo delle finanze federali entrato poi in vigore due anni dopo. Un decennio più tardi i debiti accumulata dalla Confederazione sono stati ridotti di 20 miliardi di franchi.
“In presenza dei tassi bassi degli anni passati, con un indebitamente così basso, indebitarsi maggiormente per affrontare nuovi investimenti sarebbe potuta essere un’opzione interessante per la Svizzera.”
Giovanni Pica, decano facoltà di economia USI Lugano
A fine 2019, dunque alla vigilia della pandemia, il debito lordo della Confederazione ammontava a 96,9 miliardi di franchi, ovvero il 25,8% del PIL. Tre anni dopo, superata la crisi causata dal Covid-19, il debito ha raggiunto i 120 miliardi di franchi e il rapporto tra debito pubblico e PIL è salito al 27,6%.
Non per forza un male, secondo gli economisti che durante la pandemia avevano invitato il Consiglio federale a indebitarsi maggiormente. “Oggi c’è una tendenza molto forte della Confederazione a non volere fare deficit – continua Giovanni Pica – e ciò produce una forte pressione sulla contrazione delle spese allo scopo di non incrementare il debito pubblico. Da un punto di vista economico, non sempre questo atteggiamento è vincente. Quello che posso dire è che in presenza dei tassi bassi degli anni passati, con un indebitamente così basso, indebitarsi maggiormente per affrontare nuovi investimenti avrebbe potuto essere un’opzione interessante per la Svizzera.”
Freno all’indebitamento
Torniamo al freno all’indebitamento e alla sua ripercussione sull’indebitamento della Confederazione. Con il nullaosta dell’85% dei cittadini, è stato introdotto venti anni fa nella Costituzione federale il principio vincolante secondo cui le spese devono essere commisurate alle entrate, ovvero il “freno all’indebitamento” vincola le spese alle entrate. A medio termine, nei periodi di alta congiuntura si devono realizzare delle eccedenze per poter compensare i deficit dei periodi di recessione.
In breve, le uscite ordinarie non possono superare le entrate strutturali, ossia le entrate corrette in funzione della congiuntura. I conti possono essere a volte in positivo e a volte in negativo, ma su più anni devono essere in equilibrio: in tempi difficili sono ammessi disavanzi che devono tuttavia essere compensati mediante le eccedenze realizzate negli anni buoni.
Critiche al freno
Non sono mancate neanche le critiche. Come osserva Bernard Dafflon, professore emerito di finanze pubbliche presso l’Università di Friburgo, quando veniva messo a punto il principio del freno all’indebitamento, il Parlamento ha scelto di utilizzare le eccedenze di bilancio per rimborsare il debito e non per aumentare il limite massimo delle uscite.
Sentito dalla Collega Marie Vuilleumier in piena pandemia a dicembre 2020, Dafflon si rammaricava per questa decisione: se le eccedenze degli anni più floridi fossero state messe da parte, nel periodo difficile della pandemia avrebbero potute essere utilizzate direttamente. “Se lo avessimo alimentato, ora il fondo di compensazione ammonterebbe a circa 20 miliardi di franchi e probabilmente coprirebbe le spese relative alla prima e alla seconda ondata della pandemia”, ha precisato il professore. “Non sarebbe quindi necessario né ricorrere a prestiti, né ammortizzare i nuovi debiti”.
I parametri di Maastricht
Per l’Unione europea, il debito pubblico non dovrebbe superare il 60% del PIL del Paese. Una soglia di sicurezza che numerosi Stati hanno però oltrepassato da tempo. “Nei fatti Maastricht e i suoi parametri – sottolinea Pica – sono un capitolo più che passato. Gli eventi hanno reso questa soglia assolutamente obsoleta considerato anche che la soglia stessa del 60% era arbitraria. Non c’è, e non c’era allora, una teoria che possa dire che superato il 60%, il debito pubblico rappresenti un problema. Se l’economia di un dato Paese è in crescita, i mercati sono fiduciosi che possa ripagare gli interessi del debito”.
“Nei fatti Maastricht e i suoi parametri sono un capitolo più che passato”.
Giovanni Pica, decano facoltà di economia USI Lugano
Grecia e Italia non sono gli unici paesi con un debito pubblico elevato. Altri Stati lo hanno aumentato. La Cina ha immesso importanti liquidità nei progetti infrastrutturali e nelle aziende statali con l’obiettivo di dare un impulso allo sviluppo economico. Il Giappone ha invece contratto una montagna di debiti per stimolare un’economia in perdita di velocità.
“Attenzione però – richiama Giovanni Pica – il debito alto è da maneggiare con attenzione. Come dimostrano Giappone e Italia, questi Paesi possono sostenere un debito pubblico elevato perché i mercati credono nella loro capacità di pagare gli interessi. Però, in caso di un rialzo dei tassi di interesse, come nella congiuntura attuale, la fiducia dei mercati può venire meno. In tal caso, il Paese può trovarsi in difficoltà ed essere costretto a un default parziale o totale”.
Anche senza arrivare a questi estremi, conclude Giovanni Pica “un rialzo dei tassi di interesse costringe a dirottare risorse finanziarie ingenti per pagare gli interessi del debito, togliendo così importanti risorse ad altre voci di spesa dello Stato”.
Cosa che la Svizzera non deve fare. Grazie infatti al freno all’indebitamento, il debito elvetico è costantemente sotto controllo e grazie alla ricchezza prodotto dal Paese con le sole entrate è possibile sostenere le spese senza dovere da un lato ricorrere all’indebitamento e dall’altro limitare i compiti dello Stato.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.