200’000 firme per la fine del lockdown in Svizzera
Ha raccolto oltre 200'000 firme in meno di un mese la petizione online 'Stop lockdown', che chiede la fine delle misure imposte dalle autorità per contenere la pandemia di coronavirus. Lanciata lo scorso 16 gennaio dalla piattaforma Schwiiz Brandaktuell, che riunisce giovani dei partiti borghesi, mette in guardia sulle conseguenze negative del semi-confinamento.
Fatte le dovute distinzioni -stiamo parlando di una raccolta di firme effettuata su Internet e senza certificazione dei Comuni- la petizione conta già il doppio delle sottoscrizioni necessarie per un’iniziativa popolare (richiesta di modificare la Costituzione, 100’000 firme in 18 mesi) e quattro volte quelle di un referendum (richiesta di votare su una legge approvata dal Parlamento, 50’000 firme in 100 giorni).
La petizione, si legge sul sito webCollegamento esterno, invita le autorità a “scongiurare i danni di un continuo lockdown“.
Secondo Schwiiz Brandaktuell, a causa delle misure restrittive e delle chiusure ordinate dal Consiglio federale (governo) sono in aumento i casi di solitudine, depressione, suicidi e violenza domestica.
Inoltre, osservano i promotori della petizione, “decine di migliaia di posti di lavoro e di tirocinio sono già andati persi”, molte piccole e medie aziende rischiano di fallire e interi settori economici come quello alberghiero e della ristorazione, come pure cultura ed eventi, si trovano con le spalle al muro. Questo mentre “ogni ora, a causa del lockdown, il debito dello Stato cresce di 6 milioni di franchi”, si legge nell’argomentario.
Cosa chiede la petizione
La riapertura di bar, ristoranti e strutture ricreative e sportive con piani di protezione adeguati; la riapertura di tutti i negozi “mantenendo le imperative misure igieniche”; il congelamento delle scadenze per iniziative popolari e referendum; l’autorizzazione di eventi con piani di protezione sicuri e approvati; “la protezione dei gruppi a rischio [vaccini e test], secondo le loro esigenze”
L’origine della violenza
Uno dei temi sollevati dagli istanti è oggetto di un servizio del TG della Radiotelevisione svizzera RSI. In questi mesi di pandemia, molte polizie cantonali svizzere hanno registrato un aumento di episodi di violenza tra giovani. Ma non tutti gli osservatori credono che il crescente disagio origini dalle misure anti-Covid, per quanto esse possano limitare la vita di un adolescente o giovane adulto. Per alcuni le radici sono ben più profonde.
Nel servizio, il parere di Dirk Baier -direttore dell’Istituto delinquenza e prevenzione alla Scuola universitaria professionale di scienze applicate di Zurigo ZHAW- e Ilario Lodi, direttore di Pro Juventute Svizzera italiana. Dal filmato emerge inoltre come, in Svizzera, il ruolo dei social network nell’insorgere di risse sia secondario.
tvsvizzera.it/ATS/ri con RSI (TG del 11.02.2021)
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