Vendite d’armi: il Governo svizzero deve disporre di più margine di manovra
Il Parlamento elvetico ha approvato lunedì una mozione che autorizza il Consiglio federale a derogare ai criteri di autorizzazione per le vendite di materiale bellico.
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tvsvizzera.it/mar/Keystone-ATS
Il Consiglio federale deve avere un certo margine di manovra nell’autorizzare le esportazioni di armi, anche verso Paesi che non rispettano i diritti umani. È quanto prevede una mozioneCollegamento esterno adottata lunedì dal Consiglio nazionale con 117 voti contro 74.
Secondo il testo, che emana dalla Camera dei Cantoni, il Governo può “derogare ai criteri di autorizzazione […] in presenza di eventi straordinari e se lo impone la salvaguardia degli interessi di politica estera o di politica di sicurezza del Paese”.
La situazione geopolitica globale è cambiata notevolmente, ha sostenuto la deputata liberale radicale Jacqueline de Quattro. “Il rischio di escalation è reale”, ha sottolineato. Il Consiglio federale deve quindi disporre di un potere derogatorio e di una “certa flessibilità”.
Thomas Rechsteiner, del Centro, ha aggiunto che non si tratta di dare al Governo un assegno in bianco, ma di stabilire un quadro chiaro. Le basi legali che regolano l’esportazione di materiale bellico e gli impegni assunti dalla Svizzera nell’ambito del diritto pubblico internazionale continueranno ad essere applicate, ha assicurato il ministro dell’economia Guy Parmelin.
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Un partner affidabile
Intervenendo a nome della commissione, l’esponente dell’Unione democratica Jean-Luc Addor ha sottolineato che la modifica legislativa dovrebbe anche consentire di tenere maggiormente conto della necessità di mantenere in Svizzera una capacità industriale adeguata alle esigenze della difesa, aggiungendo che la questione delle riesportazioni di armi è diversa.
La Svizzera deve essere vista come un partner affidabile sulla scena internazionale, ha aggiunto Addor. Parmelin ha citato contratti internazionali per aerei da combattimento e sistemi di difesa aria-terra. “Le misure di ritorsione potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza della Svizzera”.
Alla luce delle crescenti tensioni nel mondo, la Svizzera deve disporre di uno strumento che le consenta di reagire rapidamente alle nuove realtà geopolitiche e di sicurezza”, ha aggiunto il ministro dell’economia.
Ciò vale in particolare se i partner della Svizzera, come gli Stati Uniti, la Francia, la Germania o l’Italia, dovessero essere coinvolti in un conflitto armato internazionale. Le attuali disposizioni di legge vieterebbero tutte le esportazioni di materiale bellico.
“Inaccettabile” per la sinistra
Una minoranza (composta da sinistra e Partito verde liberale) si è opposta invano alla mozione, definendo antidemocratico proporre cambiamenti al controprogetto all’iniziativa popolare “Contro l’esportazione di armi in Paesi teatro di guerre civili (Iniziativa correttiva)”, approvato appena due anni fa. All’epoca, durante la stesura del controprogetto il Parlamento aveva abbandonato l’idea di una deroga e l’iniziativa era stata ritirata.
Il passo odierno è stato definito “inaccettabile” dall’ecologista Fabien Fivaz. “È disonesto approfittare delle circostanze e della solidarietà della popolazione con l’Ucraina per chiedere una modifica della legge che non aiuta l’Ucraina, ma aiuta l’industria bellica”, ha dal canto suo affermato la socialista Priska Seiler Graf. L’emendamento alla legge non consentirebbe comunque alla neutrale Svizzera di fornire materiale bellico direttamente all’Ucraina.
“Consegneremo armi a Paesi che violano sistematicamente i diritti umani”, ha criticato la verde liberale Melanie Mettler.
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