Ergastolo per femminicidio in Italia, un primo passo ma ci vuole altro

Questa settimana la stampa elvetica parla della proposta di legge per il reato di femminicidio in Italia, del nuovo film di Sorrentino che esce nelle sale cinematografiche della Svizzera tedesca e francese, di una cittadina del Lazio tutta da scoprire e di un ortaggio alla conquista delle tavole elvetiche.
Il femminicidio dovrebbe entrare nel Codice penale italiano
La notizia della proposta di introdurre nel Codice penale italiano il reato di femminicidio, punibile con l’ergastolo, è rimbalzata anche sui media elvetici. Nel 2024 – ricorda la Radiotelevisione svizzera tedesca SRFCollegamento esterno – in Italia si sono verificati 113 femminicidi, 99 dei quali commessi dal partner, ex partner o parenti.
Secondo il corrispondente di SRF a Roma, se la legge supererà lo scoglio parlamentare, potrà contribuire a migliorare le cose. A patto, però, che siano adottate in parallelo altre misure. “Sarebbero necessari rifugi per le donne minacciate o, meglio ancora sarebbe necessario allontanare tempestivamente gli uomini dalle loro famiglie – afferma. È necessaria anche una giustizia rapida, che metta in atto immediatamente i provvedimenti. Ci vorrebbero personale, infrastrutture e uno Stato efficiente. Purtroppo, questo è esattamente ciò che manca in Italia, non ovunque, ma in molti luoghi”.
Il Bundner Tagblatt ricorda dal canto suo che sono state rese più severe anche le pene per altri delitti, come la violenza sessuale, le minacce, i messaggi di odio, lo stalking o la pubblicazione di immagini di nudo per vendetta, se i fatti avvengono in un contesto familiare. “La legge – prosegue il giornale – stabilisce inoltre che in futuro le vittime di violenza di genere non saranno più ascoltate solo dalla polizia, ma anche da un pubblico ministero. E per i futuri giudici e pubblici ministeri dovrebbero essere introdotti corsi per formarli nella gestione di tali reati”.
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Parthenope, l’ultimo film di Sorrentino divide
L’ultimo film di Paolo Sorrentino, Parthenope, uscito nelle sale cinematografiche della Svizzera francese e tedesca questa settimana, è agli onori su numerose testate elvetiche. E come spesso accade quando vi è di mezzo il regista napoletano, le opinioni si dividono tra fervidi sostenitori e coloro che ritengono che “il male che lo affligge da una certa Grande bellezza dalle pretese felliniane, diventato palese con il più pomposo Youth, non fa che amplificarsi”, per riprendere le parole della recensione di Le TempsCollegamento esterno.
Alla prima categoria appartiene il giornalista di ArcinfoCollegamento esterno, che tesse le lodi dello “stile pop che sfiora il kitsch” di Sorrentino. “L’affresco mitologico può sconcertare chi si rifiuta di lasciarsi incantare, ma è proprio qui che sta tutta la forza del regista: con il suo senso del dettaglio e della grande musica, Sorrentino riesce a far brillare la bellezza e l’orrore del mondo, che ci invita a giudicare attraverso Parthenope”, scrive.
La LibertéCollegamento esterno parla invece di “una bella passeggiata napoletana, ma senza sostanza”. Sorrentino “vuole chiaramente rendere un vibrante omaggio alla sua città natale” e lo fa con “una messa in scena spettacolare, anche se spesso appesantita da effetti di stile”. E se c’è qualcosa da salvare in questo lungometraggio è lo stile, poiché né Celeste Dalla Porta né Stefania Sandrelli, che indossano i panni della protagonista Parthenope, “non sprigionano granché”. Da parte sua, Le TempsCollegamento esterno non salva neppure lo stile: “Ma chi potrà mai fermare Paolo Sorrentino? Chi potrà impedirgli di continuare a rovinare la memoria del grande cinema italiano del passato, da De Sica e Visconti a Fellini e Bertolucci? Ci troviamo immersi in un grande caos pseudo-poetico, sacrilego e filosofico, che in realtà è più probabilmente compiacente, voyeuristico e alimentato da luoghi comuni. Ogni morale è stata da tempo sommersa da questo estetismo vano, rigorosamente apolitico”.

Gaeta, questa sconosciuta
L’estate si sta pian piano avvicinando e la Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno si sposta un centinaio di chilometri più a nord, dedicando un reportage a una destinazione poco conosciuta dai turisti e dalle turiste svizzere. “Sabbia finissima, luce soffusa e tanta storia: Gaeta è una meta da tenere a mente per le vacanze”, titola il quotidiano zurighese.
La scoperta della località del Lazio parte da una vera e propria istituzione: il bar Bazzanti, dove “c’è tutto: la fine, l’inizio e nel mezzo la grande storia della piccola città fortezza”. Un aspetto, quello legato alla difesa, tutt’ora d’attualità: nel porto è ormeggiata la Mount Whitney, la nave ammiraglia della Sesta flotta degli Stati Uniti, e qui si formano i quadri della Marina militare italiana. Ma sono soprattutto altri aspetti a stregare il reporter della NZZ: “In nessun’altra parte d’Italia la sabbia delle spiagge è più fine e l’aria così dolce; Ulisse di Omero trascorse qui parte del suo tempo”.
Ad affascinare è anche la storia di questa regione in cui “i ricchi romani costruivano le loro residenze di villeggiatura”. Gaeta fu teatro anche di uno degli ultimi fatti d’arme che portò all’Unità d’Italia: l’assedio tra il 5 novembre 1860 e il 13 febbraio 1861 da parte dell’esercito piemontese delle truppe borboniche che qui si erano arroccate. La cittadina è definita “un tesoro, dove l’arte di primissimo livello convive accanto a collezioni stravaganti”, come quelle che si possono visitare al Museo del mare. Non da ultimo Gaeta, poco frequentata dal turismo straniero, che rappresenta circa il 5% degli arrivi, ha saputo preservare la qualità e l’autenticità della sua gastronomia.

Una nuova moda della gastronomia italiana
A scadenze regolari, verdure e più in generale alimenti provenienti dal bacino mediterraneo e dall’Italia in particolare varcano le Alpi e diventano dei veri e propri fenomeni di moda gastronomica. Le zucchine, ad esempio, sono comparse sui menù elvetici solo negli anni Settanta, sulla scia dell’immigrazione italiana. In tempi più recenti, la rucola ha conquistato le tavole svizzere e oggi la si ritrova un po’ dappertutto. E che dire del pesto, utilizzato spesso e volentieri in modi che farebbero rabbrividire i cultori più tradizionalisti della cucina tricolore. Oggi nei supermercati a nord delle Alpi si ritrovano facilmente anche cima di rapa, radicchio e burrata, che fino a pochi anni fa erano reperibili per lo più solo in qualche negozio specializzato.
Nei prossimi tempi vi sono grandi probabilità che lo scettro della verdura più di tendenza vada alla barba di frate. BellevueCollegamento esterno, la rivista consacrata al Lifestyle della Neue Zürcher Zeitung, e il BlickCollegamento esterno dedicano un articolo a questo ortaggio. “Attualmente i supermercati vendono grossi ciuffi verdi, descritti come barba di Frate e conosciuti in Italia anche con il nome di agretti – scrive Bellevue. Mentre questo ortaggio si trova sempre più spesso nelle ricette moderne, molte persone che passano davanti agli scaffali continuano a guardarlo con diffidenza”.
“In quanto pianta selvatica riscoperta, la barba di frate s’inserisce nella tendenza generale del foraging [una pratica che consiste nel raccogliere alimenti che crescono spontaneamente, ndr]: le verdure di mare esotiche e in gran parte sconosciute come la bietola marittima, lo scalogno costiero, il finocchio marino e la senape di mare, che si trovano sulle coste europee, finiscono di nuovo nei piatti – scrive sempre Bellevue. Anche l’alta cucina ha contribuito a questa riscoperta, che da diversi anni si concentra fortemente sugli ingredienti della regione e sulle storie che possono essere raccontate su di essi”. Non tutta la barba di frate venduta in Svizzera proviene dall’Italia. Da qualche anno questo prodotto di nicchia (ma forse non più per molto) è coltivato anche in Ticino e in qualche fattoria a nord delle Alpi.

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