Bindi: “La forza della mafia è trasformare le vittime in complici”
"È compito degli italiani all'estero aiutare i paesi nel quale si trovano a non negare e non sottovalutare la presenza delle organizzazioni mafiose nel territorio". Sono le parole della presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, giunta in Svizzera nell'ambito del "Progetto legalità". Invitati anche due attori che per lavoro hanno affrontato questo tema.
La criminalità organizzata italiana è presente in Svizzera da anni. Fu ancora Giovanni Falcone negli anni ’80 a mettere in guardia l’allora procuratore elvetico Paolo Bernasconi sul fatto che dopo i soldi della mafia sarebbero arrivati i mafiosi. La condanna, lo scorso dicembre, di Franco Longo, residente nel comune ticinese di Vacallo e soprannominato “il banchiere della ‘ndrangheta“, è solo uno degli esempi che hanno dimostrato che quanto prediceva Falcone si è avverato.
La presa di coscienza più incisiva sul fenomeno, a livello mediatico e politico, è storia molto più recente, da quando nel 2014 fu dimostrata la presenza radicata di una cosca della ‘ndrangheta a Frauenfeld, nel canton Turgovia.
All’inizio di quest’anno dopo la notizia dei 169 arresti avvenuti in Italia e Germania nell’ambito dell’operazione dei Carabinieri denominata “Stige”, gli articoli sul tema si sono moltiplicati. In particolare, un’intercettazione di un membro della ‘ndrangheta che parlava di locali “già nostri o in società” in Svizzera ha fatto scorrere molto inchiostro.
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Una parte della comunità italiana nella Confederazione, tuttavia, si è già mossa. I comitati degli italiani all’estero (Comites) dei cantoni di Berna, Neuchâtel, Basilea e Zurigo hanno lanciato il “Progetto legalità”, volto a sensibilizzare sul tema della criminalità organizzata.
Altri sviluppi
Italia non vuol dire mafia, ma anti-mafia
Questo progetto si rivolge in modo particolare agli allievi delle scuole, ma prevede anche conferenze aperte a tutti. Una delle ultime persone intervenute, in marzo, è la presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi.
Alla Casa d’Italia di Berna, Bindi ha parlato a un folto gruppo di espatriati italiani per sottolineare quanto sia importante che la comunità italiana nel mondo “aiuti i paesi nel quale si trovano a non negare e non sottovalutare la presenza delle organizzazioni mafiose nel territorio”.
Nell’ambito della sua funzione di presidente della commissione antimafia le era capitato di parlare ad esempio a Genova dove alcuni le hanno detto: “Ma venite a portarci la mafia?”. “No”, è stata la risposta di Bindi, “veniamo a dirvi che c’è. E che se non volete che faccia danni enormi all’economia, alla democrazia, alla dignità della nostra vita dovete denunciare questo fatto. Tutta la classe dirigente deve avere la consapevolezza che c’è un pericolo tra di noi che dobbiamo neutralizzare. E questo lavoro va fatto anche qui in Svizzera”.
Secondo lei, la lotta alle mafie passa da tre tappe fondamentali. La prima è non negare che esistono, la seconda è capire chi sono, la terza è darsi gli strumenti per combatterle.
Riciclaggio
Sia Rosy Bindi che Antonio de Bernardo, sostituto procuratore della divisione distrettuale antimafia di Catanzaro (interpellato dalla Radiotelevisione svizzera RSICollegamento esterno), hanno sottolineato come in Svizzera grazie alle norme anti-riciclaggio e all’abolizione del segreto bancario si siano fatti passi in avanti.
“Oggi le mafie si servono più del Regno Unito che ha una legge antiriciclaggio praticamente inesistente”, osserva Bindi.
Questo non vuol dire che la Svizzera sia al riparo dal fenomeno. In un’intervista al Corriere del TicinoCollegamento esterno l’ex procuratore pubblico Paolo Bernasconi, pioniere delle norme anti-riciclaggio in Svizzera, si è dimostrato piuttosto pessimista.
“Non conosco un solo caso importante di criminalità economica e riciclaggio in cui non ci fossero delle società di sede offshore. Costituite dove? Anche in Ticino. Anche a Lugano. A centinaia, come a Vaduz, Londra, Miami. Da chi? Da fiduciari e avvocati. Ancora adesso, ancora recentemente. Perché? Perché a Lugano e a Chiasso c’è ancora il ventre molle. Una zona grigia di connivenza che permane. Una zona grigia in cui c’è la disponibilità anche per il crimine organizzato di infilarsi”, ha detto.
Vittime trasformate in complici
La forza della criminalità organizzata è proprio quella di sfruttare le debolezze legislative di uno Stato a proprio vantaggio.
“L’Italia ha sconfitto il terrorismo rosso e nero”, ha detto Bindi ai presenti alla Casa d’Italia di Berna. “Ci hanno insanguinato per anni ci hanno privato delle migliori risorse ma li abbiamo sconfitti. Perché la mafia è così difficile da combattere? Perché il terrorismo si oppone allo Stato, la mafia no. Cercano di piegarti a stabilire un rapporto di complicità con utilità reciproca. Il meccanismo diabolico è questo. La loro forza sta nel far diventare le vittime loro complici”.
Un’utilità che reciproca che ogni tanto si trasforma addirittura in consenso popolare nei periodi di crisi economica come quello attuale. L’enorme disponibilità economica derivante da attività illecite di cui dispone la malavita rende più facili le loro infiltrazioni in ogni settore (edilizia, ristorazione, politica, mercato di armi e mercato dell’arte, …) e capita che chi si ritrova in difficoltà economiche vada addirittura a cercare aiuto dalla malavita.
Eroi?
A fare le spese delle attività malavitose sono coloro che vogliono svolgere le loro attività in modo legale. Allo stesso tempo è “facendo bene il proprio mestiere, facendo il normale dovere del cittadino, che si combattono le mafie”, ha detto Bindi. “Un commercialista che non si presta a fare società di comodo per fare fatture false è un cattivo commercialista? No. È un commercialista. Chi le fa è un commercialista paramafioso, l’altro non è un eroe. È un commercialista”.
La promozione di una mentalità dove la mafia non possa attecchire è proprio il principio del progetto legalità promosso dai Comites in Svizzera, paese dove la politica e l’opinione pubblica fatica ancora a riconoscere il fenomeno mafioso come un problema presente e diffuso.
Diventa quindi importante parlarne, soprattutto nelle scuole. Per farlo, nell’ambito del progetto legalità sono stati recentemente invitati in Svizzera anche due giovani attori: la calabrese Ada Roncone, che ha presentato un monologo proprio sul tema della mafia, e Alessandro Piavani, che recita nella serie televisiva “La mafia uccide solo d’estate”.
I due fanno parte della compagnia teatrale “Passikó òrkestra” con cui attualmente portano in scena lo spettacolo “E vissero tutti”. Abbiamo chiesto loro se c’è un modo giusto e uno sbagliato di parlare di criminalità organizzata.
Modifiche legislative
Il ministero pubblico elvetico è ben cosciente della presenza sul territorio di organizzazioni criminali e ha richiesto leggi più efficaci per contrastare le infiltrazioni. Finora, le inchieste che hanno portato all’arresto di membri di una cosca mafiosa in Svizzera sono state avviate quasi esclusivamente su impulso della magistratura italiana.
Nel 2015 il parlamento elvetico ha incaricato il governo di elaborare una modifica di legge dell’articolo 260ter del codice penaleCollegamento esterno che riguarda proprio il reato di partecipazione a un’organizzazione criminale. Il campo di applicazione di questa norma è infatti molto ristretto, un aspetto ammesso anche dal governo. Inoltre la pena prevista (massimo cinque anni di carcere o una pena pecuniaria) è considerata troppo blanda dalla procura.
Attualmente, per dimostrare l’appartenenza a un’organizzazione criminale bisogna provare il fine criminoso dell’associazione. Cosa difficile se non si hanno le prove di un reato concreto, come ad esempio il traffico di stupefacenti. E quando le prove di questo crimine ci sono, il reato di appartenenza a un’associazione criminale viene a cadere per il principio di sussidiarietà, ha recentemente spiegato alla Radiotelevisione svizzera italiana (RSI) il procuratore federale Sergio Mastroianni, responsabile per la lotta al crimine organizzato.
La proposta governativa di modifica legislativa dovrebbe essere presentata entro la fine del prossimo anno.
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