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Licio Gelli e le tracce svizzere dell’attentato di Bologna

Licio Gelli
Licio Gelli a Parma nel 1988. Fascista convinto, truffatore, grande corruttore e presunta mente dell'attentato di Bologna, non ha mai trascorso un giorno in carcere in Italia. Keystone / Stf

Il 2 agosto 1980 l'Italia fu testimone del più micidiale attentato terroristico degli "anni di piombo". Alle 10:25 di una mattina d'estate, un'esplosione in un'affollata sala d'aspetto della stazione di Bologna uccise 85 persone e ne ferì oltre 200.

Nonostante l’arresto degli esecutori di estrema destra che avevano materialmente collocato la bomba, non tutti i responsabili dell’attacco terroristico sono stati identificati. A 43 anni di distanza, rimane una domanda: chi ha finanziato l’attacco?

Il podcast Milioni pericolosi, realizzato da Marie Maurisse e François Pilet, mostra come gli autori dell’attacco terroristico più letale della storia d’Italia non solo possedevano conti bancari in Svizzera, ma furono anche pagati con un bonifico di cinque milioni di dollari partito dall’UBS di Ginevra.

Il podcast, coprodotto da SWI swissinfo.ch (di cui tvsvizzera.it fa parte), Europe 1 Studio e Gotham City, è disponibile solo in francese:

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Marie Maurisse e François Pilet sono andati in Italia per indagare sulla complessa e ancora delicata vicenda dell’attentato di Bologna e per parlare con le famiglie delle vittime e con i loro avvocati.

Licio Gelli, il burattinaio

Dietro il dramma si nasconde una delle figure più inquietanti dell’Italia del dopoguerra. Il “burattinaio” Licio Gelli era alla testa di un’organizzazione segreta di estrema destra, una loggia massonica dissidente nota come P2, acronimo di “Propaganda Due”.

Il nome di Licio Gelli compare in tutti gli scandali italiani degli anni Ottanta e Novanta, dal crollo del Banco Ambrosiano, il cui presidente Roberto Calvi, membro della P2, fu trovato impiccato a Londra nel 1982, ai grandi scandali sulla corruzione e sul finanziamento illecito ai partiti politici. Fino alla strage di Bologna.

L’ultima intervista di Licio Gelli prima di morire concessa a tvsvizzera.it:

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“La strage di Bologna? Un incidente”

Questo contenuto è stato pubblicato al Licio Gelli continua a sorprendere. A 96 anni suonati l’ex venerabile maestro già potentissimo capo della loggia massonica segreta P2 può permettersi di affermare qualsiasi cosa impunemente, forse perché depositario, come ammette durante la nostra intervista, dei segreti più inconfessabili della storia d’Italia dal Dopoguerra ad oggi. “In quegli anni l’esplosivo si trovava ovunque… Arrivava…

Di più “La strage di Bologna? Un incidente”

L’avvocato italiano Andrea Speranzoni, che da quasi vent’anni rappresenta le vittime dell’attentato, spiega come nel 2018 alcuni documenti che erano andati perduti negli archivi della giustizia italiana abbiano permesso di dimostrare il coinvolgimento del “maestro”.

È stato grazie alla digitalizzazione degli archivi giudiziari – e soprattutto all’abnegazione dei familiari delle vittime – che un semplice foglio di carta piegato in quattro, trovato in tasca a Licio Gelli quando venne arrestato in Svizzera nel 1982, ha svelato l’esistenza di cinque milioni di dollari versati agli esecutori.

Il documento dimostra che il denaro trasferito pochi giorni prima dell’attentato agli esecutori neofascisti dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) proveniva da un conto cifrato presso l’UBS di Ginevra, dove Licio Gelli aveva nascosto 300 milioni di dollari sottratti al Banco Ambrosiano.

“Morirò fascista”

Rientrato in Italia dopo la rocambolesca evasione dal carcere di Champ-Dollon nel 1983, Licio Gelli si è goduto una tranquilla pensione nella sua magnifica residenza di Arezzo, senza passare neanche un giorno dietro le sbarre in Italia. Pochi anni prima della sua morte, nel 2015, ha pubblicamente ripetuto il mantra che lo ha accompagnato per tutta la vita: “Sono nato fascista, ho combattuto per il fascismo, morirò fascista”.

François Pilet et Marie Maurisse
L’inchiesta di François Pilet e Marie Maurisse getta nuova luce sul terribile attentato di Bologna. Carlo Pisani

L’avvocato ginevrino Marc Bonnant racconta come, anche grazie al suo talento, Gelli sia riuscito a sfruttare la giustizia svizzera per sottrarsi alle accuse più gravi che gli erano state mosse in Italia, in particolare quella di avere giocato un ruolo nell’attentato di Bologna.

Dopo il suo arresto in Svizzera, il Tribunale federale elvetico ha considerato infatti quelle accuse “procedimenti politici”, impedendo ai tribunali italiani di processarlo per questi fatti dopo la sua estradizione.

Un processo farsa

Marc Bonnant ricorda il giorno in cui Licio Gelli, all’epoca latitante e ricercato da tutte le forze di polizia, gli chiese di incontrarlo in un ristorante del centro di Roma. Da lì, l’avvocato ginevrino lo portò in auto a Ginevra dove, dopo un processo farsa, il maestro poté usufruire della “carta bianca” offertagli dal Tribunale federale.

Tornato in Italia, Licio Gelli è stato condannato per il suo ruolo nel crollo del Banco Ambrosiano, ha tuttavia evitato il carcere grazie all’età avanzata. Il suo coinvolgimento diretto nella strage del 1980 non è mai stato provato. Per questo il “documento di Bologna” che prova il legame finanziario è stato trovato troppo tardi.

Nel 2017, la Procura di Bologna ha aperto un’indagine sugli aspetti finanziari dell’attentato. L’indagine ha individuato quattro nomi, tra cui quello di Gelli. Ma essendo tutte e quattro le persone decedute non ci può essere nessun processo, nessuna condanna e nessuna assoluzione.

In ogni caso, l’avvocato Andrea Speranzoni è fiducioso che altri processi ancora in corso contro taluni personaggi secondari faranno finalmente luce sui retroscena della tragedia del 2 agosto 1980.

Coprodotto da swissinfo.ch, Europe 1 Studio e Gotham City, Milioni pericolosi ripercorre sei grandi casi di riciclaggio di denaro che hanno segnato negli ultimi decenni la Svizzera e la sua piazza finanziaria.

Milioni pericolosi porta gli ascoltatori nei torbidi mondi della mafia newyorkese degli anni Venti e Trenta, dei cartelli della droga dell’America Latina e degli oligarchi russi.

Casi che illustrano come la criminalità organizzata abbia creato e sviluppato sofisticati sistemi di flussi finanziari e dimostrano come milioni di dollari in diverse valute siano finiti in conti e cassette di sicurezza di banche svizzere.

Traduzione dal francese di Serena Tinari 

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