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Rimpatrio dei figli di jihadisti, Berna valuta caso per caso

Il capo del DFAE Ignazio Cassis
Il capo del DFAE Ignazio Cassis in un suo intervento alle Camere federali. Keystone

La Svizzera non intende attivarsi per rimpatriare sistematicamente tutti i figli di combattenti jihadisti che hanno operato sul teatro di guerra siriano e iracheno.


Lo ha precisato martedì il ministro degli Esteri Ignazio Cassis al Consiglio degli Stati,Collegamento esterno in risposta a un’interpellanza della senatrice socialista Liliane Maury Pasquier. La politica ginevrina aveva ricordato in proposito la ratifica di Berna della Convenzione internazionale relativa ai diritti del bambino, e il suo protocollo facoltativo concernente il coinvolgimento dei minori nei conflitti armati, che impone alla Confederazione di proteggere in particolare i bambini elvetici che si trovano in zone di conflitto.

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E d’altro lato obbliga anche le autorità competenti, ha evidenziato sempre Liliane Maury Pasquier, a prendere tutte le misure appropriate per facilitare il riadattamento fisico e psicologico e il reinserimento sociale dei bambini vittime di conflitti armati (articolo 39).

In proposito Ignazio Cassis ha spiegato ai senatori che il governo ha deciso lo scorso 8 marzo di non rimpatriare gli ex combattenti jihadisti con passaporto elvetico che si sono recati all’estero, in particolare in Siria e Iraq, con finalità di terrorismo. Riguardo ai minori, ha aggiunto il ministro degli Esteri, “deve essere esaminato caso per caso”, tenuto conto che “l’interesse superiore del bambino” indicato nella citata convenzione “è un criterio fondamentale per il Consiglio federale”. Va però precisato, ha continuato il consigliere federale ticinese, che l’autorità competente in questi casi è in primo luogo il cantone e non la Confederazione.

Da parte sua il Dipartimento federale degli esteri – insieme agli altri dipartimenti coinvolti – “esamina caso per caso, su richiesta delle autorità cantonali per la protezione dell’infanzia, la situazione dei minori svizzeri che vivono in Siria”. E cerca “sinergie operative” con i paesi vicini.

Parole che hanno convinto solo in parte i banchi della sinistra dove si è stigmatizzato il fatto che l’iniziativa per eventuali rimpatri debba partire dai cantoni mentre in realtà la tutela dei concittadini all’estero è una prerogativa federale. 

Inoltre, ha sottolinea sempre Liliane Maury Pasquier, compete alla Confederazione l’obbligo di regolare in modo uniforme e coerente i diritti e le obbligazioni delle persone e delle istituzioni svizzere all’estero (articolo 2 della legge sugli svizzeri all’estero). Una condizione che a suo giudizio non è garantita per questa categoria particolare di minorenni elvetici.     

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