Ricostruire l’Ucraina con beni sequestrati alla Federazione russa, gli Stati dicono “sì”
La maggioranza della Camera dei Cantoni ha accolto cinque mozioni del Consiglio nazionale che chiedono che i patrimoni sequestrati a organi statali russi, dovrebbero poter essere usati per la ricostruzione dell'Ucraina.
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tvsvizzera.it/mrj con Keystone-ATS
I patrimoni riconducibili allo Stato russo dovrebbero poter essere sequestrati per servire alla ricostruzione dell’Ucraina. A tale riguardo, la Svizzera dovrebbe dare il proprio contributo affinché vengano elaborate a livello internazionali le basi legali che consentano un simile passo. È quanto chiedono cinque mozioni della Camera del popolo, approvate giovedì anche dai Cantoni per 21 voti a 19 e 3 astensioni.
Attualmente, secondo informazioni fornite dalla SECO lo scorso novembre alla Radiotelevisione della Svizzera francese RTS, il totale delle riserve e degli attivi della Banca Centrale della Federazione russa dichiarati in Svizzera ammonta a circa 7,4 miliardi di franchi.
La Banca mondiale stima che i danni causati alle infrastrutture ucraine ammontino a circa 2’000 miliardi di dollari. Raccogliere i fondi necessari per la ricostruzione del Paese – la Svizzera sta partecipando al lavoro di coordinamento – sarà un compito di portata enorme per la comunità internazionale.
Secondo i promotori delle mozioni, il legame tra i patrimoni sequestrati e Cremlino è evidente e sarebbe quindi più che naturale versare questi fondi all’Ucraina a titolo di risarcimento.
La spinosa questione del diritto internazionale
Dal punto di vista del diritto internazionale, però, le mozioni sollevano una serie di questioni spinose, come per esempio quella del sapere se i beni della banca centrale di uno Stato che conduce una guerra di aggressione contraria al diritto internazionale siano ancora protetti nella loro interezza dal principio dell’immunità dello Stato, o se siano previste delle deroghe, ha fatto notare a nome della commissione il democentrista di Svitto Pirmin Schwander.
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Altri oratori hanno argomentato che un simile incarico al Consiglio federale danneggerebbe la reputazione della Svizzera quale stato neutrale, in particolare ora che il Paese è impegnato nell’organizzazione di una conferenza di pace per trovare una soluzione al conflitto tra Kiev e Mosca.
Un segnale forte
“Seppur a malincuore, sono per la bocciatura delle mozioni dal momento che l’attuale situazione protegge soprattutto i piccoli Stati dall’arbitrio di quelli più potenti”, ha dichiarato dal canto suo il socialista zurighese Daniel Jositsch. “A livello internazionale, non vi è per esempio unanimità di vedute sul principio di ‘aggressione’. In futuro, potremmo essere noi, come Stato, a essere chiamati a fornire dei risarcimenti”.
Altri oratori hanno replicato che si tratta di inviare un segnale politico a favore dell’Ucraina e del rispetto del diritto internazionale che vieta la guerra di aggressione. Il Consiglio federale, hanno detto, va sostenuto nei suoi sforzi per cercare una soluzione per i patrimoni dello Stato russo: non è possibile che siano i contribuenti svizzeri a dover pagare per i danni causati da altri.
Il Consiglio federale, per bocca del direttore del Dipartimento federale degli affari esteri Ignazio Cassis, si è detto dal canto suo favorevole alle mozioni. Le discussioni sull’istituzione di un registro dei danni subiti dall’Ucraina a causa dell’aggressione russa e di un meccanismo di compensazione internazionale sono attualmente in corso a livello internazionale, ha spiegato il ticinese, aggiungendo che la Svizzera segue da vicino questi lavori. “Oggi si tratta di inviare un segnale politico importante per la Svizzera e la nostra politica estera. La Confederazione, ha comunque rassicurato Cassis, si muove con prudenza in questo campo delicato.
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