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Truffa disoccupazione in canton Vaud, 14 arresti

Dodici imprenditori e due dipendenti del sindacato Unia sono stati posti in detenzione preventiva per la truffa alla Cassa cantonale di disoccupazione vodese (CCC). Le somme sottratte, ha riferito martedì il Ministero pubblico del canton Vaud, sono stimate a 3 milioni di franchi.

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L’inchiesta, avviata agli inizi del 2016, ha rivelato che indennità sono state indebitamente versate almeno dal 2013. L’importo definitivo sarà conosciuto solo alla fine delle indagini, precisa la procura in un comunicato.

Gli inquirenti hanno effettuato numerosi fermi e perquisizioni nei cantoni Vaud, Friburgo e Berna tra il 25 e il 27 aprile scorsi. Il Tribunale dei provvedimenti coercitivi ha ora ordinato la carcerazione preventiva di dodici imprenditori e due dipendenti amministrativi del sindacato Unia.

Allo stadio attuale, solo il Cantone di Vaud sembra essere stato danneggiato dalla truffa. Non sono state rilevate complicità, sottolineano gli inquirenti, in seno alla Cassa cantonale di disoccupazione, che aveva presentato denuncia nell’estate 2016.

Il volume di documenti cartacei e informatici sequestrati durante le perquisizioni richiederà tuttavia analisi che si protrarranno per diverse settimane.

Stando a quanto riferito la scorsa settimana dalla Procura vodese, numerosi lavoratori sarebbero stati dichiarati abusivamente alla CCC, allo scopo di percepire indebitamente le indennità di insolvenza consecutive al fallimento delle imprese presso le quali erano ipoteticamente impiegati.

Coinvolte sono una ventina di imprese edili; alcuni imprenditori hanno diretto più aziende. I sospettati, in gran parte di origini balcaniche, avevano un modus operandi abbastanza ampio, ha spiegato il procuratore Bertrand Bühler.

Nel caso di un fallimento, il datore di lavoro dichiara direttamente i dipendenti alla cassa disoccupazione o passa da un sindacato. La cassa riceve il dossier e versa le indennità direttamente o attraverso il sindacato. In questo caso, i dossier contenevano i nominativi di dipendenti sia veri sia falsi, intesi come persone reali che in realtà non lavoravano per l’impresa fallita ma disposte a figurare come dipendenti. Le indennità indebitamente ottenute erano poi spartite fra i partecipanti alla frode.

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