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Sì definitivo del Parlamento per il miliardo a favore dell’Ue

Due donne stanno cucendo le bandiere dell Ue e della Svizzera.
Berna intende mostrare a Bruxelles che la Svizzera è un partner affidabile che intende contribuire in modo costruttivo al buon funzionamento di questo partenariato. © Keystone / Gaetan Bally

Ora è definitivo. La Svizzera verserà nel fondo di coesione dell'Ue il secondo miliardo di euro. Il Consiglio nazionale ha infatti dato giovedì in serata, dopo gli Stati (30 voti a 9), il proprio benestare (131 voti a 55) senza condizioni al versamento del contributo volontario all'Ue.

Tale somma, in realtà 1,3 miliardi spalmati su dieci anni destinati a progetti di sviluppo accompagnati da Berna, è destinata ai Paesi dell’Est e a quegli Stati alla prese con forti ondate migratorie. Col “sì” di giovedì si tratta del secondo contributo elvetico al fondo destinato a colmare le disparità economiche in seno all’Ue.

Per la maggioranza si tratta di fare un gesto di distensione verso l’Ue per migliorare le relazioni tra Berna e Bruxelles, incrinatesi pericolosamente in seguito al rifiuto della Confederazione di firmare l’accordo istituzionale con l’Ue.

Nessuna rottura

No invece a una rottura delle relazioni come vorrebbero i democentristi, ha dichiarato a nome dei Verdi il ginevrino Nicolas Walder. Per la maggioranza del plenum, i nostri legami con l’Ue sono troppo importanti per la nostra economia come anche per la nostra piazza scientifica, mentre con l’attuale situazione rischiamo un’erosione lenta ma inesorabile degli accordi bilaterali, e l’impossibilità di negoziarne di nuovi (vedi elettricità) dopo l’abbandono da parte di Berna della tavola dei negoziati per un accordo istituzionale con Bruxelles.

Una decisione, quella di abbandonare le trattative, che diversi oratori hanno rinfacciato al Consiglio federale, soprattutto per non aver consultato il parlamento. Insomma, per i Verdi siamo di fronte ad un ammasso di macerie, di cui la Svizzera è la principale responsabile. 

Nel suo intervento, il consigliere federale Ignazio Cassis ha dichiarato che si tratta in primo luogo di stabilizzare le relazioni bilaterali con Bruxelles, il primo passo verso un nuovo capitolo delle relazioni tra la Confederazione e l’Ue. Dobbiamo rompere questa spirale negativa, dimostrando di essere un partner affidabile e di voler contribuire al benessere e alla sicurezza dell’Europa, ha spiegato il ministro degli affari esteri.

Un risultato già scritto

Nonostante le roboanti dichiarazioni di diversi democentristi, che hanno parlato di ricatto da parte dell’Ue che vorrebbe sottometterci grazie a un accordo quadro dal sapore coloniale, l’esito del dibattito era facilmente immaginabile, specie dopo il chiaro risultato alla Camera dei cantoni, come anche del voto espresso dalla commissione preparatoria del Nazionale, dove solo gli esponenti dell’UDC si sono espressi contro il progetto del Governo.

Nessuna condizione

Il Nazionale, seguendo raccomandazioni della commissione preparatoria, ha quindi respinto una proposta di non entrata nel merito di Roger Köppel e, in seguito, ha affossato la richiesta di Yves Nidegger di rinviare il dossier al Consiglio federale affinché il governo consacrasse questa somma al risanamento dell’AVS. “No” nemmeno alla proposta di Franz Grüter di sottoporre il decreto federale a referendum facoltativo, giacché la Svizzera non conosce il referendum finanziario a livello federale.

Il plenum ha anche respinto nettamente l’idea, sempre dell’UDC, di condizionare qualsiasi impegno da parte elvetica all’associazione della Svizzera a pieno titolo al programma di ricerca Orizzonte 2020, oppure al riconoscimento da parte dell’Ue dell’equivalenza della Borsa svizzera. 

Un iter travagliato

Le Camere federali avevano accolto nel dicembre 2019 il secondo contributo svizzero al fondo di coesione europeo, pari a 1,3 miliardi di franchi su dieci anni, a condizione che l’Ue non adottasse misure discriminatorie contro la Confederazione, come nel caso della mancata equivalenza della Borsa svizzera. L’Ue aveva adottato questo provvedimento per accelerare la finalizzazione dell’accordo istituzionale tra Berna e Bruxelles.

Ma dopo che la Confederazione ha rinunciato alla firma, il Consiglio federale vuole togliere questa condizione e sbloccare il contributo. Berna intende così mostrare a Bruxelles che, nonostante la fine dei negoziati sull’accordo quadro, la Svizzera è un partner affidabile che intende contribuire in modo costruttivo al buon funzionamento di questo partenariato. Per il Consiglio federale, lo sblocco del miliardo di coesione deve anche consentire di fare passi avanti in altri dossier trattati con l’UE.
 

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