Scandalo fondo malese 1MDB, offensiva USA
Mentre emergono dettagli sul ruolo di BSI, si complica la posizione di UBS e Washington chiede assistenza giudiziaria alla Svizzera
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Scandalo fondo malese 1MDB, offensiva giudiziaria USA
Si complica la posizione di UBS nell’ambito dello scandalo del fondo sovrano malese 1MDB, nel quale era dapprima emerso il coinvolgimento dell’istituto bancario ticinese BSI.
Le autorità di sorveglianza di Singapore hanno annunciato duri provvedimenti nei confronti delle filiali locali di tre banche, per importanti lacune nei controlli sulle transazioni. Le irregolarità attribuite a UBS non sono gravi come quelle di BSI, a cui la FINMA -Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari- ha revocato la licenza di operare.
A preoccupare è anche il fatto che ai provvedimenti di Singapore si aggiunge, contro le tre banche in questione, anche l’offensiva giudiziaria lanciata dagli Stati Uniti, che hanno aperto un’indagine proprio sullo scandalo del fondo malese.
Washington ha quindi chiesto assistenza giudiziaria a Berna e la confisca di documenti bancari. Secondo la ministra della Giustizia americana Loretta Lynch, ci troveremmo di fronte a una cospirazione internazionale volta a riciclare centinaia di milioni di dollari su suolo statunitense.
Dal rapporto del Dipartimento di giustizia americano, emerge tutto il coinvolgimento di BSI nella vicenda dei miliardi sottratti al fondo sovrano malese:
di Francesco Lepori
Dietro “Il Lupo di Wall Street” c’è lo zampino delle tigri asiatiche. Il film sulla vita di Jordan Belfort è stato realizzato – ironia della sorte – attingendo a piene mani alle casse della Malaysia.
In tutto questo BSI ha giocato un ruolo di primissimo piano. La casa che ha prodotto la pellicola di Scorsese, di proprietà del figliastro del premier malese, aveva i suoi conti a Singapore, nella famigerata filiale della banca ticinese.
La conferma ufficiale è giunta dal Dipartimento di giustizia statunitense, che nelle scorse ore ha reso noti i risultati della propria inchiesta. Inchiesta da cui emerge, per BSI, un coinvolgimento ben maggiore rispetto a quanto si potesse supporre.
Dall’istituto di credito sarebbe transitata buona parte delle complicate operazioni effettuate per depredare il fondo sovrano malese 1MDB. Si parla di miliardi di dollari. Denaro passato inoltre prima che la banca, nel 2013, avviasse i controlli poi evocati per giustificarsi di fronte alla FINMA e alla procura elvetica.
Non solo: la stessa BSI non avrebbe neppure capito che cosa avesse davvero in casa sua. I soldi vennero sottratti a 1MDB anche utilizzando un altro fondo sovrano: l’Aabar di Abu Dhabi. BSI pensava di custodirne i conti, a Lugano. In realtà – si legge nel rapporto del Dipartimento americano – possedeva invece solo quelli di un’Aabar fasulla, sempre creata per veicolare le malversazioni.
Una cosa, comunque, BSI sapeva. Tra i suoi clienti c’erano dei cosiddetti PEP, persone politicamente esposte. Il citato figliastro di Naijb Razak, ma anche il principale galoppino del premier: Jho Taek Low, amante dell’arte e del bel mondo. Celebri le foto che ritraggono Jho Low accanto a Paris Hilton, in una Hollywood bagnata di champagne. Jho Low viene persino ringraziato nei titoli di coda del “Lupo di Wall Street”. Nessun dubbio, insomma: la star è lui, e con l’aiuto di BSI ha dato vita davvero a un bruttissimo film.
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RG Notte del 22.07.16 – La corrispondenza di Gian Paolo Driussi
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