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Le conseguenze di “un goccio” in gravidanza

Signora vista dal basso (viso sfocato) pesa un bambino con una bilancia per neonati; spuntano le gambe del bebé
Figura centrale della "rete di accompagnamento e sostegno" auspicata dall'esperta sarebbe l'ostetrica. Keystone / Julian Stratenschulte

Il rischio che comporta il consumo di alcol durante una gravidanza è apparentemente sottovalutato in Svizzera: secondo le stime dell'Ufficio federale della sanità pubblica, su 85'000 neonati nel 2017, circa 1'700 presentavano una forma leggera di sindrome alcolica fetale e oltre 400 quella più grave. Di cosa si tratta? Basta un bicchiere perché il bambino la contragga? Qualche risposta qui, con una certezza: le madri non vanno colpevolizzate, ma informate e seguite.

La raccomandazione dei medici è una sola: astenersi dal consumare bevande alcoliche. Benché molti pensino che si possa bere “ogni tanto”, non è mai stata appurata l’esistenza di “una soglia limite oltre la quale ci sono dei rischi o sotto la quale non ce ne sono”, sottolinea la caposervizio delle Cure intermedie pediatriche e neonatologiche dell’Ente ospedaliero cantonale ticinese (EOC) Monica Ragazzi.

Tra i rischi, vi è che il feto sviluppi la sindrome alcolica fetale. Nella sua forma più rara presenta difformità facciali e ritardi nello sviluppo. Ma anche i casi meno gravi provocano disturbi di varia natura che, spiega la dottoressa, talvolta si manifestano anni dopo, a scuola. E andando a ritroso si scopre che la mamma ha bevuto durante la gestazione.

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In un grafico, quota di donne che beve alcol, più o meno spesso, subito prima e durante la gestazione
Frequenza del consumo eccessivo episodico tra le donne che bevono alcol, 15-44 anni, dati cumulati 2011-2016. Una bevanda alcolica standard (bicchiere standard) corrisponde per esempio a 33 cl di birra o 1,5 dl di vino e contiene circa 10-12 grammi di alcol puro. Ufficio federale della sanità pubblica

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Le madri non vanno però colpevolizzate. Piuttosto, andrebbe creata in Svizzera una rete coordinata di accompagnamento e sostegno, che coinvolga personale medico, psicologi, insegnanti, famiglie.

È quel che auspica la professoressa Dagmar Orthmann, dell’Istituto pedagogia curativa dell’Università di Friburgo. Da un suo studio -il primo in Svizzera sulla sindrome alcolica fetale- emerge che la consapevolezza è bassa anche tra il personale specializzato in formazione.

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Secondo Orthmann, la sensibilizzazione di giovani donne e uomini intenzionati ad avere un figlio dovrebbe avvenire anche attraverso i social media.

 

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