Quando la pubblicità inganna la popolazione la cita in giudizio
La pubblicità inquina. Questo il messaggio di un anonimo utente che ha vandalizzato una pubblicità.
Keystone / Salvatore Di Nolfi
Un numero record di reclami è stato inoltrato nel 2024 alla Commissione svizzera per la lealtà (CSL), organo di autocontrollo del settore pubblicitario. Le procedure sono state 221, di cui circa 100 contro un solo manifesto, ritenuto sessista.
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Keystone-ATS
Già nel 2023, ricorda in una nota odierna la CSL, si era registrato un nuovo primato con 124 reclami pervenuti. La media pluriennale si aggira sul centinaio all’anno, viene precisato.
Tuttavia, il numero di procedure è sulla falsariga del 2023 se si esclude l’ondata di proteste – di cui 70 in un solo giorno – legate al citato manifesto pubblicitario di un gestore di bordelli, accusato di “sessismo”. I reclami saranno trattati nella prima metà del 2025, indica l’organo nel comunicato.
Per quanto riguarda i vari settori, quello che comprende tempo libero, turismo, alberghiero e ristorazione ha registrato il maggior numero di reclami, con una quota del 12,3%. Seguono, a pari merito al 10,9%, quelli alimentari/bevande e servizi/amministrazione. In quest’ultimo campo, così come in quello commercio/industria, si è osservato l’incremento maggiore delle segnalazioni.
L’accusa più frequente (quasi il 40% dei casi) è di inganno, ossia quando una comunicazione commerciale è ritenuta non corretta e fuorviante. In tale categoria rientra ad esempio il “greenwashing”, vale a dire l’ambientalismo di facciata.
Chiunque è autorizzato a presentare un reclamo alla CSL qualora consideri sleale, per svariate ragioni, una pubblicità. Nel 2024, più della metà (il 52,8%) dei protesti sono stati accolti al termine della procedura.
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