Il mondo accademico e scientifico elvetico deve molto ai ricercatori italiani, particolarmente attivi e numerosi nelle università e nei laboratori della Confederazione. All’inizio del 2017 è nata l’Associazione ricercatori italiani in Svizzera. Abbiamo incontrato a Ginevra la sua presidente, la professoressa Federica Rossi, secondo la quale parlare di “fuga di cervelli” non è del tutto corretto.
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Giornalista ticinese attivo presso la redazione di tvsvizzera.it. Nonostante il master in studi asiatici conseguito a Ginevra e le competenze di lingua giapponese superiori alla media della popolazione svizzera, lavora a Berna, scrivendo in italiano. Iniziali: Zz
Scienziati e matematici, ma anche sociologi o chi si occupa di storia, letteratura, storia delle religioni e didattica: i ricercatori italiani nella Confederazione sono più di 400. È una comunità molto attiva in seno alla quale si è sentito recentemente “il bisogno di riunirsi, di coagularsi attorno a un concetto comune”. Sono queste le parole della professoressa Federica Rossi, ora presidente dell’Associazione ricercatori italiani in Svizzera, creatasi all’inizio di quest’anno con sede a Ginevra.
Un’associazione di cervelli in fuga? È vero che, se confrontata con quella elvetica, la situazione accademica in Italia appare piuttosto “bloccata”. Tuttavia, secondo l’esperta di didattica dell’italiano il ricercatore è “un imprenditore di se stesso”, che deve cercare un luogo dove meglio costruire un futuro professionale e la cui presenza in Svizzera non rappresenta una mera “fuga”.
Accanto alla ricerca di opportunità migliori vi è infatti spesso il desiderio di creare un ponte con l’Italia, con la quale si possono instaurare nuovi contatti e progetti, creando un positivo scambio di conoscenze. Questo risulta anche più semplice con la Svizzera, a causa della sua vicinanza geografica e culturale.
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