Mendicare sarà reato nel canton Vaud
Il Tribunale federale (la Corte suprema svizzera) ha respinto un ricorso contro il divieto generale di chiedere l'elemosina nel cantone Vaud, che potrà dunque entrare in vigore.
Il Tribunale federale ha ritenuto che il divieto di mendicità è conforme alla Convenzione europea dei diritti umani. La misura avrebbe infatti come scopo la protezione di persone costrette a chiedere l’elemosina poiché inserite e sfruttate in una rete di mendicanti. Inoltre, hanno spiegato i giudici, “tende a preservare l’ordine, la tranquillità e la sicurezza”.
Un’iniziativa dell’Udc
Nel 2016 il governo vodese ha accettato di misura, per 60 voti contro 56, un’iniziativa dell’Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice) che domandava di proibire la mendicità in tutto il cantone.
L’entrata in vigore era stata sospesa a causa del ricorso respinto giovedì dai giudici del Tribunale federale.
La legge permette di infliggere una multa da 50 a 100 franchi ai mendicanti. Per le persone che sfruttano una rete di mendicanti o impiegano dei minori in una tale rete le multe salgono a un minimo di 500 a un massimo di 2’000 franchi.
Gli autori del ricorso proponevano una misura alternativa che vietasse la mendicità solo in determinati luoghi o in determinate ore. Come il Tribunale amministrativo vodese, anche la massima istanza giuridica elvetica ha ritenuto che queste limitazione non fossero adeguate e avrebbero solamente spostato il problema.
Anche la proposta della creazione di una speciale autorizzazione per avere il diritto a chiedere l’elemosina non ha convinto il tribunale. Quest’ultimo infine, ritiene che la misura non sia una forma indiretta di discriminazione della comunità rom, poiché comprende tutti i mendicanti e non una comunità in particolare.
“Deluso e triste”
“Viviamo in un paese dove si proibisce di sedersi e tendere la mano”, si è rammaricato uno degli autori del ricorso, l’avvocato Xavier Rubli, che si è detto “deluso e triste”, anche perché secondo lui il Tribunale non avrebbe neanche preso in considerazione l’esperienza di Ginevra (dove un divieto di mendicità è già in vigore) che “è stata un fiasco”, ha detto Rubli.
Quest’ultimo però non intende demordere e ha promesso continuerà la sua battaglia, anche se non si sa ancora in quale forma. I suoi clienti, dodici persone, devono ora decidere se rivolgersi alla Corte europea dei diritti umani, dove sono tuttavia già in corso di trattamento dei casi simili. Questo però non avrebbe nessun effetto sospensivo.
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