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Per contrastare Apple & Co, gli orologiai svizzeri devono unirsi

Baselworld è snobbata da un crescente numero di orologiai, che ritengono superato il concetto della fiera. © Keystone / Georgios Kefalas

Con le difficoltà incontrate da Baselworld, l'orologeria svizzera ha bisogno di una nuova vetrina per esporre il suo 'know-how'. Ma invece di unire le forze, gli operatori del settore moltiplicano le iniziative ognuno per conto suo. Un esperto chiede l'intervento della Confederazione.

Fino a non molto tempo fa, per gli orologiai svizzeri le cose erano relativamente semplici. Ogni anno, all’inizio della primavera, si riunivano sulle rive del Reno per la grande fiera del settore, Baselworld. Un appuntamento cruciale per le marche, che qui negoziavano gran parte delle commesse annuali. Baselworld era anche un’occasione unica per l’industria, unita sotto il marchio “Swiss made”, di presentare la sua ricchezza e la sua creatività.

Questo modello è però ormai superato. Negli ultimi due anni, Baselworld ha perso oltre la metà dei suoi espositori e visitatori. Swatch Group, il più grande gruppo orologiero del mondo, ha detto addio alla manifestazione basilese nell’estate 2018 e non sembra intenzionato a ritornare sui suoi passi.

Più di recente, è stato il gruppo francese LVMH a minacciare a sua volta di sbattere la porta, dal 2021, della grande fiera renana. Le quattro marche del gruppo – Tag Heuer, Hublot, Zenith e Bulgari – hanno preferito organizzare un loro evento a metà gennaio a Dubai, asserendo che i costi sono inferiori e il calendario per presentare le nuove collezioni è più favorevole.

Superare le questioni d’ego

Seguendo l’esempio di altre marche, Audemars Piguet ha da parte sua annunciato che non parteciperà più al Salone dell’orologeria di Ginevra, l’equivalente di Baselworld dedicato all’ultra-lusso orologiero. La società della Vallée de Joux, che l’anno scorso ha registrato un fatturato di oltre 1,2 miliardi di franchi, un record, preferisce puntare su eventi regionali per avvicinarsi maggiormente ai consumatori a Hong Kong o a New York.

“Le marche vogliono ormai rivolgersi direttamente ai loro clienti finali e non più a degli intermediari; è una tendenza irreversibile e i saloni orologieri se ne sono resi conto troppo tardi”, sottolinea Olivier Müller, esperto orologiero presso LuxeConsult. Eppure, malgrado tutti i difetti (tariffe esorbitanti, stand inaccessibili al comune mortale, lusso sempre più ostentato), Baselworld era una delle rare piattaforme che riusciva a federare gli operatori di un’industria nella quale rivalità e questioni di ego sono spesso all’ordine del giorno.

Consulente ed ex quadro della marca Omega, Olivier Müller ha anche un blog dedicato all’orologeria sul sito del quotidiano Le Temps. Copyright 2014 Deborah Loth (deborah@oddjob.co.uk)

“Abbiamo urgentemente bisogno di un’organizzazione che subentri per valorizzare l’orologeria nel suo insieme. Sarebbe nell’interesse degli orologiai svizzeri collaborare invece che agire in ordine disperso”, sottolinea Olivier Müller. Per valutare la viabilità di un tale progetto, sono stati allacciati contatti con la Federazione dell’industria orologiera svizzera (FH) e con altri operatori del settore. Se nessun operatore privato dovesse manifestare interesse per compiere un simile passo, Olivier Müller è disposto a passare la mano alla Confederazione.

Appello a Presenza Svizzera

“Questa nuova entità fungerebbe da facilitatore. Potrebbe, ad esempio, organizzare eventi nelle ambasciate svizzere o creare una sorta di padiglione itinerante dell’orologeria in diverse parti del mondo. Naturalmente, però, non dovrebbe sostituirsi alle marche per la loro comunicazione”, spiega Olivier Müller.

E chi se non meglio di Presenza Svizzera, l’ente incaricato di promuovere l’immagine del paese all’estero, potrebbe svolgere questa missione?

Certo, negli ultimi anni il suo direttore Nicolas Bideau si è focalizzato soprattutto sull’immagine di una Svizzera hi-tech e ‘cool’, “ma al di là dei droni, dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie mediche, non bisogna perdere di vista – ricorda l’esperto – che l’orologeria rappresenta la terza industria d’esportazione svizzera e dà lavoro a quasi 60’000 persone nel paese”.

Collaborazione da definire

Nicolas Bideau si dice piuttosto favorevole all’idea di Olivier Müller: “Siamo sempre aperti alle collaborazioni. Finora non siamo stati contattati dalle associazioni del settore in merito a questo argomento. Tuttavia, se si presentasse l’occasione, saremmo lieti di discutere e di riflettere sul modo in cui la nostra missione di promozione della Svizzera potrebbe essere applicata a questo tema, nel quadro definito dalla legge. Bisognerà anche esaminare quali altri attori dovrebbero essere implicati, in particolare nell’ambito del sostegno alle esportazioni”.

“. I dati più importanti per l’orologeria sono quelli delle vendite, non quelli della frequentazione delle fiere”. Nicolas Bideau, direttore di Presenza Svizzera

La riflessione in vista di un’eventuale collaborazione andrà inoltre fatta “tenendo conto delle specificità del settore, dei nostri rispettivi compiti e di un trattamento equo di altri rami economici”, sottolinea il direttore di Presenza Svizzera. “In ogni caso, l’orologeria è una delle forze trainanti dell’immagine della Svizzera, anche se la concorrenza, in particolare gli orologi connessi, ha chiaramente cambiato la situazione in alcuni segmenti”, prosegue.

Agli occhi di Nicolas Bideau, non bisogna tuttavia esagerare le difficoltà con cui sono confrontate le fiere dell’orologeria e le conseguenze che ne risultano per la promozione degli orologi ‘Swiss made’ nel mondo. “Questi ultimi anni, i modelli di vendita si sono moltiplicati. I grandi eventi sono confrontati con delle sfide, ma ciò non pregiudica il loro futuro. I dati più importanti per l’orologeria sono quelli delle vendite, non quelli della frequentazione delle fiere – conclude con un tocco positivo. E a priori, i risultati del settore sono più che onorevoli”.

L’orologeria svizzera non deve diventare una riserva indiana

Di fronte al miliardo di orologi venduti ogni anno nel mondo, tra cui circa 68 milioni di orologi connessi, l’orologeria svizzera non pesa molto in termini di unità, poiché esporta circa 20 milioni di pezzi all’anno.

I volumi, inoltre, sono in costante diminuzione, poiché la crescita del settore è dovuta soprattutto all’interesse esponenziale dei consumatori per gli orologi di alta gamma, il cui prezzo è superiore a 3’000 franchi.

“Perché qualcuno dovrebbe acquistare un orologio di 300 franchi che indica l’ora? Oggi l’ora è dappertutto […]. L’alta gamma invece probabilmente funzionerà sempre, perché questo settore è sinonimo di eternità”, ha dichiarato recentemente alla Radiotelevisione svizzera Jean-Claude Biver, ex presidente della divisione orologi del gruppo LVMH.

Un’affermazione che Olivier Müller non condivide: “Un orologio di fascia bassa dura anche due generazioni. L’orologeria deve battersi in tutti i segmenti di prezzo, altrimenti rischia di trasformarsi in una riserva d’indiani”. A suo avviso, l’industria orologiera svizzera ha perso “un’immensa opportunità, snobbando gli orologi connessi”. Non tutto però è perduto: “C’è un mercato da conquistare tra le giovani generazioni e nei paesi emergenti. Un Tissot da 800 franchi è già un prodotto di lusso per moltissime persone nel mondo”.

Potete contattare l’autore di questo articolo su Twitter: @samueljabergCollegamento esterno

Traduzione dal francese: Daniele Mariani

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