Salario minimo in Ticino, i danni temuti dai contrari non ci sono stati
Il reddito di base non influisce negativamente sul mercato del lavoro ticinese. Lo rivela uno studio commissionato dal Governo cantonale che ora propone di innalzare ulteriormente la forchetta del salario minimo dai 19,75/20,25 attuali a un minimo compreso tra i 20 e il 20,5 franchi l’ora.
Il salario minimo, così come è stato teorizzato nel Canton Ticino, non porta effetti negativi per l’economia, il mercato del lavoro e i salari. È questa, grossomodo, la conclusione cui è arrivato uno studio dell’Istituto di ricerche economiche (IRE) dell’Università della Svizzera italiana, incaricato dal Governo cantonale di analizzare le implicazioni di questa misura.
I risultati cui è giunto l’IRECollegamento esterno danno ora il via libera alla sottomissione di questo dossier al voto del Parlamento cantonale per l’introduzione definitiva di un salario minimo compreso tra i 20 e i 20,5 franchi l’ora (il reddito di base applicato attualmente è tra i 19,75 e i 20,25 franchi all’ora).
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Il Consiglio di Stato constata infatti che non vi sono “effetti particolari tali da impedire l’entrata in vigore della forchetta definitiva” e ha licenziato il messaggioCollegamento esterno che passerà quindi ora dai banchi del Legislativo (un passaggio che deve avvenire in tempo affinché, in caso di approvazione, la misura venga introdotta a partire dal 1° gennaio 2025).
La votazione del 2015
L’introduzione di un salario minimo in Ticino, lo ricordiamo, è stata voluta dalla maggioranza dell’elettorato in occasione di una votazione popolare del 2015, quando il 54,7% dei e delle votanti ha sostenuto l’iniziativa denominata “Salviamo il lavoro in Ticino!”, che chiedeva proprio l’introduzione di un reddito di base.
Nel 2014, una votazione federaleCollegamento esterno ha decretato il fallimento dell’iniziativa popolare federale che proponeva una paga oraria minima di 22 franchi. Tuttavia, cinque Cantoni hanno attuato sul proprio territorio retribuzioni minime che vanno dai 19 franchi all’ora in Ticino (per ora) ai 24 franchi a Ginevra, cifre che vanno ovviamente commisurate al costo della vita elvetico.
Ad aprire la strada è stato il Cantone di Neuchâtel nell’agosto del 2017, seguito da Giura (febbraio 2018), Ginevra (novembre 2020), Ticino (dicembre 2021) e Basilea Città (luglio 2022). Analoghe iniziative sono in corso in altri Cantoni. Lo scorso ottobre, un comitato vodese ha poi depositato a Losanna 32’000 firme perché si tengano due distinti, ma complementari, referendum popolari: uno per ancorare il principio del salario minimo nella Costituzione cantonale, l’altro perché si lavori ad una legge per implementarlo. Iniziativa analoghe sono in corso anche nei cantoni Vallese e Soletta.
Al contempo, a livello federale, è però anche stata avviata una procedura di consultazioneCollegamento esterno, nata dalla mozioneCollegamento esterno “Proteggere il partenariato sociale da attacchi inaccettabili”. Il testo, in sostanza, vuole conferire ai contratti collettivi di lavoro stipulati in un determinato campo, carattere obbligatorio generale. In altre parole, se in un settore specifico, le parti sociali si accordano per un salario di 18 franchi l’ora, il salario minimo cantonale, anche se più alto di questa cifra, non sarebbe comunque applicato.
La relativa legge cantonale sul salario minimoCollegamento esterno (LSM) prevedeva però una valutazione che ne studiasse gli effetti. Non solo a livello generale sui salari in Ticino, ma anche sul fattori come la sostituzione della manodopera residente da parte di quella frontaliera, sull’occupazione, in particolare giovanile, o sull’economia ticinese.
Ricadute positive della legge
Lo studio condotto dall’IRE constata come l’introduzione del salario minimo ha portato ad aumenti di reddito significativi nei settori maggiormente esposti, ossia quelli in cui il numero di lavoratori e lavoratrici che prima avevano una paga inferiore a quella minima era particolarmente alto.
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“Con riferimento ai lavoratori sotto al salario minimo nel gruppo dei trattati, tale aumento comporta il passaggio da un salario medio di 17,25 franchi all’ora a uno di 23,46”, si legge nel rapporto dell’istituto dell’USI. “L’aumento interessa tutte le classi di salario attorno al salario minimo, non unicamente quelle inferiori, con ricadute positive anche sui salari superiori a quello di legge”.
Aumenti soprattutto per personale straniero
Nella sua analisi, l’IRE ha riscontrato che la legge ha avuto un “impatto positivo e statisticamente significativo sui redditi nei settori del secondario e in particolare per alcune attività della manifattura”, con un aumento medio del 3,4% nel 2022.
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Questo incremento ha riguardato principalmente i lavoratori e le lavoratrici frontalieri. “Nell’insieme – prosegue il rapporto – si può concludere che la legge sul salario minimo ha portato a un aumento dei redditi, principalmente per i lavoratori stranieri”.
Un risultato che “non dovrebbe sorprendere, in quanto questa categoria di lavoratori era sovra-rappresentata nella fascia salariale inferiore al salario minimo”. L’IRE ha però altresì riscontrato che non c’è stata – come temevano i contrari alla legge – una tendenza a sostituire personale indigeno a beneficio di quello frontaliere.
Nella Confederazione gli stipendi sono generalmente alti: il salario medio mensile è di 6’665 franchi. La situazione varia tuttavia molto di cantone in cantone e il livello degli stipendi va sovente di pari passo con il costo della vita (qui un approfondimento sulle spese solitamente affrontate da chi vive nella Confederazione).
Nonostante i salari tendenzialmente alti, nel 2021, circa 745’000 persone (su una popolazione di quasi nove milioni) vivevano con entrate considerate inferiori alla soglia della povertà, che in Svizzera si situa al di sotto di un salario medio mensile di 2’289 franchi per una persona sola, e di 3’989 per due persone adulte con due bimbi o bimbe.
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