Arte trafugata, arte restituita
Il traffico illecito di beni culturali è il terzo mercato illegale dopo droga e armi. Stati come l’Italia, dal ragguardevole patrimonio culturale, cercano da decenni di arginare questo fenomeno. La Svizzera, un tempo crocevia prediletto per queste opere rubate, collabora intensamente affinché questi beni ritornino in Italia.
La Svizzera ha appena restituito all’Italia ventisette beni culturali di inestimabile valore storico e artistico: un busto di marmo che rappresenta una figura maschile nuda di duemila anni fa e altri 26 reperti di epoca etrusca raccolti in Toscana da un cittadino elvetico nel frattempo deceduto. “Sono stati raccolti tra il 1965 ed il 1968 nell’arcipelago toscano e sono stati restituiti su base volontaria – ci spiega Carine Simoes, responsabile del Servizio specializzato trasferimento internazionale dei beni culturali dell’Ufficio federale della cultura -. Il busto di marmo, che rappresenta una figura maschile nuda parzialmente coperta da una clamide, verosimilmente databile tra il I secolo a.C. e il primo secolo d.C., è stato invece ritrovato nel porto franco di Ginevra”.
I beni culturali rubati rappresentano il terzo più vasto mercato illegale dopo il commercio di droga e armi
Le autorità giudiziarie ginevrine, davanti al busto di marmo dalla provenienza illecita, ordinano la confisca definitiva e la restituzione all’Italia. L’inchiesta è ancora in corso per cui non è possibile conoscere altri dettagli dell’operazione.
Alla restituzione di questi beni all’ambasciata italiana a Berna era presente anche il vicecomandante del Comando dei Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturaleCollegamento esterno (Tpc), il colonnello Danilo Ottaviani, soddisfatto perché le operazioni sono state celeri. Come dire che la collaborazione tra i due Paesi funziona sempre meglio e soprattutto dà importanti risultati.
Si tratta solo dell’ultima restituzione elvetica di beni culturali al legittimo proprietario. A livello internazionale – ci racconta l’avvocato luganese Dario JuckerCollegamento esterno, esperto di diritto dell’arte – “i beni culturali rubati rappresentano il terzo più vasto mercato illegale dopo il commercio di droga e armi. Un problema che, vista la prolungata assenza di una legislazione adeguata, è stato particolarmente acuto in Svizzera per tanti anni”. Carine Simoes aggiunge: “Ogni anno organizziamo fino a tre restituzioni. Nel 2020 ce ne sono state per contro ben quattro, di cui due all’Italia”.
La collaborazione italo-elvetica
Questo non sarebbe possibile se i rapporti italo-elvetici non fossero stretti. Ma non è sempre stato così. Come sottolineato più volte da Andrea RaschèrCollegamento esterno, già alla testa della sezione legale e affari internazionali dell’Ufficio federale della cultura e padre della Legge sul trasferimento internazionale dei beni culturali, in Svizzera il traffico illegale di beni culturali è tema di discussione importante dalla fine del secolo scorso, quando si è cominciato a riflettere sul problema delle proprietà confiscate agli ebrei durante la Seconda guerra mondiale.
La collaborazione tra Svizzera e Italia in materia di protezione e recupero di beni culturali, prima passiva, subisce una svolta nel 1995.
È uno dei luoghi più protetti e più segreti d’Europa. In un’area di 150’000 metri quadrati sono custoditi un’infinità di oggetti di vario tipo per un valore stimato attorno ai cento miliardi di dollari. Quadri di Picasso, di Rembrandt, di Leonardo da Vinci, ma anche pietre preziose, opere antiche, vini pregiatissimi (si parla di milioni di bottiglie) e molto altro ancora. Concepito in origine come luogo per lo stoccaggio delle merci in attesa d’importazione o esportazione, alcuni magazzini del porto franco di Ginevra Collegamento esternosi sono trasformati nel tempo in un’immensa cassaforte dove anche speculatori e truffatori di mezzo mondo hanno depositato i loro beni preziosi, al riparo dal fisco e dalle dogane. Oggi le cose sono un po’ cambiate. La merce in entrata e in uscita dai porti franchi viene controllata. I doganieri dal 2007 possono perquisire i locali dove sono depositati questi beni culturali. Ma il ruolo di questi porti franchi resta ambiguo. Le storie non mancano. Eccone alcune:
I porti franchi, crocevia dell’arte; Quelle antichità così bramate; Immagazzinare opere d’arte;
In quell’anno la magistratura ginevrina sequestra un numero considerevole di reperti archeologici depositati presso il porto franco di Ginevra (circa 4’000 reperti per un valore assicurativo di più di 20 milioni di franchi svizzeri). L’operazione parte dalla richiesta italiana di assistenza alla Svizzera nell’ambito di un procedimento penale per furto, ricettazione, appropriazione illecita di reperti archeologici contro un commerciante d’arte italiano.
Le indagini, frutto della cooperazione tra i Carabinieri e la Polizia ginevrina, così come della successiva attività giudiziaria tra il Tribunale di Roma e quello di Ginevra, portano alla luce un’attività di riciclaggio di reperti illecitamente trafugati dall’Italia.
Secondo quanto accertato dall’indagine, i beni rubati in Italia e illegalmente trasportati in Svizzera, venivano ceduti a Sotheby’s, Christie’s e Bonhams (casa d’aste forse meno nota al grande pubblico ma è uno dei banditori più antichi e più grandi del mondo di arte e oggetti d’antiquariato) per poi essere riacquistati dagli stessi malfattori attraverso società di comodo svizzere, creando così una provenienza “lecita” per i reperti. Una volta ripuliti, i beni culturali venivano rivenduti sia attraverso le case d’asta sia a collezionisti privati e musei compiacenti.
I beni sequestrati a Ginevra sono stati restituiti all’Italia solo 5 anni dopo nel 2000, su decisione del Tribunale federale che ha rigettato l’ultima opposizione del mercante d’arte italiano che nel frattempo si è visto comminare anche 10 anni di carcere e 10 milioni di euro di multa.
Sempre sullo stesso filone di indagini, grazie al materiale sequestrato a Ginevra, nel 2001 si è giunti alla perquisizione di una galleria d’arte di un cittadino italiano a Basilea e di 5 suoi magazzini situati nel porto franco della città renana. L’operazione ha portato al sequestro di circa 6’000 reperti archeologici provenienti da furti, scavi clandestini e depredazioni di siti, oltre che un archivio con più di tredicimila documenti (fatture, lettere indirizzate agli acquirenti, immagini fotografiche di reperti, e altro ancora).
Combattere anche con le leggi
Questi due episodi spingono la Confederazione nel 2003 a ratificare la Convenzione Unesco del 1970Collegamento esterno. Nel giugno 2005 entra in vigore la Legge Collegamento esternosul trasferimento internazionale dei beni culturali (Ltbc), l’attuazione della Convenzione, che disciplina l’importazione di beni culturali in Svizzera, il loro transito, la loro esportazione. La Confederazione intende così fornire un contributo al mantenimento del patrimonio culturale dell’umanità e impedire, o comunque limitare, il furto, il saccheggio e l’importazione ed esportazione illecite dei beni culturali.
La Svizzera ha adottato leggi e convenzioni per combattere il transito illecito di opere rubate
“La restituzione di beni illecitamente sottratti a un Paese – spiega Dario Jucker – funziona meglio se tra due nazione esiste davvero la volontà di collaborare”. Italia e Svizzera hanno imparato a collaborare e fidarsi l’una dell’altra. Ecco allora che nell’ottobre 2006 viene conclusa la convenzione bilateraleCollegamento esterno tra i due paesi che entra in vigore nell’aprile del 2008. Si tratta del primo accordo bilaterale firmato dalla Svizzera. Ne seguiranno poi altri con Grecia, Colomba e Egitto. Alcuni anni dopo anche con Cina, Perù e Messico.
Sottoscrivere convenzioni e adottare nuove leggiCollegamento esterno sono dunque gli strumenti che la Confederazione si è data per evitare che si continuasse a additare la Svizzera come luogo privilegiato del transito delle opere d’arte rubate (a causa della sua lunga riluttanza a inasprire le leggi sul trasferimento di beni culturali).
Criminalità organizzata
L’esperto di diritto dell’arte Dario Jucker parla nell’intervista di potenti organizzazioni criminali dietro al traffico illecito di beni culturali. Il mercato nero è fiorente e si parla di scambi per miliardi di dollari.
La vastissima inchiesta della Procura della Repubblica di Roma a cavallo del secolo, che ha portato ai sequestri di Ginevra e Basilea con l’aiuto di inquirenti elvetici, ha fatto venire alla luce un’agguerrita organizzazione criminale dedita, da oltre un trentennio, al traffico internazionale di reperti archeologici, per la gran parte provenienti da scavi clandestini di siti italiani (su tutti Selinunte Collegamento esternoin Sicilia), esportati illegalmente in Svizzera per essere successivamente immessi nel mercato internazionale. Secondo la magistratura, il commerciante d’arte italiano, originario di Castelvetrano che dista a pochi chilometri da Selinunte, era legato a Cosa Nostra e in particolare a Matteo Messina Denaro, suo compaesano.
È proprio per combattere questi casi di criminalità organizzata su vasta scala che la collaborazione italo-elvetica diventa essenziale, come ricorda il colonnello dei carabinieri Danilo Ottaviani. I sequestri di Ginevra e Basilea hanno permesso di rinsaldare la collaborazione tra l’Ufficio federale della cultura e l’Ufficio federale di giustizia con le autorità italiane.
La Svizzera resta un paese di transito di opere lecite e illecite come lo sono molti altri paesi
Crocevia dei traffici illeciti
Oggi da un punto di vista legislativo il più è fatto, anche se, ricorda Dario Jucker, manca una convenzione che prenda in considerazione le opere d’arte più recenti e non solo i beni archeologici. C’è sempre da chiedersi se la Svizzera resti un crocevia del traffico illegale di beni culturali. Una domanda che resta aperta.
Da un lato, come ricorda ancora Carine Simoes, “da informazioni della FedPol (polizia federale) e dell’Unesco, la Svizzera non è più il luogo prediletto per il traffico illecito di beni culturali”. O comunque non lo è più come un tempo.
D’altra parte, e questa volta è il colonnello Danilo Ottaviani che parla, la Svizzera resta un paese di transito di opere lecite e illecite come lo sono molti altri paesi. Il mercato nero dell’arte è globale, nessuno è davvero escluso. Inoltre, per come sono posizionate geograficamente rispetto all’Italia, paese dal patrimonio culturale rilevante, le opere che escono devono per forza passare da Francia, Svizzera, Austria o Slovenia.
La presenza ancora oggi di sette porti franchi non aiuta certo a cancellare la scomoda etichetta di crocevia del traffico illegale di beni culturali che la Svizzera vorrebbe togliersi di dosso, una volta per sempre.
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