Frontalieri, levata di scudi dei Comuni sui ristorni
Le amministrazioni locali contestano l’emendamento con cui il Governo riduce i beneficiari e modifica i criteri di destinazione delle compensazioni finanziarie che la Svizzera versa a Roma.
Nonostante sia stata risolta nell’estate dell’anno scorso – con la ratifica da parte del Parlamento italiano dell’accordo fiscale italo-svizzero – la questione frontalieri è tornata prepotentemente alla ribalta in queste settimane.
Proprio in questi giorni le Regioni, in particolare la Lombardia, stanno affinando le strategie per concretizzare la contestata “tassa della salute”, il prelievo che teoricamente graverà dal prossimo gennaio sui “vecchi” frontalieri (vale a dire quelli che restano soggetti al vecchio regime fiscale che prevede la loro tassazione unicamente in Svizzera in base all’accordo bilaterale del dicembre 2020) per la loro iscrizione al Sistema sanitario nazionale.
Emendamento alla Legge di Bilancio
Sulla vicenda, che ha fatto sorgere dubbi di legittimità e contestazioni ai due lati della frontiera, sono in corso approfondimenti e verosimilmente sarà oggetto di un’ulteriore trattativa diplomatica tra Roma e Berna nei prossimi mesi. La scorsa settimana è poi spuntato un emendamento alla Legge di bilancio per il prossimo anno contro cui stanno insorgendo molti comuni italiani della fascia di confine, tra cui anche importanti capoluoghi di provincia come Varese.
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Nella manovra finanziaria il Governo ha infatti modificato unilateralmente i criteri per l’assegnazione e la destinazione dei cosiddetti ristorni, vale a dire la quota delle imposte prelevate alle e ai vecchi frontalieri che i Cantoni riversano a Roma. In sostanza, l’emendamento presentato il 13 dicembre, che intende modificare la Legge 83 del 2023 con cui è stato ratificato l’accordo italo-svizzero relativo all’imposizione delle e dei frontalieri, intende alzare al 4% (dall’attuale 3%) la percentuale di manodopera frontaliera residente nel Comune per l’ottenimento della quota loro spettante dei ristorni versati dalla Svizzera.
I Comuni di frontiera insorgono
Una correzione che ha suscitato la reazione dell’Associazione dei comuni di frontiera (ACIF) del Varesotto e del Comasco che ha scritto a Governo e parlamentari della zona denunciando la decisione che priverebbe la città di Varese e molti enti locali minori (tra cui Azzate, Azzio, Barasso, Gazzada Schianno, Laveno Mombello, Lomazzo, Lurago Marinone, Morazzone, Tavernerio, Venegono Inferiore) di rilevanti risorse finanziarie.
Nello scritto l’ACIF sottolinea che la misura proposta vanifica l’allargamento della platea dei comuni beneficiari dei ristorni sancito, dopo un lungo processo durato mezzo secolo, dalla citata legge di ratifica dell’accordo italo-svizzero che aveva abbassato al 3% la soglia del rapporto tra numero di frontalieri e popolazione residente.
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Inoltre, osserva sempre l’ACIF, “contraddice il decreto del Ministro dell’Economia (il varesino Giancarlo Giorgetti, ndr) che solo 4 mesi fa stabiliva per gli anni 2024 e 2025 il rapporto frontalieri-popolazione di un comune al 3% e nessun vincolo per l’utilizzo in parte corrente”.
Priorità al salvataggio delle aziende
Proprio quest’ultimo aspetto costituisce il secondo principale argomento di contestazione all’emendamento da parte dei Comuni di frontiera. In effetti il Governo, per rispondere alle numerose crisi aziendali, che si stanno moltiplicando nella zona (Beko, MV Augusta, solo per citarne alcune), “ha modificato le casistiche di utilizzo della quota dei ristorni di parte corrente (fino al 50% dei dell’importo attribuito ad ogni comune), introducendo quale modalità prioritaria la destinazione per iniziative volte a compensare le ricadute socio-economiche” derivanti dalle chiusure o dalla sospensione dell’attività da parte degli stabilimenti industriali in difficoltà.
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I correttivi predisposti da Roma, sostiene sempre l’ACIF, mettono in difficoltà i comuni “che con impegno e fatica hanno predisposto i bilanci di previsione per il prossimo anno, sicuri di poter far conto su risorse a loro già assegnate con i criteri stabiliti dal decreto del Ministro dell’Economia emanato il 13 agosto di quest’anno” e che invece ora si vedono sottrarre per scopi estranei a quelli previsti.
Cosa dice l’accordo italo-svizzero?
In questo senso una nota menziona esplicitamente l’articolo 9 dell’intesa fiscale italosvizzera che “stabilisce che i ristorni siano versati a beneficio dei comuni italiani di confine e che i criteri di riparto e di utilizzo siano definiti di intesa con i competenti organi regionali”, nonché “il principio sussidiario e di autonomia gestionale dei Comuni”.
Sembra quindi profilarsi un nuovo fronte aperto, per iniziativa del Governo italiano, che riguarda l’applicazione dell’accordo sui frontalieri entrato in vigore l’anno scorso. Con l’unica differenza che su questo ultimo aspetto Berna può limitarsi ad osservare dall’esterno l’evoluzione della vicenda.
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