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Suicidio assistito, si va in tribunale

Per la prima volta l'associazione Exit deve difendersi davanti a una corte. È capitato a Ginevra dove i giudici hanno impedito a un 83enne di morire

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La giustizia ginevrina ha bloccato il suicidio assistito di un 83enne, che si era rivolto a Exit. Il motivo è la denuncia presentata dai due fratelli dell’uomo contro l’associazione, per la prima volta chiamata a difendersi in tribunale. Secondo i familiari, il loro caro non è in fin di vita e non soffre di nessuna delle gravi e dolorose malattie che permettono di richiedere il suicidio assistito.

L’anziano avrebbe dovuto ingerire la pozione letale lo scorso 18 ottobre, ma il tribunale ha fermato tutto. E ieri il giudice ha ascoltato le parti. Prima i tre fratelli, che si frequentato spesso e che si sono abbracciati affettuosamente davanti all’aula. E poi gli avvocati.

I due fratelli minori dell’83enne contestano l’agire di Exit. L’associazione, dicono, presta ormai assistenza alle persone colpite da patologie invalidanti legate all’età, ma non in fin di vita, violando così le norme dell’Accademia svizzera delle scienze mediche.

L’83enne dice però che l’artrosi, i problemi di vista e la recente perdita della moglie gli rendono la vita insopportabile. E l’avvocato di Exit ha difeso il suo diritto a morire con dignità. Affermando inoltre che le regole dell’Accademia delle scienze mediche non sono vincolanti.

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