L’eredità di Giuseppe Mazzini continua a vivere in Svizzera

A Grenchen, nel Canton Soletta, esiste quella che è probabilmente l’unica fondazione al di fuori dall’Italia intitolata a Giuseppe Mazzini. Un’istituzione che da qualche mese ha un nuovo presidente, che vuole riportare l’italianità al centro delle sue attività.
”Prima di dimenticarmi, voglio attenere la mia promessa e soddisfare un mio capriccio. Eccovi la ricetta di quel dolce che vorrei faceste, e provaste, perché a me piace assai. Traduco alla meglio, perché di cose di cucina non m’ intendo, ciò che mi dice una delle ragazze in cattivo francese: pelate e pestate fine fine tre oncie di mandorle, tre oncie di zucchero, fregato prima ad un limone, pestato finissimo…”. Quando il 28 dicembre 1835 Giuseppe Mazzini scriveva alla madre MariaCollegamento esterno la ricetta di una torta che anni più tardi fu battezzata proprio con il suo nome, stava probabilmente osservando lo stesso parco e le Alpi in lontananza dalla stanza in cui ci troviamo.

Siamo in una camera al primo piano del Bachtelenbad di Grenchen, nel Canton Soletta, uno stabilimento termale edificato all’inizio del XIX secolo e che oggi ospita un centro di pedagogia specializzata. In esilio dal 1831 e con una condanna a morte in contumacia sulle spalle per alto tradimento pronunciata nel 1833 da un tribunale militare del Regno di Sardegna, Mazzini giunse a Grenchen nell’aprile 1835. A ospitare il rivoluzionario italiano fu Josef Girard, proprietario del Bachtelenbad e fervente liberale.
“Studiando gli scritti di Mazzini, si è riusciti a dedurre che questa era la stanza in cui Mazzini aveva il suo studio mentre si trovava qui al Bachtelenbad”, ci spiega Charly Diethelm, membro della Fondazione MazziniCollegamento esterno. Le pareti sono tappezzate con documenti che ripercorrono la vita del patriota italiano. La camera è stata trasformata in un piccolo museo proprio dalla Fondazione Mazzini.

Mazzini cittadino di Grenchen
Anche se Mazzini visse in questa piccola cittadina tra Soletta e Bienne per meno di due anni, Grenchen rappresentò una tappa importante nella sua vita. “Questi due anni furono per lui molto intensi dal punto di vista intellettuale. Qui era tranquillo e poté scrivere moltissimo”, sottolinea Charly Diethlem.
Il rivoluzionario era benvoluto dalla popolazione di quello che all’epoca era un borgo di poco più di un migliaio di abitanti. Nel giugno 1836, per cercare di evitare che Mazzini venisse espulso dal territorio della Confederazione, i cittadini di Grenchen gli conferirono la cittadinanza, con 122 voti contro 22.
Una mossa astuta, ma che rappresentò solo una breve tregua per il rivoluzionario italiano. La decisione fu revocata dal Governo cantonale, sottoposto a forti pressioni internazionali e da parte della Dieta federaleCollegamento esterno, e il 2 gennaio 1837 Mazzini dovette partire per un nuovo esilio. “Siam partiti il 2 la mattina: accompagnati fino a un certo tratto di paese da tre carri, con bandiera, e i membri del Consiglio Comunale di Granges, che la sera innanzi avean cenato con noi, e dateci mille testimonianze di benevolenza e di desideri”, si legge nella letteraCollegamento esterno che Mazzini scrisse alla madre qualche giorno dopo, prima di arrivare a Londra, dove visse quasi ininterrottamente fino al 1868.
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Promuovere la cultura italiana in Svizzera
Un legame, quello che lega Grenchen al nome del repubblicano italiano, che la Fondazione Mazzini cerca di perpetuare. Creata nel 1991 da Anton Meinrad Meier, l’istituzione ha infatti per scopo di “onorare la memoria” del repubblicano genovese e di “promuovere le relazioni culturali con l’Italia”.
Da qualche mese alla testa della fondazione vi è un nuovo presidente. Cresciuto a Grenchen da genitori italiani, napoletani per la precisione, Franco Supino vuole dare un nuovo impulso a questa istituzione cittadina.
Oltre a gestire la Camera Mazzini, negli ultimi anni la fondazione ha proposto quasi esclusivamente concerti di musica classica.
Questa domenica di fine marzo, la magnifica sala del Bachtelenbad ospita invece un altro tipo di spettacolo: l’attore friulano residente in Ticino Ferruccio Cainero ripercorre in un monologo 2’400 anni di storia discorrendo con Socrate, Gesù, Cristoforo Colombo, Galileo Galilei fino a Putin.

“Vogliamo tornare a promuovere la cultura italiana in Svizzera, un obiettivo che forse si era un po’ perso nel corso degli anni”, sottolinea Supino.
Scorrendo il programma di quest’anno, emerge chiaramente il nuovo corso che il neopresidente e gli altri membri della Fondazione Mazzini intendono dare all’istituzione. Ad esempio, in giugno è prevista la proiezione del lungometraggio Noi credevamoCollegamento esterno, di Mario Martone. In settembre a salire sul palco sarà lo stesso Supino, per presentare Campo Napoli, dei racconti sulla sua città d’origine messi in musica. Docente alla Scuola superiore di pedagogia della Svizzera del Nord-Ovest, Supino è infatti anche scrittoreCollegamento esterno: ha al suo attivo diversi romanzi – pubblicati in tedesco – che hanno spesso quale sfondo il capoluogo della Campania. L’anno si chiuderà con un altro film, Noi siamo italiani di Alexander J. Seiler, un documentario-denuncia del 1964 che per la prima volta mostrò le dure condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori italiani in Svizzera.
>>> Nel 2014 Alexander J. Seiler, deceduto nel 2018, ha ricevuto il Premio d’onore del cinema svizzero. Incontro con il regista che ha portato per la prima volta la figura dello straniero sugli schermi elvetici.
“Per tutti noi che siamo figli di italiani cresciuti qui in Svizzera è anche importante interrogarci sul concetto di italianità. Ad esempio, cosa significa oggi essere italiani e italiane in Svizzera?”, s’interroga Supino.
L’obiettivo della fondazione è anche di far vivere culturalmente Grenchen, spesso stretta tra i due vicini più grandi, Soletta e Bienne, e di ricordare, attraverso la figura di Mazzini, lo spirito d’apertura di questa città industriale. Grenchen non accolse infatti solo il rivoluzionario italiano ma molte personalità di fede liberale di tutto il continente, come il tedesco Karl Mathy. Nell’Europa dominata dalla Restaurazione, i Cantoni svizzeri che avevano già intrapreso una rivoluzione liberale, come per l’appunto Soletta, erano oasi di pace, anche se a volte solo temporanee, come dimostra l’esempio di Mazzini.

Franco Supino vorrebbe dare nuovo lustro alla Camera Mazzini. Il piccolo museo al primo piano del Bachtelenbad non ha ormai più i crismi di un museo moderno. “Bisognerebbe pensare di aprirlo di più al pubblico e di ampliarlo”, sottolinea. Per realizzare questo sogno, bisognerà però trovare i finanziamenti necessari, visto che la fondazione non naviga di certo nell’oro.
Un altro obiettivo è di riallacciare i rapporti con l’Italia e con quelle istituzioni che si occupano di Mazzini e delle sue idee e, perché no, di istituire un premio intitolato al rivoluzionario italiano.
“Penso in particolare alle idee di democrazia, del popolo sovrano, di un’Europa unita, di libertà per l’individuo e di tolleranza – sottolinea Supino. Tutte cose che di questi tempi mi sembrano un po’ vacillare. Non so però quale sia oggi il peso di Mazzini e dei valori che incarnava per l’Italia”.

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