Raddoppiare il miliardo di coesione in favore dell’Ue
Raddoppiare il miliardo di franchi per la coesione Ue per partecipare a pieno titolo ai programmi europei ‘Horizon Europe’ e ‘Erasmus plus’. Questa la richiesta avanzata dalla Commissione della politica estera del Consiglio nazionale.
I rapporti tra Svizzera e Ue sono tesi dopo che la Confederazione, unilateralmente, ha interrotto a fine maggio i negoziati per un accordo istituzionale con l’Unione europea. L’obiettivo di questo accordo era di rendere omogeneo il quadro giuridico per la partecipazione della Svizzera al mercato unico dell’UE e di stabilire un meccanismo per risolvere eventuali vertenze.
Nel frattempo, a settembre, l’Ue ha nominato il vicepresidente della Commissione europea, lo slovacco Maros Sefcovic, quale referente per i rapporti tra Ue e Svizzera. Al momento di questa ‘nomina’, Sefcovic è stato subito chiaro: “Il contributo di Berna al fondo di coesione dell’Est europeo è la questione principale che deve essere chiarita prima che ‘qualcosa’ possa andare avanti. La nostra porta è sempre aperta – ha aggiunto Sefcovic – ma la palla è nel campo della Svizzera, che deve mostrare una volontà chiara”. In breve, Berna deve pagare il miliardo di coesione.
Contributo per la coesione Ue
Di cosa si tratta? La Svizzera partecipa a diversi progetti per ridurre le disparità economiche e sociali nell’Unione europea allargata e decide in maniera autonoma o di comune accordo con i Paesi partner quali progetti sostenere. Il contributo, teoricamente, non è direttamente connesso ad altri dossier dell’Ue.
Il 26 novembre 2006 la legge federale sulla cooperazione con gli Stati dell’Europa dell’Est, ovvero la base legale per il miliardo di coesione a favore dell’Ue, è stata accettata dal 53.4% della popolazione.
Un primo contributo di un miliardo di franchi era stato stanziato in favore dei dieci Stati che hanno aderito all’Ue nel 2004. L’aiuto finanziario all’allargamento aveva l’obiettivo di contribuire a ridurre le disparità economiche e sociali all’interno dell’Ue. Da qui il nome di fondo di coesione.
Secondo la Confederazione, questo contributo permette alla Svizzera di consolidare non solo i rapporti bilaterali con gli Stati membri ma anche con l’UeCollegamento esterno nel suo insieme e fa parte della politica europea della Confederazione e rafforza l’immagine della Svizzera a livello internazionale.
Dopo questo primo miliardo, il Parlamento elvetico, nel dicembre del 2019, durante i negoziati per l’accordo istituzionale con l’Ue, aveva approvato un secondo miliardo a favore della coesione Ue. Un contributo però tenuto in ostaggio dal Parlamento per diversi mesi a causa della tensione crescente tra Svizzera e Unione europea. In particolare, la maggioranza del Parlamento aveva condizionato il versamento della somma all’abolizione delle misure discriminatorie imposte dall’Ue, come il mancato riconoscimento dell’equivalenza borsistica. Un provvedimento, quello dell’Ue, preso per accelerare la finalizzazione dell’accordo istituzionale tra Berna e Bruxelles. Un cortocircuito.
Dopo che la Confederazione ha rinunciato alla firma dell’accordo istituzionale, il Consiglio federale ha voluto togliere tutte le condizioni per sbloccare il contributo all’Ue. Così è stato. A fine settembre il Parlamento ha quindi deciso di versare all’Ue 1.3 miliardi di franchi, spalmati su dieci anni. Si è trattato soprattutto di fare un gesto di distensione verso l’Ue.
Grazie a questa decisione, i rapporti con Bruxelles sono leggermente migliorati. Meno di due settimane fa Ignazio Cassis, capo della diplomazia elvetica ha così incontrato per la prima volta Maros Sefcovic. Un incontro teso innanzitutto a ristabilire un clima di fiducia. Al termine dell’incontro i due politici hanno concordato di presentare un bilancio provvisorio dei rapporti tra Svizzera e Ue nel gennaio 2022 al WEF di Davos. E Sefcovic è stato ancora una volta molto chiaro: l’Ue si aspetta un “forte segnale politico” dalla Svizzera.
Segnale forte
E uno di questi segnali appunto potrebbe essere un terzo miliardo a favore della coesione Ue, come proposto dalla Commissione della politica estera del Consiglio nazionale, o meglio detto, raddoppiare il miliardo di coesione recentemente votato dal Parlamento. Una mozione in tal senso è stata approvata lunedì in serata a Berna.
In base alla mozione, il credito quadro già approvato dovrebbe essere aumentato a due miliardi di franchi svizzeri “se gli accordi di associazione tra la Svizzera e l’Unione europea per la partecipazione agli attuali programmi dell’UE” saranno firmati entro il 30 giugno 2022. Un raddoppio del contributo legato a una precisa condizione: si tratta in pratica di un tentativo di salvare la partecipazione elvetica a programmi come “Horizon Europe” ed “Erasmus plusCollegamento esterno“.
I timori degli atenei elvetici
Al momento della rottura dei negoziati a maggio, le università e politecnici svizzeri avevano infatti espresso tutte le loro preoccupazioni per le conseguenze dell’abbandono delle trattative con l’Unione europea. Già allora gli atenei elvetici aveva ipotizzato il fatto che le alte scuole elvetiche sarebbero state escluse dai programmi di ricerca europei.
Timori assolutamente fondati. L’Ue ha infatti immediatamente deciso di considerare la Svizzera come paese terzo, non associato al programma europeo ‘Horizon EuropeCollegamento esterno’, fino a nuovo ordine. Per i ricercatori elvetici ciò significa un accesso solo parziale a una parte del programma; in particolare è ostacolato l’ottenimento di finanziamenti per determinati importanti progetti, ma soprattutto viene a mancare agli atenei elvetici il decisivo confronto con i progetti europei. Ciò significa che la piazza elvetica rischia di diventare meno competitiva e meno attrattiva per i ricercatori di punta europei.
A questo proposito Astrid Epiney, rettrice dell’Università di Friburgo e vicepresidente dell’organizzazione SwissuniversitiesCollegamento esterno, aveva aggiunto che non basterà neppure il versamento del miliardo di coesione per fare cambiare idea a Bruxelles per quanto concerne le università svizzere.
Ora con il raddoppio del contributo, il mondo politico elvetico spera che l’Ue possa fare un passo indietro. Secondo le intenzioni della Commissione della politica estera del Consiglio nazionale, con un contributo di coesione raddoppiato, il Consiglio federale dovrebbe “ottenere uno strumento di negoziazione per dare un segnale politico forte”.
Il raddoppio del contributo, semmai ci sarà, deve naturalmente essere deciso dai due rami del Parlamento elvetico.
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