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Un buco di quasi mille metri per esplorare le profondità della Terra

campione di roccia su un tavolo
Un campione di roccia estratto a oltre 900 metri di profondità. tvsvizzera.it

Un progetto di perforazione in Piemonte vuole svelare i segreti della crosta e del mantello terrestre. I lavori coordinati dall'Università di Losanna potrebbero, ad esempio, consentire di prevedere alcuni terremoti e di trovare nelle profondità della Terra delle soluzioni per la transizione energetica.

Per sei mesi, una sessantina di scienziati e di ricercatori di diverse discipline – dalla geologia alla geofisica, dalla geodinamica alla geochimica, dalla petrologia alla microbiologia e alla fisica delle rocce – provenienti da università ed enti di ricerca di tutto il mondo hanno lavorato fianco a fianco in quello che, almeno all’apparenza, sembrava un prato come tanti altri. Un fazzoletto erboso, grande grossomodo un migliaio di metri quadrati, che dallo scorso ottobre si è trasformato in un sito di ricerca scientifica.

A dire il vero, l’area di cui parliamo – la zona tra Ornavasso e Megolo di Mezzo nella piemontese val d’Ossola, distante non più di venti chilometri dalla Svizzera in linea d’aria  – non è affatto sconosciuta alla comunità scientifica internazionale: fa parte di un corpo geologico studiato da più di cinquant’anni, denominato Zona Ivrea-Verbano, per le peculiarità che lo rendono pressoché unico nel panorama mondiale.

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Qui, infatti, la collisione tra la placca africana e quella europea (all’origine della formazione delle Alpi) ha fatto sì che le rocce normalmente presenti a circa 30-35 chilometri di profondità (nei pressi della cosiddetta discontinuità di Mohorovičić, cioè la zona interna alla Terra che separa la crosta terrestre dal sottostante mantello terrestre) affiorassero quasi in superficie.

Il prossimo passo? Raggiungere il mantello

Il prato in questione si trova a Megolo di Mezzo, frazione del comune di Pieve Vergonte, ed è stato scelto come sito dove scavare un foro da cui estrarre rocce normalmente troppo lontane dalla superficie per poter essere prelevate. Così, settimana dopo settimana e una corona diamantata (così si chiama lo strumento utilizzato per la perforazione) dopo l’altra, gli scienziati del progetto Dive – Drilling the Ivrea-Verbano zonE – coordinato dall’Università di Losanna e che ambisce a “esplorare la crosta continentale profonda e la sua transizione verso il mantello”, hanno ottenuto un buco largo una quindicina di centimetri e profondo 909,5 metri.

“La perforazione ha raggiunto una profondità assolutamente considerevole” commenta il professore Alberto Zanetti, dirigente di ricerca del Consiglio nazionale delle ricerche presso la sede di Pavia dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse e tra i proponenti principali del progetto. “Ma non ha comunque consentito di raggiungere il mantello superiore. Questo è un dato molto importante, perché i dati geofisici preliminari avevano evidenziato densità corrispondenti a quelle del mantello, che però erano legate all’aumento di un minerale particolare, il granato. Proprio l’incremento della presenza di questo minerale fa capire che la perforazione ha raggiunto le immediate adiacenze del mantello”.

Non aver raggiunto il mantello in questa fase non scoraggia i ricercatori: “Sarà l’obiettivo principale della terza fase del progetto” preannuncia Zanetti.

Il progetto, in effetti, è articolato in tre fasi corrispondenti ad altrettante perforazioni. La prima aveva avuto luogo a partire dal 2022 a Ornavasso, poco distante da Megolo, mentre la terza sarà localizzata in val Sesia: “Abbiamo scelto Ornavasso perché è un sito rappresentativo della parte superiore della crosta inferiore, mentre Megolo è rappresentativo della parte inferiore della crosta profonda” spiega Othmar Müntener, professore di petrologia all’Università di Losanna.

“Ora dobbiamo presentare i risultati di queste due perforazioni, dopodiché metteremo per iscritto un nuovo progetto per chiedere finanziamenti all’International Continental Scientific Drilling Program (Icdp)”, il programma internazionale che promuove e finanzia le geoscienze nel campo della perforazione scientifica continentale. Il lavoro realizzato finora è costato all’incirca sei milioni di dollari.

I risultati e le applicazioni nella vita quotidiana

Tutto il materiale estratto dal sottosuolo sarà portato in un deposito dell’Icdp a Spandau, in Germania. “Ci attende più di un mese di operazioni di caratterizzazione e campionamento in vista di ulteriori analisi che verranno svolte in diversi laboratori in Italia, Svizzera, Austria, Germania e Francia e che potrebbero richiedere tre o quattro anni” aggiunge György Hetényi, professore di geofisica all’Università di Losanna.

Nei laboratori dell’università della città elvetica, in particolare, si procederà ad analisi sulla “composizione chimica delle rocce e sul modo in cui questa cambia al variare della profondità a cui sono state prelevate” e sulle “proprietà termiche delle rocce della crosta inferiore, ad esempio il modo in cui il calore viene trasmesso, le temperature delle rocce in profondità e quanto calore possono immagazzinare”.

Le analisi che verranno condotte nei diversi laboratori, oltre a consentire di ampliare la conoscenza scientifica di base, potranno rivelarsi utili anche nella vita di ciascuno di noi. “Abbiamo perforato la transizione crosta-mantello, le sequenze in assoluto più profonde della crosta continentale – ribadisce Zanetti –. Rocce che, tanto per fare un paragone, a Milano si trovano tra i 25 e i 35 chilometri di profondità. Tutti i dati qui acquisiti sono di un’importanza incredibile, che serviranno a perfezionare i modelli geofisici di tutto il resto del mondo, dove queste rocce sono inaccessibili”.

Tra le applicazioni possibili, quella che riguarda i modelli predittivi di alcuni terremoti, che potranno essere perfezionati grazie allo studio delle rocce della crosta profonda. “Ma non dimentichiamoci – conclude Zanetti – dei due pozzi di perforazione realizzati, a Ornavasso e a Megolo: si tratta di formidabili sonde di investigazione permanenti per studi geologici e biologici dell’interno della Terra anche negli anni a venire”.

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